Piazza Affari

Il falò di ricchezza che non vogliamo vedere

Redazione

Populismo bancario, sovranismo, gogna anti impresa minano il boom di Borsa

Dall’inizio del 2017 Piazza Affari è stata la migliore Borsa d’Europa: l’indice Ftse Mib è aumentato del 18,29 per cento. Contro il 12,38 del Dax 30 di Francoforte, il 10,33 del Cac 40 di Parigi, il 4,29 del Ftse 100 di Londra, il 12,71 dello Smi di Zurigo, il 12,14 dell’Aek di Amsterdam. Anche guardando alle piazze periferiche Milano batte Madrid, Bruxelles, Lisbona e Stoccolma. E di sette punti anche l’Eurostoxx, l’indice dei maggiori titoli dell’area euro. Ma supera pure Wall Street (Dow Jones e S&P), Shanghai, Tokyo. Nel mondo i due soli listini che crescono più di quello italiano sono il Nasdaq americano e l’Hang Seng di Hong Kong. La terza performance mondiale, pur fino a febbraio con il freno tirato per la scia delle incertezze bancarie, si deve alla stabilizzazione delle banche, con il mix di interventi pubblici e ricapitalizzazioni private tipo Unicredit; alla marcia dell’auto, cioè Fiat-Chrysler con i suoi spinoff; al risveglio delle piccole e medie imprese che hanno beneficiato dei piani di risparmio (Pir) assistiti dal regime fiscale favorevole del governo: il loro indice Aim in tre anni di vita aveva stagnato fino a dicembre, poi ha fatto un balzo del 31 per cento. La Borsa non è il principale termometro dell’economia. Ma segnala la fiducia dei mercati, specie con il prossimo ritiro degli stimoli della Bce. Che cosa può incrinare questa fiducia? Tre rischi su tutti: il ritorno del populismo bancario, l’affermazione di grillini e leghisti alle elezioni, e leggi come il nuovo codice gauchista-venezuelano che equipara la corruzione alla mafia, con sequestro preventivo dei beni d’impresa. Se vogliamo fare un bel falò di ricchezza, chiedere dunque istruzioni alle vecchie mummie e ai giovani chiacchieroni della sinistra identitaria, alla Lega by Salvini, alla piattaforma Rousseau.