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Per il Fmi l'Italia crescerà meno del previsto nel 2019 (0,6 per cento invece che 1 per cento)

Confermate le stime di Bankitalia. Pesano la debole domanda domestica e i maggiori costi di finanziamento dovuti ai maggiori rendimenti dei titoli di stato

Milano. Dopo la Banca d'Italia anche il il Fondo monetario internazionale taglia le stime sulla crescita dell'Italia e lo fa nell'ambito dell'aggiornamento del World economic outlook. Nel 2019, secondo l'Fmi, il pil italiano si svilupperà a un tasso dello 0,6 per cento invece che all'1 per cento come lo stesso Fondo aveva previsto lo scorso ottobre. Resta invece invariata allo 0,9 per cento la stima per il 2020. A giustificare la revisione, affermano i tecnici dell'istituto di Washington, sono "la debole domanda domestica e i maggiori costi di finanziamento dovuti ai rendimenti elevati sui titoli di Stato". Il dato per l'anno prossimo è perfettamente in linea con quello pubblicato venerdì scorso nel Bollettino economico della Banca d'Italia e più ottimista rispetto alle previsioni di altre istituzioni finanziarie (come banche d'affari e centri studi di varia estrazione) che prevedono, invece, tassi più bassi, alcune vicine allo zero. Tra le maggiori economie mondiali, soltanto la Germania subisce un taglio più pesante, pari allo 0,6 per cento. Per l'economia tedesca, specifica il rapporto, i guai vengono dai "fiacchi consumi privati, dalla debolezza della produzione industriale seguita all'introduzione dei nuovi standard di emissione per le automobili e dalla modesta domanda estera". Nel complesso, l'Eurozona subisce una sforbiciata dello 0,3 per cento, per un pil 2019 previsto in aumento dell'1,6 per cento.

    

Per quanto riguarda il contesto globale, la previsione è quella di un indebolimento della ripresa che riguarda soprattutto le economie avanzate nel loro complesso. Il pil mondiale crescerà, infatti, quest'anno del 3,5 per cento e del 3,6 per cento il prossimo (rispettivamente, lo 0,2 e lo 0,1 per cento in meno rispetto alle precedenti previsioni). La nuova sforbiciata nell'area euro (c'era già stata una riduzione delle stime lo scorso autunno) spiega il Fmi, "riflette in parte l'indebolimento del ritmo di crescita registrato nella seconda metà del 2018 - come in Germania dopo l'introduzione dei nuovi standard di emissione per le automobili e in Italia, dove le preoccupazioni per l'andamento dei titoli di Stato e i rischi finanziari hanno pesato sulla domanda domestica - ma anche l'indebolimento della fiducia sul mercato finanziario e la contrazione in Turchia ora più ampia di quanto previsto".

     

Stabile, infine, la stima per gli Stati Uniti il cui prodotto interno lordo crescerà del 2,5 per cento quest'anno e dell'1,8 per cento il prossimo, mentre le economie emergenti avranno un'espansione del 4,5 per cento (lo 0,2 per cento in meno). Ferme al 6,2 per cento - sia per quest'anno che per il prossimo - le stime sul pil cinese. Il futuro non si prospetta comunque roseo. Al contrario, scrivono i tecnici dell'Fmi, "i rischi per la crescita globale sono al ribasso. Un'escalation delle tensioni commerciali al di là di quanto già incorporato nelle previsioni rimane il rischio principale". Ma timori provengono anche dalle condizioni dei mercati finanziari, l'alto livello dell'indebitamento pubblico e privato, le ricadute di un 'no deal' sulla Brexit e un rallentamento superiore al previsto dell'economia cinese. Per questo il Fondo invita le autorità a "risolvere in maniera cooperativa e rapidamente i loro disaccordi commerciali e la conseguente incertezza politica che ne deriva". A tutte le economie, poi, il suggerimento è di introdurre misure per "accelerare il potenziale di crescita, migliorare l'inclusione e rafforzare i cuscinetti fiscali e finanziari in un ambiente caratterizzato dall'alto debito".

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