Prove tecniche di Brexit? Nasce la nuova super Borsa anglo-tedesca

Ugo Bertone
L'accordo tra London Stock Exchange e Deutsche Börse per una Borsa europea ha un doppio significato: assicurazione contro la Brexit e un'ipoteca sul controllo dei mercati europei da parte di Londra

Milano. David Cameron è riuscito nell’intento di allentare i vincoli europei per la Gran Bretagna. Ma si è dimenticato il London Stock Exchange, l’istituzione più gloriosa della City nata in una coffee house nel XVII secolo, ancor prima della Bank of England. In virtù delle possibili nozze con la Deutsche Boerse tedesca, la creatura più nobile della finanza dell’Impero finirà sotto il controllo degli azionisti di Francoforte, che deterranno il 54 per cento del nuovo Stock Exchange, guidati dal ceo Carsten Kengeter, manager tedesco che, per la verità, non vede l’ora di trasferirsi sulle rive del Tamigi dove ha famiglia e domicilio. La sede della nuova 'super Borsa', infatti, sarà a Londra, in omaggio alla legge di Wimbledon: non importa la nazionalità dei giocatori, il tennis che conta si gioca qui.

 

Alla faccia del Brexit. Non a caso l’annuncio delle grandi nozze tra le Borse è coinciso con l’avvio della tormentata e incerta campagna elettorale sul referendum pro o contro l’Unione Europea che, per ora, si è tradotto in robuste perdite per la sterlina, con grave imbarazzo per la finanza, per lo più filo-Ue. Vista dalla City, l’alleanza tra le Borse europee più importanti può essere interpretata come una polizza contro il rischio di una frattura con Bruxelles. Ma anche come un’ipoteca sul futuro della finanza del vecchio Continente in caso di successo delle forze europeiste. Londra, in quel caso, è destinata a consolidare in maniera decisiva il suo ruolo di capitale dei mercati da opporre al modello 'bancocentrico' tipico dell’Europa continentale. Sotto il peso della recessione, sono andati in crisi i sistemi bancari, ancora basati su divisioni nazionali e fortemente condizionati dalle scelte della politica locale. L’Unione bancaria europea è ancora largamente incompiuta, stressata com’è dalle tensioni tra i vari partner e dal legame, più o meno perverso, con il debito pubblico dei vari paesi. Al contrario, le banche centrali non possono più rinviare l’appuntamento con la securitization, ovvero il collocamento sui mercati di titoli di debito, sofferenze, incagli o altre eredità della stagione più difficile del credito del dopoguerra.

 

[**Video_box_2**]Di qui la necessità di mercati dalle spalle robuste, in grado di fiutare i buoni affari e quindi di offrire il miglior accesso al finanziamento delle nuove imprese. Come la nuova Borsa che nascerà dall’incrocio tra le ambizioni di Londra e di Francoforte. La Germania era già stata stoppata nel 2012 dalla Commissione europea, quando stava per convolare a nozze con il Nyse Euronext, combinazione nociva alla concorrenza secondo l’euroburocrazia. Difficile che stavolta lo stop si ripeta. Un po’ perché le due Borse hanno specializzazioni diverse: più forte Londra negli swaps e nella creazione di indici, più forte Francoforte nella clearing house (o stanza di compensazione) e nel settore futures. Molto perché la finanza europea, a partire dalla Bce, ha un drammatico bisogno di mercati su cui far scorrere la liquidità che si perde nei rivoli dei sistemi bancari rigidi, refrattari anche alle enormi iniezioni di liquidità dell’ultimo anno. Strutture cresciute nel solco del rischio e dell’appeal speculativo, assai diverse dalle Borse nazionali che dovevano confluire in un ordinato sistema europeo, lubrificato dalla moneta unica, agli ordini di autorità solerti e capaci di gestire i flussi dei capitali di rischio con l’efficienza della super burocrazia. Era il sogno di Tomaso Padoa Schioppa, che invano si batté per creare una grande Borsa continentale secondo i canoni di Bruxelles. Ma, per fortuna, non è andata così.