Lego, azienda danese leader nelle costruzioni giocattolo

Lego perde pezzi: licenziati 1400 dipendenti

Valerio Valentini

Dopo l'ottima annata scorsa, il primo semestre del 2017 ha fatto registrare un calo di vendite preoccupante per l'azienda danese delle costruzioni giocattolo. Colpa della concorrenza dei videogame e di una struttura troppo complessa

Ha chiuso il bilancio del 2016 con i ricavi più alti della sua storia. Oggi annuncia il licenziamento di 1400 persone. La costruzione è solida, insomma, ma qualche mattoncino viene comunque rimosso. Millequatrocento, per la precisione. Tanti sono i posti di lavoro tagliati dalla Lego, l'azienda danese leader internazionale nella produzione di giochi per bambini, che in tutto il mondo conta nel complesso 19mila dipendenti.

 

Novant'anni di storia, un'evoluzione incessante e una fama che non conosce confini. Tanto che alcune delle sue creazioni hanno ottenuto dignità artistica, finendo esposte perfino al MoMa di New York. Tanto che – per fare un esempio nostrano – il vocabolario Treccani riporta “lego” come nome comune, sinonimo di “costruzione”. Eppure, si taglia. Il primo segnale è arrivato a giungo scorso: quando, per la prima volta dal 2004, il gruppo ha chiuso il primo semestre dell'anno con le vendite in calo. In controtendenza con quanto accaduto nel secondo semestre del 2016, periodo nel quale i ricavi erano aumentati del 6 per cento, raggiungendo i 37,8 miliardi di corone danesi (circa 50 milioni di euro).

 

L'annata positiva del 2016 – segnata tra l'altro dal lancio sul mercato di ben 335 nuovi prodotti – non è bastata ad evitare la parziale débacle del 2017. Causata, a quanto pare, soprattutto dal rallentamento delle vendite negli Stati Uniti e in Europa, laddove la Cina continua a regalare enormi soddisfazioni. C'è sicuramente la concorrenza di app e videogame, che rende noioso per molti bambini accanirsi sui pezzi da montare e incastrare con grande pazienza. Ma c'è anche una sorta di “crisi di crescenza”. Almeno a giudicare dalle parole del ceo di Lego, Jorgen Vig Knudstrop, che ha parlato di un'organizzazione molto complessa costruita negli ultimi 5 anni per far fronte ad un forte incremento dei ricavi. Troppo complessa, evidentemente. "Vale a dire - ha spiegato Knudstrop - che costruiremo una struttura più piccola e meno sofisticata di quella che abbiamo oggi, in modo da raggiungere più bambini possibile". Tra le iniziative previste, anche la possibilità di combinare “l'esperienza fisica del costruire con quella digitale”.

 

Il taglio di 1400 posti di lavoro, stando alle dichiarazioni di Knudstrop, è funzionale a rilanciare la sfida di Lego. Una sfida che è nata in verità nel 1916 grazie all'intuizione di un falegname, Ole Kirk Kristiansen, che in un primo momento si dedicò a produrre miniature di arredi interni. Quando coniò il nome "Lego" (che deriva dall'unione delle parole danesi 'leg godt', e cioè "gioca bene"), era il 1932: e in quell'anno Kristiansen iniziò a costruire giocattoli. In legno, inizialmente. La plastica arrivò dopo qualche tempo, e fu una svolta. Il successo mondiale, però, arrivò a fine anni '70, anche grazie all'introduzione dei mini-personaggi con arti orientabili.

 

Una irresistibile ascesa, che tuttavia s'interruppe nel 2003, anno in cui l'azienda accusò serie difficoltà economiche, con 344 milioni di dollari di perdite e un calo delle vendite di oltre il 30 per cento. Una crisi generata non solo da decisioni di mala gestione ma soprattutto dalla prima diffusione su larga scala dei prodotti cinesi a basso costo e dal boom delle console di videogiochi. Di lì, nel 2006, la scelta di delocalizzare e trasferire parte della produzione dalla Danimarca alla Repubblica ceca e ad altri paesi dell'est Europa, e il licenziamento di 1200 persone. Unico vero precedente paragonabile con quanto accade in questi giorni.

 

Davanti alla prospettiva di una bancarotta che sembrava inevitabile, in ogni caso, il management allora decise di ripensare il proprio impegno. E accanto alle costruzioni tradizionali, cui non volle rinunciare, decise di legare il prodotto a personaggi famosi. Poi, soprattutto, lo sbarco a Hollywood e una serie di accordi con Lucas Film, Dc Comics, Disney e Warner Bros per creare nuove linee di prodotto: ad esempio Star Wars, Indiana Jones e i Pirati dei Caraibi. Idea vincente, che ha permesso di incrementare le vendite del 20 per cento ogni anno. Fino al giugno scorso, e ai licenziamenti di queste ore.

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