La francese Total compra Maersk Oil e sfrutta l'impasse di Londra sulla Brexit

Gabriele Moccia

Il settore energetico britannico paga a caro prezzo le incertezze della May. E Parigi ringrazia

L’acquisizione da parte del gruppo petrolifero francese Total della compagnia danese di esplorazione e produzione offshore Maersk Oil è la prima mossa di Parigi per sfruttare la fase d’impasse economica apertasi dopo la Brexit e aumentare la propria presa su uno scacchiere energetico fondamentale, quello del Mare del Nord. Una delle principali vittime del referendum inglese, infatti, è stata proprio l’industria energetica dell’area, storicamente appannaggio delle compagnie scozzesi e inglesi che ormai da tempo si sono avvitate in una profonda crisi legata, in modo particolare, alla tempesta del cheap oil. Solo qualche mese fa, la Uk Oil and Gas Association – la confindustria energetica del paese –  aveva denunciato il rischio derivante dalla mancanza di capitali necessari a sostenere gli investimenti e l’occupazione (in netto declino), chiedendo al governo di Theresa May di impiegare misure straordinarie a sostegno dei propri interessi strategici. Sfruttando le debolezze britanniche, dunque, i francesi della Total, con l’acquisizione degli asset della Maersk Oil, avranno ora la possibilità di aumentare notevolmente le proprie riserve stimate – alcuni analisti parlano di 1 miliardo di barili di greggio in più – nonché la propria produzione giornaliera che, come ha comunicato la società in un comunicato, dovrebbero passare dai 2,1 milioni ai 3 milioni di barili entro il 2020.

 

Come ha ricordato lo stesso amministratore delegato della Total, Patrick Pouyanné, si tratta di un’acquisizione strategica per rafforzare la propria presenza nel Regno Unito e in Norvegia. La Total sborsa una cifra non piccola, circa 6,3 miliardi di euro: si tratta della più grossa operazione dai tempi dell’acquisto della Elf nel 1999, voluta dal governo di allora per costituire un campione nazionale. Molto ha aiutato nella scelta il contesto legato al rischio geopolitico crescente e una espressa richiesta sarebbe arrivata dallo stesso neo presidente Macron ai vertici della Total. Il capo dell'Eliseo ha fatto presente la necessità di diversificare i rischi della produzione, soprattutto dopo che l’amministrazione Trump ha palesato la sua intenzione di far naufragare l’accordo sul nucleare iraniano, mettendo così a rischio l’apertura economica e commerciare ricercata dal regime degli ayatollah. Se da un lato, dunque, la Francia ha investito anche di recente nel completamento del più grande progetto energetico iraniano, quello del super giacimento di gas del South Pars – insieme ai cinesi della compagnia nazionale Cnpc – dall’altro ha preferito coprirsi le spalle con una scelta più conservativa, con la speranza che l’industria petrolifera del Mare del Nord si avvii verso una definitiva ripresa.

 

Non mancano le ripercussioni sulle aziende italiane. Nel Mare del Nord è presente anche l’Eni con la mega piattaforma Goliat che ha permesso al Cane a sei zampe di avviare una importante produzione nelle acque norvegesi. Ma la flotta a medio-lungo raggio e le caratteristiche tecniche dei mezzi della Maersk Oil consentiranno alla Total di acquisire delle capacità operative simili a quella di Saipem, che già è alle prese con la cancellazione di importanti commesse come quelle sul South Stream e, molto probabilmente, anche quelle legate al raddoppio del Nord Stream. Un know-how, quello della Maersk Oil, che la Total potrà utilizzare anche in altri scenari, come quello del Golfo del Messico, dell’Algeria e del Kazakistan, tutti mercati dove è già presente Eni.

 

Secondo Valentina Kretzschmar, analista della società di consulenza Wood Mackenzie, l’integrazione delle attività petrolifere della Maersk a livello regionale porterà il gruppo francese ad essere il secondo, in termini di produzione, subito dopo la Statoil. Vedremo, quindi, come si svilupperà la competizione su uno scacchiere ormai affollato. Per un colosso della logistica e del commercio globale come la Maersk, la vendita delle proprie attività nel Mare del Nord è invece un ulteriore tassello verso la definitiva concentrazione del proprio business esclusivamente nella logistica. Quella che un tempo era un conglomerato, con in pancia svariate attività, si appresta a diventare la più grande flotta di navi container al mondo, la FedEx del commercio marittimo, come ha ripetuto più volte il suo ceo, Soren Skou. Non è un caso che in vista del rafforzamento patrimoniale dovuto alle cessioni come quella della Maersk Oil, il gruppo danese abbia di recente acquisito alcuni operatori navali con maggiori volumi di traffico, come quello di Hamburg Sud, che detiene forti posizioni, soprattutto verso il Sud America.

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