Uber fa Uber, razzia di talenti per costruire un taxi senza pilota

Eugenio Cau
A febbraio Uber e l’Università privata di Carnegie Mellon, a Pittsburgh, hanno annunciato un accordo. Ma a quattro mesi dall’accordo a Carnegie Mellon nessuno ha visto i finanziamenti e le borse di studio promessi.

Roma. A febbraio Uber e l’Università privata di Carnegie Mellon, a Pittsburgh, hanno annunciato un accordo per la creazione di automobili che si guidano senza autista. Sarà una “partnership strategica”, dissero tutti orgogliosi i dirigenti della Carnegie il giorno dell’annuncio, una situazione win-win per entrambi i contraenti e uno schiaffo a Google, che in quei giorni presentava dei prototipi (abbastanza) funzionanti di macchine che si guidano da sole e faceva trapelare ipotesi di un suo lancio nel mondo dei taxi. Uber, la compagnia di macchine con autista rintracciabili attraverso app, era in ritardo tecnologico, ma il ceo Travis Kalanick desiderava le macchine senza autista per contrastare Google e per aprire un nuovo capitolo della sua crociata di disruption (dopo aver rottamato i taxi, Kalanick non ha mai nascosto di voler rottamare i suoi stessi autisti). Così l’accordo sembrava perfetto per entrambi i contraenti: Kalanick otteneva il know-how di uno dei maggiori dipartimenti di robotica e ingegneria americani, Carnegie Mellon una fettina delle decine di miliardi di dollari (quaranta, secondo l’ultima stima) a cui è quotata la start-up più ricca del mondo. Ma a quattro mesi dall’accordo a Carnegie Mellon nessuno ha visto i finanziamenti e le borse di studio promessi, nessun progetto di collaborazione è ancora iniziato, e l’Università è in crisi. Perché per Kalanick la disruption viene prima di tutto,  e una volta messo piede dentro al campus Uber ha sottratto alla Carnegie tutti i suoi migliori ingegneri, con la promessa di compensi moltiplicati e lauti bonus.

 

Scrive il Wall Street Journal che da febbraio a oggi Uber ha assunto sei tra i principali ricercatori 34 ingegneri del Nrec, il il Centro nazionale per l’ingegneria robotica di Carnegie Mellon. Sono quasi la metà dei 100 ingegneri e scienziati che vi lavoravano in precedenza, e la perdita di talenti per Carnegie è ancora più grave perché sono passati con Uber il direttore e i capi dei maggiori programmi di ricerca. Il Nrec è un centro che si autofinanzia grazie a progetti per committenti pubblici e privati (principali clienti: il Pentagono, General Motors e Caterpillar), ma dopo il “raid” di Uber le prospettive di ricavo per quest’anno si sono ridotte da 30 a 17 milioni di dollari: senza gli scienziati, molti contratti sono sfumati. Uber ancora non ha attivato nessun progetto con Carnegie, ma ha iniziato la costruzione di un gigantesco centro di ricerca a poca distanza dal campus. Il suo direttore sarà John Bares, che è stato a capo del Nrec fino al 2010 e ha guidato il raid di Uber dentro a Carnegie Mellon.

 

[**Video_box_2**]Fino a qui quella di Carnegie Mellon sembra la storia di una compagnia privata che fa razzia della buona ricerca universitaria, e Uber, che non ha mai avuto scrupoli nell’usare pratiche commerciali poco ortodosse, dal sabotaggio dei concorrenti a un uso spregiudicato dei dati di chi usa la sua app, è il cattivo perfetto per una trama di tradimenti e pirateria. Ma la storia cambia quando si scopre che a Carnegie Mellon hanno già ricominciato ad assumere nuovi talenti, e che i dirigenti dell’Università continuano a dirsi orgogliosi e soddisfatti che Uber abbia scelto Carnegie e non “quelli di Boston”, il Mit. Il fatto è che in un sistema che funziona la dialettica tra ricerca universitaria e capitale privato prevede questo tipo di passaggi, le università di solito lavorano a progetti che il business non ha interesse immediato a sviluppare, e che quando diventano lucrosi, come le automobili senza autista, passano di mano. Inoltre, niente più del “furto di talenti” di Uber ha consacrato Carnegie come uno dei migliori centri di robotica del mondo, e se adesso il Nrec è in crisi, presto professori e studenti faranno a gara per essere associati al suo nome. Così in questa storia di razzie liberiste la città di Pittsburgh diventerà un centro di sviluppo tecnologico, i ricercatori assunti da Uber si godranno i nuovi stipendi e a Carnegie Mellon, che sta già superando la crisi, i raid del terribile Kalanick non faranno poi così male.

Di più su questi argomenti:
  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.