Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel corso della visita alla Metropolitana di Copenaghen. La linea M3 è stata realizzata da Salini Impregilo (foto Quirinale)

Made in Italy non profeta in patria

Redazione

Grandi accordi all’estero e potenzialità che Roma non sa usare bene

Nessuno è profeta in patria, ma le aziende italiane di infrastrutture lo sono ancora meno. Sergio Mattarella ha inaugurato a Copenaghen una linea di metropolitana made in Italy: la M3 realizzata da Salini Impregilo con i treni senza conducente e l’elettronica forniti da Hitachi Rail e sempre costruiti in Italia. Si tratta di 15,5 chilometri e 17 stazioni e viene facile il paragone con la linea C della metropolitana romana che doveva essere di 25 chilometri e 30 stazioni ma si è fermata a poco più delle metà. Contemporaneamente l’Acea ha annunciato 1,7 miliardi di investimenti per migliorare la sostenibilità ambientale: tra questi 250 mini impianti di gestione dei rifiuti organici da realizzare presso stazioni, aeroporti, centri commerciali, aziende. La multiutility ha come azionista al 51 per cento il comune di Roma, e dispone dell’unico termovalorizzatore attivo nel Lazio, a San Vittore, che brucia fino a 400 mila tonnellate di rifiuti e che l’azienda è disposta a potenziare. Roma produce 1,7 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno ma per scelta politica della giunta di Virginia Raggi preferisce non bruciarli nei termovalorizzatori laziali (oltre a quello Acea, uno dell’Ama a Colleferro e uno a Malagrotta di proprietà Cerroni), bensì esportarli al costo di 200 milioni all’anno nel resto d’Italia e all’estero, compresa sempre Copenaghen nell’appena inaugurato avveniristico termovalorizzatore con pista da sci sul tetto. E sempre in tema di rifiuti, la Dulevo di Parma ha concluso con il Kuwait un contratto per 250 spazzatrici, settore nel quale è leader mondiale. Non solo come ha segnalato l’Ance, associazione dei costruttori edili, tra il 2008 e il 2017 le imprese infrastrutturali italiani hanno visto crescere il loro fatturato estero del 122,7 per cento, e ridursi quello nazionale del 26,2. Le cifre assolute danno un’immagine ancora più drammatica: nel 2007 venivano fatturati in Italia 6,8 miliardi e all’estero 6,4. Nel 2017 rispettivamente cinque contro 14,4. La tendenza si è accentuata nel 2018 e 2019: quest’anno i 3,5 miliardi di maggiori investimenti previsti dal precedente governo gialloverde si sono prima ridotti a 0,5 e poi sono stati addirittura tagliati al 2018, di un miliardo. Tanti bacioni ai cantieri sbloccati.

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