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La partita franco-italiana del gas

Gabriele Moccia

Dal Mediterraneo orientale all’Iran. Dove Eni e Total si disputano le riserve più ghiotte del pianeta

Roma. La contesa economica tra Italia e Francia scorre anche sul filo dell'energia, in particolare sul gas. In campo i due colossi nazionali, Eni, da un lato, e la Total, dall'altro. Partner su alcune partite, ma spesso rivali. La Francia punta molto su uno scacchiere energetico fondamentale, quello del Mediterraneo orientale. 

 

Non è un caso che proprio in questi giorni il presidente cipriota Nicos Anastasiades sia volato a Parigi per discutere direttamente con il capo dell'Eliseo Emmanuel Macron tutti gli scenari esplorativi legati alla zona economica esclusiva dell'isola di Cipro. Come ha ricordato Olivier Appert, a capo del French Council of Energy "da un punto di vista geologico, il bacino levantino ha lo stesso potenziale del Mare del Nord”. 

 

Macron sta facendo tutto il possibile per rilanciare l'attività della Total sull’area ma la criticità principale resta legata al fattore geopolitico, alla posizione della Turchia in particolare. Ankara ha sempre osservato con la massima attenzione le attività esplorative portate avanti sia dal Cane a sei zampe che dalla compagnia energetica francese, ma secondo Francis Perrin, direttore di ricerca del French Institute for International and Strategic Affairs, "le compagnie pensano che il rischio politico sia ancora gestibile”. Del resto, le aspettative sui risultati delle operazioni esplorative per la ricerca di idrocarburi sono molto elevate, sia a Roma come a Parigi. Per la società di analisi IHS Markit l'operazione Onisiforos (le perforazioni nelle acque cipriote) potrebbe rappresentare una delle più rilevanti di tutto il 2017, in termini di scoperte.  

 

Altro scacchiere rilevante per la contesa è quello iraniano.  Nonostante le crescenti preoccupazioni per nuove sanzioni all'Iran, l'amministratore delegato della compagnia francese, Patrick Pouyanne, ha confermato l'intenzione francese di continuare nello sviluppo delle riserve di gas nella repubblica degli ayatollah, in particolare sul giacimento di South Pars. Come ha detto Pouyanne, "sapevamo che non sarebbe stata una strada facile, ma meglio avere un problema da risolvere e un'opportunità piuttosto che non avere firmato niente e non avere alcuna opportunità". Parole che sono piaciute al presidente Rohani, che da tempo sta cercando di mantenere a galla i flussi degli investimenti esteri. Se Parigi, dunque, si è molto esposta e lo stesso presidente Macron ha invitato le aziende partecipate a non mollare la presa sull'Iran.  Lo scorso giugno, invece, il Cane a sei zampe ha firmato con la compagnia nazionale iraniana, la National iranian oil company (Nioc), due Memorandum of Understanding (MoU) per la realizzazione di studi di fattibilità dello sviluppo della fase 3 del giacimento petrolifero di Darquain e di quello gasifero offshore di Kish. Secondo i vertici iraniani, la Nioc dovrebbe stipulare 10 contratti entro la fine dell'anno civile iraniano (20 marzo 2018). Ad oggi solo un accordo, però, è stato concluso, proprio quello con la francese Total e la cinese Cnpci per lo sviluppo della fase 11 del giacimento di gas di South Pars. 

 

L'aggressiva politica dell’America di Donald Trump ha, infatti, certamente contribuito a raffreddare gli entusiasmi dell'Italia e delle imprese, piccole e grandi, interessate a fare affari nella Repubblica islamica. Qualche settimana fa, come riferito da Bloomberg, Eni, insieme a Shell, e la brasiliana Petrobras, è stata invitata dagli ayatollah a discutere dello sviluppo del mega-giacimento di South Pars. Il motivo di questa aperture è legato proprio alle mosse della Total. Al potente ministro del petrolio dell'Iran, Bijan Zanganeh, non è per niente piaciuta l'operazione di acquisizione di Maersk Oil da parte della società francese, avvenuta lo scorso agosto. La Maersk aveva infatti presentato una proposta economica proprio per lo sviluppo di altre zone del South Pars, proposta ovviamente congelata con il passaggio del controllo della società danese alla Total.  Ma le mire energetiche francesi poggiano anche sul Mediterraneo, in particolare sull'area del bacino levantino, quella dove Eni gestisce una delle più grandi scoperte d'idrocarburi degli ultimi anni, il super giacimento di Zohr. 

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