Jean Pierre Mustier, amministratore delegato di Unicredit (foto LaPresse)

Esercitazioni di guerriglia tra Unicredit e Mediobanca

Alberto Brambilla

Sull’Ospedale di Veronesi Nagel blocca l’offerta di Rocca&Rotelli, Mustier obietta. Logica di interessi vs logica di mercato

Roma. Negando la vendita dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) e del controllato istituto cardiologico Monzino rispettivamente ai gruppi Humanitas di Gianfelice Rocca e al Gruppo San Donato della famiglia Rotelli, due potenti dinastie milanesi, la banca d’affari Mediobanca è entrata per la prima volta in conflitto col suo principale azionista, Unicredit, da quando al vertice c’è Jean Pierre Mustier che avrebbe invece voluto approfondire l’offerta. La visione di Mediobanca, guidata da Alberto Nagel e da Renato Pagliaro, e quella dell’ex banchiere di Société Générale, Mustier, che ha appena portato a successo l’aumento di capitale più grande di sempre a Piazza Affari (13 miliardi di euro), si dimostrano divergenti sul dossier. Per Mediobanca lo Ieo, voluto dal luminare Umberto Veronesi, scomparso soltanto nel novembre scorso, e fondato nel 1994 grazie ai servigi di Enrico Cuccia, padre nobile della merchant bank, è capace di restare sul mercato da solo e dovrà continuare a spendere, se riesce, tutti i guadagni in ricerca e pazienti. Cuccia, si dice, avrebbe voluto così (ma nessuno sa se in realtà il banchiere, scomparso nel 2000, avrebbe potuto cambiare idea nel frattempo).

 

Mediobanca ha perciò preferito congelare lo status quo. L’Humanitas di Rocca e il San Donato dei Rotelli viceversa pensano che per essere grandi attori dell’oncologia e della cardiologia, con lo Ieo e il Monzino rispettivamente, bisogna avere una grande stazza e buona solidità per competere a livello internazionale per numero di casi, istituti di ricerca, attrazione di talenti e così via. Mediobanca ha difeso la sua posizione con un arrocco chiamando a raccolta i soci più fedeli, revival del salotto buono (tra cui Unipol Sai, Telecom, Popolare di Sondrio, Istituto Maugeri), nell’assemblea dello Ieo il 6 marzo. Inoltre ha comprato le quote della tedesca Hildeberg, che dopo l’acquisto di Italcementi intende liberarsi delle partecipazioni italiane diverse dal cementiero, e da Edison, non più interessata allo Ieo, passando dal 15 al 24 per cento con una spesa di 20 milioni di euro circa. Il risultato è che la mozione Mediobanca ha vinto in assemblea ma a un costo, non tanto pecuniario, quanto di rapporti con Unicredit. Unicredit ha votato contro la delibera di Mediobanca, di cui è primo azionista con l’8,5 per cento, presentandone un’altra che chiedeva di esplorare l’ultima offerta, più morbida di quella iniziale – considerando quindi un errore sia l’intransigenza verso l’affare sia l’utilizzo, pur esiguo, del capitale degli azionisti per realizzare l’arrocco.

 

Il nuovo corso di Mustier in Unicredit ha un approccio opportunistico agli affari, lontano dai classici costumi italiani del capitalismo di relazione. Con la ricapitalizzazione di Unicredit, Mustier ha ricevuto il sostegno soprattutto di grandi fondi anglosassoni, mentre le fondazioni azioniste Cariverona e Cassa di rispamio Torino (Crt) si sono ridotte all’irrilevanza. Il fatto che un pezzo da novanta per i vecchi assetti come Fabrizio Palenzona, espressione di Crt, si sia dimesso dalla vicepresidenza non appena concluso l’aumento – Luca di Montezemolo, altro vicepresidente, espressione del socio degli Emirati Arabi Uniti, il fondo Aabar, potrebbe seguirlo presto – fa capire che la musica è cambiata (senza i soldi dei fondi non si balla) e che viene meno una figura di mediatore nei rapporti tra Mediobanca e Unicredit. La vicenda segnala quanto l’influenza sulle questioni locali, politiche o d’affari che siano, sia tutto sommato trascurabile per Unicredit che ora ha un azionariato molto frammentato, che la costringe a ragionare con logiche di mercato per soddisfare un piano di ristrutturazione impegnativo, dopo un periodo burrascoso e di estrema criticità.

  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.