Vincenzo Boccia (foto LaPresse)

La battaglia dentro Confindustria minaccia l'autosufficienza del leader Boccia

Alberto Brambilla
Il neopresidente degli industriali vuole allinearsi alla visione politico-economica di Renzi. Ma rischia di perdere consensi

Roma. Il neopresidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, vuole sintonizzarsi con la visione politico-economica del governo Renzi ma rischia di perdere aderenza con una parte rilevante dell’associazione  uscita sconfitta dalla contesa per la successione a Giorgio Squinzi e che sta animando una fronda interna difficile da contenere. Quando, a fine marzo, Boccia è stato designato per guidare Confindustria dal Consiglio generale, dove sono rappresentati i pesi massimi, con il 52 per cento dei consensi, alcuni esponenti della corrente avversaria alla sua che avevano cavalcato la candidatura di Alberto Vacchi, battuto per nove voti (91 a 100), segnalavano una “frattura interna” capace di minacciare la proverbiale “unità” dei confindustriali. Boccia, ad della società tipografica di famiglia, la Boccia Arti Grafiche di Salerno, è stato sostenuto dalla stessa maggioranza, dalla mentalità affine al centrosinistra, che nel 2012 elesse Squinzi con l’appoggio determinante delle aziende a partecipazione statale. Attorno a Vacchi, erede della multinazionale meccatronica Ima di Bologna, s’è invece coagulata la corrente, più affine al centrodestra anche se bizzarramente affine anche al mondo landiniano, composta da alcuni capitalisti privati che appoggiarono Alberto Bombassei, capo di Brembo, uscendo sconfitti.

 

Le intenzioni manifestate pubblicamente da entrambe le correnti a “restare uniti” e a “collaborare serenamente” hanno avuto pochi riscontri. Gli incarichi assegnati da Boccia per la squadra di presidenza a persone di fiducia – a quanto risulta, non del tutto condivisi da Squinzi – senza concessioni sostanziali alla parte sconfitta (Maurizio Stirpe, vicepresidente con delega al lavoro e alle relazioni industriali, non appoggiava Boccia ma si è comunque allontanato da Vacchi) hanno esacerbato le rivalità nel periodo intercorso tra la designazione e l’incoronazione ufficiale avvenuta mercoledì. Boccia è stato eletto presidente dall’assemblea privata – che rappresenta i circa 150 mila imprenditori associati e ha il compito di ratificare l’indicazione del Consiglio generale – con alcune manifestazioni di dissenso e ha ricevuto la percentuale di consensi più bassa nella storia di Confindustria, nata nel 1910, pari al 66,7 per cento dei voti (914 a favore su 1.369 presenti con 132 contrari e 305 schede bianche). Confindustria dichiara l’87 per cento, ma considera non valide le schede bianche che invece indicano dissenso. Gli ex presidenti Luca di Montezemolo, ora sponsor di Vacchi, ed Emma Marcegaglia, ora sponsor di Boccia, ottennero percentuali “bulgare” nel 2004 e nel 2008. Si sono astenute anche associazioni settentrionali dove albergano imprese del mediumtech, le cosiddette multinazionali tascabili, che stanno introducendo tecnologie di produzione avanzate dell’industria 4.0.

 

Alcune sono l’Emilia Romagna, Pordenone, Padova, Treviso e in Lombardia con Assolombarda, l’associazione dal maggiore peso specifico, a capeggiare i frondisti. Gianfelice Rocca, sponsor di Vacchi, plenipotenziario di Assolombarda, presidente del gruppo italo-argentino Techint, parlando al Corriere aveva lamentato che le “imprese che innovano in giro per il mondo” sono “sottorappresentate” aggiungendo che, in ragione di tale frustrazione, “un’adesione a Confindustria non è mai per sempre, le imprese possono lasciare quando vogliono”. Vacchi, che pareva intenzionato a concentrarsi sulla sua azienda più che sulla vita associativa, sta intanto inglobando in Unindustria Bologna – che presiede – Modena e Ferrara per realizzare la seconda territoriale più grande dopo Assolombarda con circa 3.000 aziende manifatturiere. Boccia nel discorso di insediamento di ieri non ha parlato della frattura. Tuttavia continuare a immaginare un’autosufficienza di governo può essere una leggerezza rischiosa per la sua leadership.

Di più su questi argomenti:
  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.