Emmanuel Macron (foto LaPresse)

Consigli all'Italia per non adagiarsi sulla vittoria di Macron

Alberto Gallo

La Francia ha scelto di essere europea e più forte. E noi? Le banche italiane medio-piccole restano una foresta pietrificata

Con l’elezione di Emmanuel Macron a futuro presidente, la Francia ha scelto un avvenire aperto, lungimirante ed europeo. Saprà Macron essere all’altezza delle sue promesse? I mercati finanziari hanno già mostrato segni di sollievo, con una riduzione secca nel prezzo delle protezioni al rischio di ribasso su azioni e debito sovrano. Tuttavia pensiamo che gli investitori sottovalutino ancora molti degli eventi positivi che la vittoria di Macron potrebbe innescare.

 

Il presidente Macron ha infatti intenzione di creare un’alleanza con il futuro leader tedesco, sia esso Angela Merkel o Martin Schulz, per rafforzare le istituzioni europee. A Bruxelles l’attenzione si è già spostata sulla politica fiscale e sull'incremento nell'offerta di beni pubblici europei, tra cui sicurezza, infrastrutture e difesa. Potrebbe derivarne anche una più veloce ristrutturazione del debito in Grecia, la quale ha raggiunto obiettivi di riforma e di bilancio, ma fatica ancora senza un piano per la crescita e con un giovane su due senza lavoro.

 

Molti euroscettici non smettono di considerare l’Unione Europea e l’Eurozona un ossimoro economico. Sostengono che non si possano avere economie diverse con una valuta e una politica monetaria comune, senza una comune politica fiscale e senza un’Unione bancaria. Questo e’ vero. Senza regole precise per la ristrutturazione del debito di uno stato membro, la Grecia ha perso depositi bancari e investimenti durante la crisi. Porto Rico, invece, ha ristrutturato il proprio debito senza che fosse nemmeno menzionata l’ipotesi di un’eventuale uscita dai territori degli Stati Uniti. Detto questo, tutti gli argomenti degli euroscettici soffrono di un difetto sostanziale: dicono che per rafforzare il supporto fiscale tra paesi, o per creare un'Unione bancaria, sia necessario un superstato federalista, che priverebbe della loro sovranità tutti gli altri stati membri. C’e’ una soluzione diversa. E’ quella di rafforzare le istituzioni europee, come la Banca centrale europea (Bce) e il Fondo salva stati (Esm), il quale ha già sottolineato la volontà di elevarsi a un ruolo di Fondo monetario. Un rafforzamento delle istituzioni Ue e un aumento dello stimolo fiscale comune allevierebbe anche il peso la Banca centrale europea (Bce), che sino a ora ha portato avanti la maggior parte dello stimolo economico. Il presidente della Bce, Mario Draghi, ha già ammesso che la crescita stia migliorando e che i rischi al ribasso stiano diminuendo. Una normalizzazione nel tasso di deposito della banca centrale verso lo zero potrebbe rendere più rosee le prospettive per il settore bancario – che dipende largamente da tassi d’interesse di breve e medio termine – aumentando l’abilità delle banche di concedere prestiti. Si tratta di un elemento cruciale nella periferia, dove i prestiti bancari rappresentano la stragrande maggioranza dei finanziamenti, e le piccole imprese creano gran parte dei nuovi posti di lavoro.

 

Per gli economisti e i leader del mondo, questi sviluppi potrebbero indicare come il tanto criticato modello di welfare inclusivo europeo – investendo in istruzione e in politiche sociali – abbia dato frutti importanti nel lungo periodo; mentre il modello di crescita anglo-americano, trainato dal credito e dai consumi, si sia dimostrato più vulnerabile alla crescente diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza e al populismo che ne consegue.

 

Gli scettici ci hanno già ricordato l’Europa non è ancora salva, e che siamo ancora esposti a una lunga serie di rischi. Questa fotografia, benché tuttora popolare, sembra discostarsi sempre più dalla realtà dei fatti. La Spagna, l’Austria, i Paesi Bassi e ora la Francia hanno detto no al populismo. Macron ha vinto propugnando l’apertura sociale, la libertà economica e abbracciando senza esitazione l’Europa, avvolto nella sua bandiera. Con lui, l’Europa riconquista l’ambizione di costruire un’unione aperta a tutti, fatta di progetti concreti e orientata a un fine comune, che vada oltre le differenze nazionali. C’è ancora tanto da fare. Il lungo ciclo elettorale europeo non è infatti terminato. Dopo il voto in Germania, toccherà all’Italia, che ora rappresenta un’incognita politica in Europa. Ma soprattutto, con le riforme in Francia, il nostro paese diventare il più grande in Europa ancora indietro sulle riforme. Le banche italiane medio-piccole rimangono una foresta pietrificata che manca di redditività sufficiente a erogare prestiti all’economia. Il sistema legale rimane tra i più lenti d’Europa, insieme a Slovenia e Grecia. La riforma del lavoro è stata applicata solo ai giovani, che ne hanno sofferto con un mercato a due velocità. Il voto francese è solo il primo passo di una lunga strada verso un’Europa più forte. Ma tra pochi anni, questo voto rivelarsi uno dei momenti decisivi per il nostro destino.

Alberto Gallo è capo delle strategie macro di Algebris Investments e gestore dell’Algebris Macro Credit Fund

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