Sergio Marchionne (Foto LaPresse)

Lezioni italo-americane da Fca su come si vive nel mercato globalizzato

Marco Bentivogli*

Storia di un caso di successo industriale e sindacale che l’Italia si rifiuta di imparare. Riflessioni dalla riunione dei sindacati mondiali di Fca a Detroit 

Detroit. Le reazioni all’annuncio dell’ad Fca al ritorno della produzione della Panda in Polonia ha chiarito, ancora una volta, quanto provincialismo e incompetenza c’è nel mondo politico e dell’informazione nel nostro paese. Lo stabilimento di Pomigliano non è uno stabilimento qualsiasi, è dove è partito il rilancio di Fca, dove l’impegno di migliaia di ragazze e ragazzi ha posto le basi per questo successo industriale e sindacale. Pomigliano ha centrato tutti gli obiettivi d’innovazione e miglioramento continuo e, anche se la politica lo dimentica spesso, questo lo si deve al sindacato e ai lavoratori che si sono rimboccati le maniche con tutti contro. Puntare su vetture di fascia premium  con margini di reddittività più alta è un dato positivo già emerso un anno fa. Ci auguriamo che dopo le conferenze stampa, si affidi alle relazioni industriali il confronto sulle prospettive.

 

Il settore dell’automotive, a livello globale, è sottoposto ad un’accelerazione del percorso di consolidamento dei diversi grandi player europei e globali e anche delle innovazioni tecnologiche sulla propulsione dei veicoli e sulla loro guida, due temi che devono risvegliare un’attenzione più seria della politica e del sistema bancario. Tematiche in cui i protezionisti nostrani sfoderano tutta la loro ignoranza. Fca ha giocato d’anticipo, ora è importante rimanere nella scia delle grandi strategie di alleanze e fusioni internazionali per completare la fase di affrancamento dal rischio di marginalità che ha corso per troppi anni il gruppo Fiat.

 

Nel mondo le aziende che hanno quasi esclusivamente di utilitarie e in un mercato di riferimento prevalentemente nazionale, hanno tutte chiuso i battenti e sono state assorbite.

Da sempre abbiamo chiesto di attestare le produzioni su fasce di prodotto Premium  (ovvero i diversi segmenti di auto di valore maggiore) che consentissero di puntare non solo sui volumi, ma anche su produzioni il cui ricavato fosse utile a investimenti in tecnologie.

 

La politica e l’informazione italiana, non vede l’ora di dire che “l’aveva detto”, speaker di un mondo che non vede l’ora di perdere e sogna qualche inciampo per Fca. Un sindacalista e un politico tedesco o americano o scandinavo, si augura il successo delle aziende del proprio paese e concorre a realizzarlo, da noi non è sufficientemente cool. E’ più importante aver ragione che avere aziende produttive, occupazione e salari.

Troppi nostalgici della Fiat autoritaria (remember reparti confino) che campava di denaro pubblico, di Fiat Duna e svalutazioni competitive; che diversificava lontano dal manifatturiero (anni’90). Questa azienda è fallita tecnicamente nel 2003. L’italietta della rendita e della lira che non voleva cambiare mentre il mondo si attrezzava a combattere.

 

Per fortuna in Italia c’è anche altro, c’è un mondo sindacale che va a caccia e concorre per determinare buone notizie. Con le fabbriche chiuse, salari, partecipazione e sostenibilità non sono tematiche affrontabili. In Italia no, bisogna scegliere tra Marchionne e la Fiom. Dimenticando che la rsu Fiom firmò gli stessi accordi a Grugliasco e ora ha firmato con noi i trasferimenti da Pomigliano a Cassino. Noi abbiamo sempre scelto i lavoratori, firmando accordi che li hanno riportati a lavorare. Scelta pagata a caro prezzo, con tutti contro, violenze a aggressioni. Capire le trasformazioni nel nostro paese, viene confuso con “l’accettare un ricatto” nella narrazione di giornalisti pigri radical che non hanno mai visto una fabbrica moderna. Oggi si compete con i costruttori di tutto il mondo e con gli stessi stabilimenti di Fca, da Tichy in Polonia, a Jefferson qui a Detroit e Goiana in Brasile.

 

L’ultimo accordo aziendale in Fiat era datato 1996. Noi ne abbiamo sottoscritto uno per tutto il gruppo nel 2015, dando mediamente nel biennio ai lavoratori di Fca circa 2.779 euro, ben superiore al dato inflattivo che avrebbe attestato gli incrementi a meno di 250 euro. I lavoratori di Cassino, nel mese di febbraio, troveranno in busta paga 1.230 euro di premio. Questi sono i risultati concreti con cui ci presentiamo oggi di fronte ai lavoratori e al paese.

I dati della produzione 2016 degli stabilimenti finali di FCA raggiungono e oltrepassano quota 1 milione di vetture, considerando anche i veicoli commerciali di Sevel. Non si raggiungeva questo livello di produzione nel nostro Paese dal 2008. In 4 anni i volumi son cresciuti del 70 per cento.

 

Il dato è particolarmente positivo perché l’effetto sull’occupazione va nella direzione che auspicavamo con il completamento del piano 2014-2018. Stabilimenti come Mirafiori superano finalmente il numero di auto prodotte nel 2012, con solo 8 mesi di produzione del nuovo Suv Maserati. E questo rappresenta in maniera emblematica il cambiamento. Le auto di fascia medio alta prodotte nel 2012 rappresentavano solo il 20 per cento dei volumi, mentre nel 2016 si è sfiorato il 60 per cento dei volumi, praticamente raddoppiati rispetto al 2012. La scelta di cambiare la tipologia di auto prodotte nel nostro paese, elevandone la fascia si è dimostrata vincente sul piano delle prospettive, dell’occupazione e della redditività.

 

Negli States, la narrazione positiva dei successi di Fca, viene accompagnata agli spot, visti da oltre 100 milioni durante il Super Bowl. Mentre nello spot del 2012 Clint Eastwood diceva “siamo a metà tempo, insieme possiamo farcela e quello che possiamo fare è davanti a noi”, nel 2015 un afroamericano ricorda a tutti: “Non dimenticarti mai da dove vieni…”

Per questo ricordiamo a Marchionne che tutto cominciò Pomigliano e che fu proprio il nostro sindacato a convincerlo a restare. Pomigliano ha vinto tutto, medaglia d’oro nel Wcm. Oggi è un gioiello che ha dimostrato di poter fare altro. Se Renzi ha dimostrato scarso discernimento nel panorama sindacale, Marchionne non può fare altrettanto, sa bene cosa è accaduto in questi anni e al più presto serve una risposta che riconosca l’impegno delle ragazze e i ragazzi del Giambattista Vico. 

Chrysler, poi Fca produceva nella regione NAFTA 1,1 milioni di veicoli nel 2010, ora Fca è arrivata a 2,6 milioni. E’ l’unica azienda americana che ha mantenuto la sua quota di mercato in nord America.

E’ un primo passo, ne serviranno altri. Il mercato maggiore è la Cina (prima del mercato nord-americano) e quello che cresce di più (anche per l’affermarsi di produttori cinesi), per questo bisognerà costruire una nuova alleanza. E’ importante grazie al marchio Jeep essere passati in un anno da 40 a 142.000 vetture in Cina.

 

I commentatori italiani già parlano di spezzatino, cessione etc. non nascondendo la speranza che tutto possa saltare. Ma forse bisognerebbe parlare di merito. Le alleanze con partner europei (vedi Volkswagen) sono quelle che pagheremmo più pesantemente in termini occupazionali. Nel frattempo la tecnologia fa passi veloci e impensabili per auto elettriche e senza pilota che stravolgeranno nuovamente il mercato.

 

La ricerca di convergenza delle piattaforme riduce i costi e consente margini da investire in tecnologie. Con l’organizzazione del lavoro del World class manufacturing la nostra inchiesta dimostra più stress, ma anche un maggiore ingaggio cognitivo dei lavoratori. Alla vigilia della quarta rivoluzione industriale questa è l’indicazione ulteriore per puntare ovunque sul diritto soggettivo alla formazione e sulla partecipazione strategica dei lavoratori nella governance d’impresa. Ma soprattutto su un sindacato che costruisca network sindacali globali come quello riunito qui e costruisca accordi quadro internazionali sulle relazioni industriali nelle multinazionali e sul rispetto dei diritti fondamentali del lavoro lungo tutta la catena globale di approvvigionamento. L’alternativa è dare le nostre colpe alla globalizzazione, all’euro, terreni già occupati dai populisti. E la Uaw lo sa bene, e oggi sarà qui a Detroit proprio Trump, per fare importanti (e non tutti positivi) annunci sulla ripartenza dell’automotive, il rilancio dell’occupazione e la deregolazione del settore a partire dall’abolizione del vincolo ambientale (entro il 2025) di standard di consumo medio di 54 miglia con un gallone di benzina introdotto da Obama in accordo con i 3 grandi costruttori.

Di queste cose discutiamo a Detroit, risparmiati, almeno per una settimana, dall’ipocrisia nostrana che ancora una volta pretende di discutere di lavoro assegnando la priorità n.1 al dibattito sui voucher.

 

*Segretario generale Fim-Cisl

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