Matteo Renzi durante l'assemblea di Confindustria a Brescia nel novembre del 2014 (foto LaPresse)

Io, il governo, il lavoro. Ci scrive Boccia, candidato alla guida di Confindustria

Vincenzo Boccia
Perché le imprese devono aiutare Renzi sulla produttività. "Usare la concorrenza come leva per far crescere le nostre aziende e renderle sempre più forti sui mercati internazionali". Consigli dell'imprenditore che punta a sostituire Squinzi.

Al direttore – Ho letto il suo editoriale di qualche giorno fa e sono d’accordo con lei: aumentare la produttività dei fattori è la chiave di volta per rendere le nostre imprese e il nostro paese più competitivi. Per anni la svalutazione monetaria è stata utilizzata per competere. Quella leva oggi non è più disponibile. Per questo dobbiamo porci due obiettivi: assicurare alle nostre imprese parità di condizioni di competizione rispetto ai concorrenti stranieri; puntare a sviluppare prodotti e servizi sempre più innovativi. In altre parole: usare la concorrenza come leva per far crescere le nostre imprese e renderle sempre più forti sui mercati internazionali. Per farlo bisogna agire sui fattori di contesto: burocrazia, giustizia, assetti istituzionali, carico fiscale, mercato del lavoro, costo dell’energia, e sui driver di sviluppo: infrastrutture, innovazione, tecnologie digitali. Nel nostro paese abbiamo bisogno di politiche dei fattori (di competitività) e non dei settori. Abbiamo bisogno di concorrenza e non di intervento pubblico. Deve essere il mercato a selezionare le imprese e non la politica i settori chiave. La leva fiscale in questo è un elemento centrale e va utilizzata per orientare le scelte verso obiettivi efficienti. A partire dalla produttività del lavoro.

 

Negli ultimi 15 anni il costo del lavoro per unità di prodotto in Italia é aumentato di 30 punti percentuali rispetto alla Germania. Questo vuol dire che, a parità di moneta e senza l’opzione della svalutazione, il paese forte, la Germania, ha svalutato a danno del paese debole, l’Italia. Continuare ad allargare questa forbice significa portare alla paralisi il sistema industriale italiano. La produttività diventa quindi la grande sfida per il futuro delle nostre imprese. Con il Jobs Act il governo ha aperto la strada al superamento del mercato del lavoro rigido. Spetta a noi ora la grande responsabilità di completare la riforma con un assetto di relazioni industriali adeguato alle opportunità che abbiamo di fronte. Il cuore della questione è chiaro: dobbiamo fare del livello aziendale l'unico secondo livello di contrattazione in cui si scambia salario/produttività e flessibilità, distribuendo la ricchezza là dove la si crea, con facoltà di derogare al contratto nazionale. Dobbiamo ripartire dagli accordi del 28 giugno 2011 e del 31 maggio 2013.  E corresponsabilmente costruire le condizioni per essere parte di un grande progetto Paese, rendendo le nostre fabbriche più competitive, consapevoli che alla logica del conflitto interno alla fabbrica, dobbiamo sostituire quella della competizione fuori dalla fabbrica e sui mercati internazionali. Solo così contribuiremo a scrivere una grande e, soprattutto, nuova pagina di politica economica e realizzare un circolo virtuoso: le imprese più produttive saranno quelle più competitive, in grado di aumentare le loro quote di mercato all'estero incrementando le vendite di beni e servizi nel mondo. Alla maggiore produttività corrisponderà un incremento dei salari, alla crescita delle imprese sui mercati un aumento dell'occupazione. Più salari e più occupazione faranno più domanda interna. In questo disegno la leva fiscale, come dicevo, diventa uno strumento chiave per indirizzare e assecondare il circolo virtuoso. Il meccanismo sarà, infatti, tanto più efficace, quanto più deciso sarà l’intervento fiscale. Una completa detassazione e decontribuzione dei premi di produzione, senza tetti né di salari e né di premi, sarà infatti determinante nell’orientare le scelte di imprese e lavoratori, spingendoli verso la contrattazione aziendale. E’ una scommessa per il paese e per noi imprenditori che vogliamo davvero cambiarlo. Per un'industria capital intensive e ad alto valore aggiunto, precondizione determinante per la forza economica del nostro Paese.

 

 

Vincenzo Boccia, imprenditore, candidato alla presidenza di Confindustria