Il buon luglio del grano italiano

Tra ritorno all'antico e attenzione al futuro è iniziata la mietitura che "fa registrare produzioni di circa il 10/15 per cento superiori rispetto alla scorsa campagna". L'esempio dell'Oltrepò pavese

Luciana Rota

Che ne sai tu di un campo di grano… Cantava così Luci Battisti in Pensieri e parole (1971). Ed era poesia di un amore (neanche tanto profano) per il grano. Che non finisce più solo in una indimenticabile canzone, ma torna ad essere importante. E oggi ne sappiamo molto di più dei nostri campi. Con un ritorno al passato che non guasta. Alla ricerca delle varietà perdute, dei grani antichi, delle macine a pietra. Della qualità. Ma è allo stesso tempo un ritorno al futuro. Come certi mulini restaurati e conservati, a volte anche modernizzati, ma ai quali l’uomo chiede ancora di sfornare antiche performance. Come la macina a pietra, un metodo di molitura antico che garantisce una qualità diversa, più naturale: le farine integrali ad esempio, molto più digeribili fra l’altro.

 

In Lombardia e Piemonte ce ne sono tanti di vecchi mulini ritrovati. E ci sono soprattutto produzioni agricole dedicate da secoli che resistono ai tempi duri di un mestiere che ha pochi margini e tanta fatica sul trattore, sulla mietitrebbia, nel lavoro della terra. Resistono come gli agricoltori e i produttori che hanno alti e bassi dovuti a tutte le circostanze del caso: il clima, la bilancia del commercio, le cattive abitudini... ma poi quando si sale sul trattore tutto passa. Come in questi giorni di trebbiatura. E c’è anche voglia di fare festa.

  

In pianura hanno già finito. In collina sono un po’ più indietro. Ma i primi dati ci sono e promettono bene perché anche in questo mondo antico ci sono promesse da mantenere. "C’è una buona resa per produzione", dice il mediatore Marco Croce, un giovane che fa questo mestiere da sempre: in queste settimane lo trovi intento a fare il giro delle aziende agricole dell’Oltrepò - anche quelle di dimensioni minori - per prelevare campioni di grano di cui, prima o poi, si farà il prezzo. Solo dopo questo il grano in cascina troverà il suo mulino e la sua ... farina.

 

Questo è il tempo del grano, dunque. Sono i giorni di festa in alcuni paesi che la vivono da sempre ai primi di luglio: si miete e si fa festa.

  

"A Pozzol Groppo, sulle alture preappenniniche, la festa della mietitura è una tradizione secolare - dice il sindaco Luciano Barbieri - è una festa che facciamo anche per tramandare ai giovani questa nobile arte agricola. Oggi non si usa più il taglia e lega delle spighe di grano che poi si portano in cascina... Così noi lo riproponiamo di anno in anno".

 

A fare tutta la fatica è oggi una enorme mietitrebbia: "Ma il taglia e lega è un rito indispensabile per chi lavora la terra perché è conviviale e crea rapporti veri. Come un tempo. Per questo lo riproponiamo condito di banchetto e musica. Funziona. Alcuni giovani si appassionano e poi decidono di dedicarsi alla terra. Un successo", conclude il sindaco agricoltore Barbieri dal suo trattore.

 

Gli ultimi ettari di Altamura sono stati caricati, adesso inizia la trafila commerciale: "Qui sulle colline di Pozzol Groppo, alture dominate dalle famiglie nobili dei Malaspina, ai margini della antica Via del Sale, la nostra terra produce ancora circa 1.500 quintali di grano all’anno, anche se molti si stanno convertendo alla vigna molto più di moda e che qui rende bene… Stanno tornando comunque alle varietà antiche, qui fra le migliori c’è il San Pastore (un grano tenero del passato che non veniva più coltivato perché meno resistente e meno performante, ndr) e comunque molti finalmente producono su terreno non diserbato, così oltre a salvaguardare la natura si fa qualità. Ci sono mulini che vogliono solo questo tipo di grano e sono disposti a pagarlo di più".

  

Se il buon grano si vede da queste parole e volontà ecco che dal Basso Piemonte - in pianura - arrivano altri dati confortanti: "Le produzioni sono discrete - spiega Cristina Bagnasco direttrice di Confagricoltura Alessandria - il frumento fa registrare produzioni di circa il 10/15 per cento superiori rispetto alla scorsa campagna, naturalmente come media, escludendo le produzioni eccellenti e quelle più limitate. C’è da dire qualcosa sulla qualità: proteine non elevatissime ma buona resa alla macinazione (peso ettolitrico). Infine, dato di cui bisogna andare davvero fieri, abbiamo l’eccellenza per quanto riguarda la sanità (tossine). Significa che c’è davvero una nuova cultura naturale o biologica che dir si voglia. Sono anche i frutti del Progetto grano di qualità avviato con i finanziamenti di CCIAA di Alessandria con Confagricoltura e Cia".

  

"In alcuni casi si tratta di una raccolta ridotta rispetto agli anni scorsi perché lo scorso anno non è stato positivo dal profilo qualitativo e nell'avvicendamento dei terreni le semine 2018/2019 hanno interessato meno superfici vocate. Ma la strada è quella giusta" dice Cristina Bagnasco. È il sogno del grano, quello del passato e quello del futuro. In Italia, di luglio.

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