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Mercatone Uno vale zero

Un fallimento ben riuscito. Non risolvere mai le crisi industriali è la regola

Almeno di tavoli al Mercatone Uno se ne intendono perché li vendevano, ma non servirà a molto. I 1.800 lavoratori hanno saputo del fallimento della catena della grande distribuzione non alimentare venerdì scorso dai social network. L’unica cosa che ha potuto fare ieri il ministro dello Sviluppo economico, Luigi di Maio, è stato convocare un “tavolo” di confronto con i sindacati. “Dobbiamo trovare una soluzione”, si è limitato a dire Di Maio che arriva alla trattativa come leader del M5s compromesso dal risultato disastroso delle elezioni europee.

 

L’epilogo della crisi Mercatone Uno, famosa anche come sponsor della squadra del campione Marco Pantani, è quello comune a diverse crisi aziendali italiane (Piombino, Termini Imerese, Alcoa) si cerca un “cavaliere bianco”, magari un po’ esotico, che puntualmente non riesce a ristrutturare l’azienda e quindi fallisce o torna da dov’era venuto. In questo caso il tribunale di Milano, venerdì scorso, ha dichiarato il fallimento della Shernon Holding srl che nell’agosto scorso aveva rilevato Mercatone dall’amministrazione straordinaria che ne gestiva il commissariamento dal 2015.

 

La Shernon è una società della maltese Star Alliance di Valdero Rigoni, imprenditore del mobile e cliente di Mercatone per un po’, che tra le altre cariche era anche manager vendite della Boydak international, una conglomerata turca i cui vertici sono stati decapitati dalle purghe di Erdogan nell’estate 2016. Il Sole 24 Ore ha scoperto che Rigoni era già stato amministratore di una società dichiarata fallita in precedenza, la Ctf Italia Srl. Il piano industriale di Rigoni prevedeva di creare 300 nuovi posti di lavoro e di rilanciare l’azienda. Il piano era stato considerato credibile dai revisori, quindi dai commissari, e applaudito dai sindacati per avere risolto (?) la crisi. Probabilmente non aveva soldi né grandi capacità imprenditoriali visti i debiti accumulati dalla Shernon. Ora rischiano il posto non solo i 1.800 lavoratori di Mercatone, ma anche i 10.000 dell’indotto in tutta Italia. Il governo in carica ha una parte di responsabilità per non avere vigilato su una cessione che prometteva poco di buono da principio. La tattica del tampone non regge più.

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