Foto Imagoeconomica

Il declino non è una percezione

Redazione

Le ore di Cigs aumentano del 72 per cento in un mese. Chi mette “like”?

A 24 ore dalle critiche al governo del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia la realtà continua a smentire la propaganda gialloverde. La realtà è l’aumento comunicato dall’Inps della cassa integrazione straordinaria: 17,9 milioni di ore ad aprile, più 78,1 per cento in un mese. Anche la cassa integrazione totale aumenta del 16 per cento su base mensile e del 30 annua. “E’ la cassa straordinaria che indica l’incertezza profonda delle aziende – dice la Cgil – mentre quella ordinaria fronteggia contingenze momentanee. E’ stato così dal 2008, c’è da temere che si torni in recessione”. All’assemblea di Confindustria però Giuseppe Conte s’è detto “ferocemente convinto” che il peggio sia passato. Luigi Di Maio promette che nella prossima Commissione europea “l’Italia chiederà un commissario all’Industria, al Commercio o alla Concorrenza”. Però Matteo Salvini ha altre priorità: “Difesa dei confini, chiusura delle frontiere e stabilizzazione del nord Africa, e se saremo primi a Strasburgo mi impegnerò personalmente”.

   

L’abisso tra propaganda e realtà è stato individuato da Boccia quando ha invitato il governo ad abbandonare “il presentismo, la bulimia di consenso, i like”. Come nota Nando Pagnoncelli in “La penisola che non c’è” (Mondadori), la “realtà su misura” fa sì che gli italiani ritengano gli immigrati il 26 per cento della popolazione (sono il 10), i disoccupati il 48 (sono circa l’11), perfino che i diabetici siano il 35 (sono il 5). La “distorsione percettiva” di cui parla Pagnoncelli nutre la propaganda di Salvini & Di Maio. L’Italia “vittima dell’Europa” è elemento comune: “L’Ue è stata solo una sciagura di direttive demenziali, di vincoli finanziari che ci hanno impedito di aiutare chi ha bisogno, chi ha perso tutto nei crac bancari. Basta!”, ha detto Salvini giovedì. I dati del Sole 24 Ore mostrano poi che con l’euro l’Italia ha visto scendere la disoccupazione dall’11 al 5,8 per cento (fino alla crisi), l’export passare da 360 a 520 miliardi del 2018, l’inflazione dimezzarsi dal 6 per cento degli anni 90, gli interessi sui prestiti scendere dall’11 al 3 per cento, e al contrario la spesa pubblica aumentare da 550 a 850 miliardi. Tutti vantaggi e austerità zero. Ma ammetterlo non porta like.

Di più su questi argomenti: