Camera dei Deputati, informativa del ministro Tria (foto LaPresse)

La bellezza di andare a votare a braccetto con l'esercizio provvisorio

Luciano Capone

I mercati temono l’incertezza (spread a 238) ma molto di più la certezza di politiche sconsiderate. Votare si può, niente scuse

Roma. “Fa risparmiare”, è la prima cosa che risponde Paolo Cirino Pomicino alla domanda sul pericolo di esercizio provvisorio nel caso in cui il paese non riuscisse a votare la legge di Bilancio. “Dall’83 al ’92 – dice l’ex presidente della commissione Bilancio e ministro del Bilancio per la Dc negli anni Ottanta – una sola volta siamo andati in esercizio provvisorio, perché io ero a farmi operare a Houston. Ma non è una cosa scandalosa o disastrosa, anzi”. Il tema dell’esercizio provvisorio viene sollevato, agitato come uno spettro, per evitare elezioni anticipate – o quantomeno per rinviarle a un futuro indefinito. “Non è mica lo stato d’assedio, è vantaggioso perché si può risparmiare un po’”, diceva Giulio Andreotti quando nel 2006 il governo Prodi era in difficoltà.

   

Allo stesso modo la pensava Silvio Berlusconi, l’anno successivo, quando il governo Prodi era ormai agli sgoccioli: “Ma quale problema, l’esercizio provvisorio è bellissimo. Non è più come una volta, si risparmiano un sacco di soldi”. E in effetti, viste le intenzioni delle maggiori forze politiche presenti in Parlamento di fare una Finanziaria in deficit, una vera legge di Bilancio peggiorerebbe anziché migliorare i saldi di finanza pubblica. Perché l’esercizio provvisorio del bilancio, previsto dall’articolo 81 della Costituzione (quello sull’equilibrio di bilancio), proroga la spesa pubblica per dodicesimi: in pratica ogni mese lo stato può spendere un dodicesimo delle poste previste dall’ultima Finanziaria per un massimo di quattro mesi. Non si può quindi spendere più dell’anno precedente.

  
Si tratta ovviamente di uno strumento straordinario, che però nella Prima Repubblica era molto abituale, soprattutto fino agli anni Settanta. In anni più recenti, soprattutto con la fine della Prima Repubblica, è stato agitato come uno spauracchio e considerato un punto di disonore, simbolo dell’incapacità degli instabili governi italiani di fare una politica economica. E per questo considerato negativamente dai mercati.

 
In queste circostanze le cose stanno diversamente, probabilmente è il minore dei mali e verrebbe accettato positivamente sia dagli investitori sia dalle istituzioni europee che invece temono un deterioramento dei saldi di bilancio (più che un mancato aggiustamento). D’altronde l’ingresso in esercizio provvisorio non è la spia di un governo instabile come accadeva in passato, ma in questo caso una diretta conseguenza di una crisi di governo che è ben più evidente e plateale.

   
La caduta dell’esecutivo gialloverde e la possibile fine anticipata della legislatura hanno certamente fatto registrare un aumento dei tassi di interesse, con lo spread sul Bund che in pochi giorni è salito di circa 40 punti (ieri è arrivato a quota 238, la borsa è crollata di 2,5 punti), ma per il mercato la situazione non è poi così drammatica.

  
Ben peggiore è stata l’anno scorso la reazione degli investitori, con l’impennata oltre i 300 punti, alla bozza del contratto di governo a maggio e successivamente alla prima bozza di legge di Bilancio a ottobre (quella con il deficit al 2,4 per cento). A dimostrazione che i mercati temono l’incertezza, ma molto di più la certezza di politiche sconsiderate.

  
E in questo senso un esercizio provvisorio che rispetti gli obiettivi di finanza pubblica approvati anche dalla Commissione europea sarebbe certamente una rassicurazione, visto che tutte le altre alternative comporterebbero un ampliamento del deficit e un aumento del debito pubblico.

  
E’ vero che c’è sempre il problema dell’aumento dell’Iva, pari a 23 miliardi, a partire dal primo gennaio 2020, già approvato da Lega e M5s.

  
Ma anche in questo caso ci sono delle possibilità per evitare l’aumento immediato, soprattutto se i tempi istituzionali per gestire la crisi di governo – riunione dei capigruppo al Senato, voto di sfiducia del presidente del Consiglio, nuove consultazioni e scioglimento delle Camere – si protraggano in autunno inoltrato, costringendo il residente della Repubblica a fissare le elezioni anticipate a febbraio.

  
In quel caso ci sarebbero i tempi per far approvare a un governo di minoranza del presidente una legge di Bilancio fotocopia di quella precedente – quindi senza il vincolo dei quattro mesi di esercizio provvisorio – che in aggiunta rinvii di qualche mese l’aumento dell’Iva.

   
A copertura di questo rinvio ci sarebbero già, in parte, i fondi dovuti al ridotto utilizzo di reddito di cittadinanza e quota 100, che secondo le stime del ministro Tria ammontano a circa 4 miliardi, anche se al Mef fonti del Foglio assicurano che complessivamente il tesoretto messo da parte potrebbe arrivare fino a 9 miliardi. In primavera toccherebbe poi al governo uscito dalle urne trovare una soluzione definitiva al momento della presentazione del Def, che corrisponderebbe alla vera legge di Bilancio del nuovo esecutivo. Sarebbe il modo più lineare per risolvere la crisi politica.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali