Il parco eolico di Isola di Capo Rizzuto

La confisca di un parco eolico rende guardinghi investitori tedeschi

Alberto Brambilla

La Guardia di Finanza interviene alla Wind Farm di Isola di Capo Rizzuto. Si temono contraccolpi indesiderati

Roma. Il 5 giugno i finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria-Gico di Catanzaro hanno eseguito la confisca del parco eolico Wind Farm di Isola di Capo Rizzuto. La confisca dell’enorme impianto, che è uno dei più grandi d’Europa e vale 350 milioni di euro, è stata disposta dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Crotone su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Il provvedimento è indirizzato a Pasquale Arena, parente dell’omonima famiglia di ’ndrangheta ma incensurato, il quale detiene, tramite altri parenti, quote nella Purena Srl che con una quota di minoranza fa parte della Vent1 Capo Rizzuto Srl, società proprietaria del parco.

  

L’azione giudiziaria mirata a colpire la cosca può, però, avere un contraccolpo indesiderato, rischiando di compromettere le prospettive di investimenti esteri in Italia e nel Mezzogiorno. La confisca di un bene richiede come presupposto che il bene stesso sia frutto di attività illecite o che ne costituiscano il reimpiego. Per capire, è utile un riepilogo. Il parco eolico Wind Farm viene progettato e realizzato tra il 2005 e il 2009 dalla Enercon. E’ un impianto eolico composto da 48 aerogeneratori ed è considerato tra i più grandi d’Europa. La società proprietaria, la Vent1 Capo Rizzuto Srl, ha prevalentemente soci tedeschi e in minima parte italiani. Wind Farm viene realizzato con un investimento di 230 milioni di euro, interamente finanziati dalla banca pubblica tedesca Hsh Nordbank specializzata in progetti “green”. L’origine del finanziamento è, dunque, la Hsh: l’istituto di credito, con sede ad Amburgo, ha concesso il credito interfacciandosi anzitutto con il manager tedesco Ludwig Nyhuis della Nyhuis Beteilingungs GmbH & Co, la quale detiene il 19 per cento delle quote. La tedesca Tiger Energy Project ha il 34, la sammarinese Seas Sr1 il 30, le tedesche Pommer & Schwarz ed Eden il 10 e il 7 rispettivamente. Secondo la difesa, non sono coinvolti cittadini italiani nelle trattative con Hsh.

 

Nel luglio 2012 la Dda di Catanzaro dispone il primo sequestro del parco che, secondo gli inquirenti, sarebbe nella disponibilità della famiglia Arena. I soci tedeschi mostrano i movimenti in denaro e viene per loro chiesta un’archiviazione su cui il giudice italiano non ha ancora deciso. Il parco eolico viene dissequestrato. La procura tedesca di Osnabruck conferma, nell’ambito di una rogatoria internazionale, che Hsh ha finanziato per intero il progetto Wind Farm.

 

Nel 2016 la Dda di Catanzaro fa partire un nuovo procedimento in cui chiede una misura di prevenzione nei confronti di Pasquale Arena. Nel 2017 gli stessi pm, per aggirare il blocco rappresentato dalla procedura in riserva da oltre un anno, presentano una nuova richiesta di confisca, arricchita dalle dichiarazioni di un pentito. Il tribunale di Crotone, pur in presenza della medesima richiesta già formulata e rigettata, dispone la confisca del parco eolico sulla base delle medesime intercettazioni e sulle dichiarazioni del pentito secondo il quale l’impianto è in mano alla criminalità organizzata.

 

Il tribunale di Crotone sosteneva che “non è il sistema dei finanziamenti, per i quali non si è raggiunta la prova della provenienza illecita, l’elemento su cui si fonda la proposta (di confisca, ndr)”. Ritenendo lecito il finanziamento, pur ravvisando una presunta influenza di Pasquale Arena che però non ha a che fare con la provenienza del denaro, verrebbe meno un presupposto per l’applicazione della confisca. In caso di conferma la prospettiva di nuovi investimenti tedeschi potrebbe risentirne? Intanto, l’assicurazione Allianz ha iniziato a sconsigliare agli operatori in Germania di investire nel Mezzogiorno. Che conseguenze avrebbe la conferma della confisca malgrado una pronuncia dei magistrati tedeschi che ha accertato l’assenza di legami tra il finanziamento per realizzare il parco da parte di una banca pubblica e la ’ndrangheta?

 

Contrastare la criminalità organizzata in Calabria è un compito improbo, cercare spazio per investire lì può esserlo altrettanto.​

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.