“Contro la Firenzina serve l'industria”, dice Bigazzi, neo-presidente di Confindustria Firenze

David Allegranti

“Chi pensa che possiamo ripartire come se fossimo ancora a febbraio è un matto. Serve puntare sul settore manifatturiero, turistica e dei servizi”

Roma. “In settanta giorni s’è fermato tutto il mondo, Firenze compresa. Chi pensa che possiamo ripartire come se fossimo ancora a febbraio è un matto”, dice al Foglio il neo-presidente di Confindustria Firenze Maurizio Bigazzi, imprenditore del settore alimentare, eletto con 60 voti su 61. La città è duramente colpita dalle conseguenze socio-economiche dell’emergenza sanitaria, “che ci ha fatto capire il valore dei medici, degli infermieri, delle forze dell’ordine e anche di chi lavora nei supermercati. Però ci siamo dimenticati di ringraziare, e qui rivendico l’orgoglio della rappresentanza, quelle filiere rimaste attive, dall’alimentare alla farmaceutica, nonché le reti dei servizi che ci hanno fatto lavorare da remoto”.

 

A Firenze non risentono della crisi solo gli alberghi (meno 97 per cento) e in generale il turismo, come raccontato dal Foglio sul numero dello scorso fine settimana, ma anche la manifattura, che ad aprile ha avuto una contrazione del fatturato del 63 per cento. Come si riparte? “Con una Firenze manifatturiera, turistica e dei servizi”, dice Bigazzi al Foglio. “Per lo sviluppo di Firenze serve una sinergia fra le tre. I servizi, se funzionano bene, servono per il turismo e per l’industria”. Anche perché “il turismo non ritorna mica dopodomani. E’ tutto bloccato finché le persone non avranno la sicurezza nel muoversi e la serenità nel poter socializzare. Prima va ricreata la fiducia”.

 

Per Firenze insomma è un momento di svolta, anzi, dice Bigazzi, “di ricostruzione. Il sindaco Dario Nardella ha presentato un programma, noi faremo la nostra parte e diremo la nostra. Le parti sociali, come noi e i sindacati, hanno un ruolo fondamentale. Anche perché la prima cosa da cambiare sono i contratti di lavoro. I lavoratori devono poter entrare nei cda, come avviene in Germania; così per esempio capirebbero che non è il caso di buttare via tutti quei soldi in Alitalia”. D’altronde, dice Bigazzi, “il mondo è già cambiato. Quindi serve discontinuità nel fare le cose. Anche a Firenze. La monocultura turistica non basta. A Firenze il turismo vale, considerato anche l’indotto, il 15 per cento, mentre la manifattura vale il 20 per cento”. In quel 20 per cento, dice Bigazzi, ci sono tante piccole-medie aziende i cui proprietari “lavorano gomito a gomito con i loro lavoratori, condividendo quindi anche gli stessi rischi. Gli imprenditori vanno ringraziati, perché non hanno avuto paura e sono rimasti aperti. Non per profitto ma per garantire il lavoro senza regalare quote di mercato ai concorrenti. Per questo sono felice che i nostri Lorenzo Coppini e Ferruccio Ferragamo siano appena stati nominati cavalieri del lavoro”. Peraltro, “nelle aziende toscane non ci sono stati casi di Covid-19. Merito di organizzazione e misure di sicurezza”. Dunque, dice Bigazzi, “non si può pensare il futuro di Firenze senza aziende. Altrimenti sarà solo una Firenzina. Io penso invece a una vera città metropolitana che vada oltre una mera definizione burocratica. Firenze va pensata, insieme ai comuni dell’hinterland, come un’unica città. Da Bagno a Ripoli a Scandicci, a Campi Bisenzio”.

  

Già riportare le opere d’arte nelle chiese dei vari comuni, come suggerito dal direttore degli Uffizi Eike Schmidt, sarebbe un segnale che va in quella direzione, dice Bigazzi. Il presidente di Confindustria si aspetta “coraggio da Firenze, anche dalla politica, alla quale tocca il compito della pianificazione”. Per rilanciare la città ci sono tre opere da completare: “Lo sviluppo dell’aeroporto, che è fatto per il turismo ma anche per il business, di cui si parla da decenni; la Tav, che va finita; lo stadio, per il quale va predisposto un piano pubblico-privato al quale lavorino Comune e Fiorentina per realizzare una cittadella sportiva a Campo di Marte. Il pubblico deve fare la sua parte, ma non per cercare mecenati. Non si può pensare che il presidente della Fiorentina dia i soldi a babbo morto. Deve avere un ritorno economico, com’è normale che sia. Per questo intorno allo stadio servono alberghi, ristoranti. Il modello è quello dello stadio della Juventus. La Fiorentina può essere una testimonial anche per Firenze”, città che adesso ha bisogno di soldi e investitori. “Aeroporto, Ferrovie e Fiorentina sono tre soci di Confindustria. In totale hanno in cantiere opere per 2 miliardi. Sono soldi veri, che fanno crescere il pil, non chiacchiere o decreti. Sono occasioni da non farsi sfuggire. L’alternativa è che a lungo andare rimangano i ruderi delle opere incompiute”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.