Confindustria - Vincenzo Boccia in conferenza stampa (foto LaPresse)

La missione di Confindustria

Redazione
“Definire quale industria del futuro vogliamo” è un refuso dirigista.

Il presidente della Confindustria, Vincenzo Boccia, nel fine settimana ha chiesto al governo di dare “una linea di politica economica che determini anche quale industria del futuro vogliamo definire”. Un errore blu all’interno di considerazioni invece generalmente condivisibili del tipo di quelle fatte sulla legge di Stabilità in arrivo: l’esecutivo in questo caso, ha detto infatti lo stesso Boccia, dovrebbe operare “scelte selettive”, senza avallare alcun “assalto alla diligenza”, puntando con decisione “sulla produttività e sugli investimenti privati” per rafforzare un percorso di “crescita”. Auspichiamo che quello di Boccia sulla definizione a tavolino di “quale industria del futuro vogliamo” sia stato dunque un lapsus, e non il solito encomio della politica industriale vecchio stile. Quella in base alla quale, per utilizzare il titolo dell’ultimo prezioso libro di Franco Debenedetti, al governo – magari in tandem con la Confindustria – tocca “scegliere i vincitori e salvare i perdenti” del mercato.

 

Una politica industriale di tal fatta non funzionò con i piani quinquennali di sovietica memoria, né con la nostra incentivazione pubblica più soft degli anni 70 del secolo scorso. Meglio non tentare una replica nell’anno di grazia 2016. Boccia, piuttosto, potrebbe avviare una riflessione pubblica sulle defezioni che sono avvenute a Via dell’Astronomia (da ultimo il comparto della nautica che ha annunciato la sua presenza al Salone di Cannes e non a quello di Genova) e sulle condizioni necessarie ai suoi associati per tornare a investire con forza in questo paese. Sono punti su cui troverà convergenze anche più ampie rispetto alle sole forze della Confindustria.