(foto di Ansa)

di cosa parlare stasera a cena

Di Maio è il nostro Zelensky?

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Luigi Di Maio è il nostro Zelensky (fatte le proporzioni rispetto al male cui far fronte)? Arrivato per caso, selezionato dal populismo, costruito dalla retorica anticasta e poi diventato sincero e coraggioso sostenitore della strategia europea e atlantica, non a parole ma nelle politiche quotidiane, e impegnato difensore del fronte delle libere democrazie. E diventato tale per necessità, non per scelta. Ma la necessità è una condizione che, nella politica e nel potere, è altrettanto nobile della libera volontà, forse anche più nobile, a condizione di affrontarla senza perdere la bussola morale.

 

E questo ha fatto Di Maio, cambiando idea, ripudiando spudoratamente ma con sublime arte politica il suo passato di grottesco contestatore di cose come la Tap (ora vuole raddoppiarla). Oggi con l’espulsione di 30 diplomatici russi ha preso una decisione giusta e coraggiosa e si è attirato (ricevendo solidarietà da una parte consistente della politica italiana, ma non da tutta) una nota rabbiosa e vagamente minacciosa dell’ambasciata russa a Roma e l’originale e ciò di cui parla alle Nazioni unite, tralasciando il rumore di fondo di quelli che guardano i video e li sottopongono ai loro squallidi tentativi di smentire, sminuire.

 

Le tre cose principali

 

Fatto #1

Mario Draghi non cerca di smentire, sminuire, anche quando usa il suo abituale stile antiretorico.

Fatto #2

Piano piano, tra le autocritiche dei tedeschi (“sull’energia abbiamo sbagliato tutto negli ultimi vent’anni” e quindi condannando i governi di Schroeder e Merkel) e le manovre di tutti gli altri, qualcosa si sta muovendo verso l’obiettivo del taglio del finanziamento dell’espansionismo militare russo attraverso gli introiti energetici. L’iniziativa è finalmente comunitaria, con la commissione europea in azione su singoli dossier e singoli prodotti, in modo da ridurre e poi azzerare i rapporti commerciali con la Russia nel mercato energetico. Il processo è per forza graduale. Questa volta il modo di procedere dell’Ue nella sua parte più comunitaria/federalista torna di una certa utilità. Perché lasciata ai singoli paesi l’iniziativa non arriverebbe da nessuna parte, per evidenti resistenze di gruppi di pressione, ma il cammino comunitario, con la sua lenta ma inesorabile progressione, davvero un pezzetto per volta e sempre stabilendo tutto con regole universali, può essere quello giusto. I primi due punti del pacchetto di ulteriori sanzioni proposte dalla commissione prevedono il fermo all’export di carbone russo e l’estensione ad altre 4 banche del blocco delle transazioni, la chiusura dei porti alle navi russe, il fermo al commercio di prodotti essenziali per l’industria. Di questo passo si arriva anche al resto, consentendo ai paesi più esposti, come la Germania, di organizzarsi. Poi, il gas Putin potrà venderlo tutto agli ungheresi, ma sarà difficile smaltire le scorte.

 

Fatto #3

La diplomazia parallela salviniana verso la Russia, ahi.

 

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