Foto di Gregorio Borgia, via LaPresse 

DI COSA PARLARE STASERA A CENA

Dopo la vittoria, per Giorgia Meloni ora è tempo di scelte

Giuseppe De Filippi

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Ci sono gli spagnoli di Vox e poi i lepenisti francesi e Viktor Orbàn a complimentarsi subito e con slancio con Giorgia Meloni. Per lei qualche scelta in vista. Saranno le prime decisioni a dare il segno di tutto il periodo politico che ora sta avviando. Dalla sua ha il vantaggio di non avere un’agenda chiaramente definita, il mandato elettorale che riceve è in gran parte in bianco. La sua credibilità personale, evidentemente ritenuta molto alta dagli elettori e ben costruita dalla sua comunicazione, ne fa una leader politica investita direttamente dalla fiducia popolare al buio dei programmi e degli obiettivi politici, e non potremmo considerare tali certamente le uscite estemporanee, da campagna elettorale, su fisco, lavoro, diritti civili.

 

Mentre da quello che si è capito almeno l’inizio della sua attività di governo potrebbe essere improntato alla correzione di alcuni evidenti errori dei governi precedenti, come le assurde ingiustizie fiscali causate dai bonus edilizi, la creazione di posizioni opportunistiche per il reddito di cittadinanza, le storture nel trattamento fiscale del lavoro dipendente. Ora può scegliere e deve scegliere. Non le mancano buoni e cattivi consiglieri. Non stiamo certo qui a dare consigli ma un piccolo monito si può provare, anche tanto per parlarne a cena.

 

Non faccia come il suo predecessore nel ruolo di favorito dello schieramento di centrodestra, quel Matteo Salvini pronto sempre e comunque a seguire le tesi messe ai margini della riflessione politica e a gettarsi in contestazioni sterili e rabbiose purché si facesse casino. Ecco, i nemici dei vaccini, dell’euro, dei diritti individuali, tanti che Salvini si era messo a corte e aveva portato in Parlamento e tuttora ha confermato, sono sicuri portatori di ingovernabilità. Meloni è in tempo per non portarsene dietro. La fortuna ha voluto che Giulio Tremonti venisse fermato dagli elettori. Non se ne vada a cercare qualche replicante in giro.

 

Intanto è chiaro che la vittoria è dovuta alla giusta interpretazione del sistema elettorale. Colpe ne hanno tutti, ma una forte iniziativa politica per avviare in tempo le intese elettorali con i 5 stelle e con il mondo liberale e centrista, diciamo all’inizio della primavera scorsa, da parte del Pd avrebbe cambiato la scena. E forte significa forte, con tutto l’armamentario possibile dell’ulivismo e dell’inclusione politica. Il tutto impiantato su una razionale lettura della legge elettorale. Con un’autocitazione.

 

Le tre "cose" principali

Fatto #1

La Lega già non si tiene più insieme e i gruppi di base promettono rivolgimenti, ma il gruppo parlamentare nuovo, per quanto molto più piccolo, è tutto salviniano. La divergenza tra Lega parlamentare, che potremmo definire romana (c’è un po’ di ironia) e Lega nelle varie regioni del nord è pronta ad avere effetti esplosivi. Sì, c’è preso un po’ in mezzo anche il nascente governo

Fatto #2 

Il Pd farà il congresso in marzo ma sarebbe meglio dire che concluderà (forse) in marzo il congresso continuo in cui vive da mesi, con la guida di Enrico Letta continuamente sottoposta a giudizi, che sembravano appunto mozioni congressuali, mentre la stessa formazione delle liste elettorali è sembrata un vertice di correnti in qualche notte congressuale per definire i componenti della direzione. Si parla, sono vocine da social, di una sfida emiliana tra Elly Schlein e Stefano Bonaccini. Interessante, ma con un tocco di ridicolo perché sono presidente e vice presidente dell’Emilia-Romagna. È un caso, intanto, lo strambo Pd pugliese

Fatto #3

La Bce vede un futuro fosco e intende continuare con i rialzi dei tassi. Lo ha detto Christine Lagarde al parlamento europeo, in una di quelle audizioni che portano ai massimi livelli la trasparenza della politica monetaria. E ci sono stime migliorate dall’Ocse sull’economia italiana, con il 2022 in crescita del 3,4% e il mantenimento del segno più anche sul dato del 2023 (partiva da una crescita maggiore ma sembra esclusa la recessione, a meno di cambiamenti drammatici in politica economica). Ma ci sono anche le revisioni delle stime di S&P in cui invece il cammino è inverso. Il 2022 viene riportato al 3,1% dal 3,4% e il 2023 ha il segno meno. Qui, intanto, Borsa in salita e spread sereno

 

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