(foto Ansa)

Di cosa parlare stasera a cena

Il primo passo dei Dem per l'impeachment contro Trump

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Cominciamo la settimana delle nostre cene con un incoraggiante riconoscimento della capacità fondamentale di funzionare, si direbbe grazie a una spinta autonoma, della politica e più precisamente della politica incanalata nel parlamento e nelle sue regole e perciò naturalmente avviata a valorizzare i compromessi. Questa volta poi non era immediatamente chiarissimo dove il compromesso dovesse andare a parare e solo ora, per la verità spinti più dall’ottimismo indolente che ci prende a ora di cena che dalla realtà dei fatti, cominciamo a vederne i connotati e i possibili effetti del fantomatico accordo. Perché non erano e non sono neppure ben delineate le parti in causa. Poteva sembrare un Matteo Renzi contro Giuseppe Conte, ma c’era troppo lasciato in sospeso però da parte dei due pesi massimi parlamentari, il gruppo 5 stelle e quello del Pd, mentre forse al solo Leu si poteva dare il ruolo di quelle contrade che saltano un giro al Palio di Siena e si impegnano solo in qualche azione di disturbo rispetto alle rivali storiche. Gli scafati dicono che Renzi agiva un po’ anche per conto di pezzi del suo ex partito e anche di qualche non-contiano tra i grillini. Può essere, ma in ogni caso non sapremo mai chi ha giocato chi e chi ha usato chi all’interno di uno schema di quel genere. Perché Renzi aveva bisogno di qualche sponda esterna al suo gruppo parlamentare e i non-contiani nascosti avevano bisogno di far arrivare il loro messaggio. Ma, fermandosi a un passo dal vero scontro, tutte queste motivazioni di seconda fila vengono un po’ sfigurate. Restano le virtù del compromesso, che adesso va gestito con saggezza e non è un compito da poco, e ne restano soprattutto gli effetti. Perché con l’approvazione in Consiglio dei ministri dello schema generale di recovery plan italiano e l’avvio del confronto parlamentare si stabilizza l’azione di governo, si dà respiro alla maggioranza, si prepara, e chi ci avrebbe scommesso un centesimo all’indomani delle elezioni del 2018, una stagione di impegno riformistico sostanzialmente obbligata dall’adesione al grande piano europeo di ricostruzione. Qui a cena, finita o quasi la giornata, si può ragionare in modo un po’ disteso, lasciando da parte i propositi battaglieri o la fiducia nei proclami e perfino nei programmi. E ci si può cullare con piacere nell’idea che le realizzazioni politiche (qui le chiamiamo riforme per abitudine giornalistica, ma insomma ci siamo capiti) procedano più grazie al clima, alle condizioni generali, in cui ci si viene a trovare, che grazie all’impegno indefettibile di leader e attivisti. E allora il merito delle forze compromissorie (quelle messe in moto, va riconosciuto, da Renzi con la mossa del cavallo estiva con cui svelò l’autocomplotto del complottista Matteo Salvini) è quello di aver creato il campo in cui potessero agire le forze della politica europea e, nella contingenza terribile della pandemia, le forze della buona e prudente politica nazionale e la risposta all’emergenza italiana e mondiale. Insomma, comunque domani c’è Consiglio dei ministri, arriva il plan e poi, compromettendosi, si vedrà che fare più avanti

 

Le tre "cose" principali 

Fatto #1 

Che succede con la crisi? Iv continua a consumare espressioni per dire che si è giunti alla fine di qualcosa (dal capolinea alle ultime battute, dal sipario al tramonto) e affida il compito di questa ripetitiva incombenza alla ministra Teresa Bellanova. Mentre Gennaro Migliore si rifugia in una posizione meno politicamente caratterizzata e più vicina al filone (dotato di grande tradizione mediatica) della lotta agli sprechi. Un super classico della pubblicistica italiana, sia nella versione hard in cui si prendono in considerazione interi aggregati di spesa pubblica (ad esempio tutti i trasferimenti al Mezzogiorno o a Roma Capitale o alle regioni a statuto speciale) sia nella versione micro, con specialisti nel prezzo di singoli prodotti, dalla cancelleria ai presidi medici, e tanto, tantissimo, colore. 

 

Fatto #2 

Decreto in arrivo con nuovi aiuti soprattutto per commercio e servizi (non bastano mai, ma va riconosciuto l’ulteriore sforzo a valere sulle casse pubbliche, e forse per i tempi di arrivo dei soldi si può ulteriormente accelerare perché, purtroppo, ormai ci si conosce bene e le agenzie statali sanno a chi vanno fatti i bonifici) e discussione in corso sui temi generali del fisco. Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate, sa di avere la possibilità di sostenere, dalla sua posizione tecnica, la riforma del fisco di cui l’Italia avrebbe bisogno. E chiede al Parlamento di lavorare per scrostare soprattutto dalle tasse sul reddito tante eccezioni e tante specificità che si sono accumulate negli anni, per rendere anche tutto l’impianto fiscale più comprensibile ai contribuenti. Può portare, intanto, buoni risultati nella riduzione del monte totale di evasione. E la Banca d’Italia, ascoltata oggi in parlamento, batte nuovamente sul tasto classico, chiedendo di ridurre le imposte sul lavoro prendendo qualcosa in più dalla proprietà immobiliare (ma sul tema in Italia c’è un tabù culturale e anche qualche serio problema legato alla struttura della ricchezza patrimoniale nazionale). 

 

Fatto #3 

 

La scelta di Joe Biden per la guida della Cia è un altro segno di continuità con alcuni aspetti dell’amministrazione di Barack Obama e soprattutto è un riconoscimento del ruolo da affidare nuovamente alla principale e più attrezzata organizzazione degli Stati Uniti per intervenire negli equilibri mondiali dopo gli anni di distacco e perfino di disprezzo subiti dall’ufficio di intelligence da parte di Donald Trump. La scelta è andata su William Burns, diplomatico di grande esperienza, conoscitore del Medio Oriente, negoziatore per Obama con l’Iran. 

 

Oggi in pillole 

- Arriva il passo formale per l’impeachment.

- Si parla di terza ondata in atto, i numeri restano brutti ma non mostrano peggioramenti (e questo comincia ad essere importante, guardando al calendario). Un occhio anche alle vaccinazioni, mentre sono arrivate altre dosi di Pfizer, compensando i ritardi di due giorni fa, e le prime di Moderna.

- Non è un impeachment come quello che può colpire il presidente ma è pur sempre un procedimento che può portare alla rimozione da un incarico. Sarebbe una specie di rimozione dall’avvocatura e potrebbe toccare ai senatori repubblicani che si sono battuti, con argomenti notoriamente basati sulle false affermazioni di Trump, per invalidare il risultato delle elezioni presidenziali.

- L’associazione americana dei giocatori professionisti di golf ha deciso di non far più giocare la principale gara di sua diretta competenza, il Pga Championship, in un campo di proprietà di Donald Trump. E anche l’autorità scozzese (e britannica) in materia, il R&A (sarebbe il comitato del club dove sono state fissate e vengono riviste periodicamente le regole del golf, che è anche comitato organizzatore dell’Open championship, la più antica gara al mondo aperta ai professionisti), ha escluso dalla rotazione per i suoi tornei il campo recentemente acquistato da Trump.

- In Turchia si mette in discussione il diritto di Facebook all’uso dei dati raccolti tra gli utenti di Whatsapp.

- Faccetta nera alla radio dall’assessore e si guarda alle dimissioni, perché non è Twitter, non basta levare l’accesso alla piattaforma ma si deve guardare anche subito alla sostanza.

- La quota per le scommesse sulla vittoria era bassina.