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Il rischio di finire "in barca"

Giuseppe Berta

Mi chiedo a chi si stesse rivolgendo Calenda: a quali interlocutori erano indirizzate le sue parole?

Mi chiedo a chi si stesse rivolgendo Calenda: a quali interlocutori erano indirizzate le sue parole? Il vuoto del governo Gentiloni autorizza il ministro dello Sviluppo a parlare ma propone un vastissimo programma ideale e di lungo termine che difficilmente lui o il governo di cui ora fa parte potranno sviluppare. A chi si rivolgeva? Nel Pd, al quale ha aderito di recente, non sono in molti a interessarsi di queste cose. A Confindustria? Ma esiste ancora?

 

Colgo tuttavia un elemento positivo: si torna a ragionare sulle condizioni che rendono sistemico, diciamo pure strategico, un aggregato economico che così com’è oggi è privo di relazioni funzionali che rendano concepibili in modo unitario le sue varie componenti, ossia l’industria classica, le piccole e medie imprese, le imprese innovative ecc.. Il problema è ridare compattezza a questo sistema pulviscolare nella sua sostanza perché al momento ognuno fa da solo quello che ritiene necessario per stare a galla. Serve – è vero – un principio di coerenza per un sistema economico. Però, proprio in virtù dell’enunciazione di questo principio, balza subito all’occhio una omissione del ministro: non può esserci coerenza sistemica se non si sa cosa fare del sistema bancario. C’è dunque un disegno per il Monte dei Paschi ricapitalizzato dallo stato? Ovvio, Calenda non si sovrappone a un altro dicastero, quello di Padoan, ma anche lì bisogna trovare un modello coerente, con chiare direttrici per un sistema bancario che – anche con i suoi campioni Intesa e Unicredit – non sa bene che cosa fare di se stesso. In generale Calenda sembra suggerire la necessità di una regia politica per dare coerenza al rafforzamento della coesione economica nazionale: è un programma di lungo termine, vastissimo. E certo, Calenda ha voluto investire nell’Industria 4.0 – qualcosa di concreto – ma con la suggestione di una politica come deus ex machina della riorganizzazione dell’economia vola alto e non sembra trovare interlocutori. Le sue parole possono fare effetto in un dibattito ma sembrano un po’ come le pensose analisi di Fabrizio Barca, coi suoi raffinati ragionamenti sul Pd e sulla politica: alla lunga e  – ripeto – senza interlocutori chiari e soprattutto ricettivi rischiano di restare ragionamenti poco più che accademici.

 

Giuseppe Berta – Università Bocconi e autore di “Che fine ha fatto il capitalismo italiano?”, il Mulino, 2016)

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