Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Dalle promesse di Di Maio al problema dazi. Di cosa parlare stasera a cena

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere quello che succede nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi 

Giuseppe Conte ha avuto il suo quarto d'ora di politicità, questa potete rivendervela a cena, e ora si riprende con la normale attività di governo. Ovvero quella in cui Luigi Di Maio e Matteo Salvini, tenendosi d'occhio uno con l'altro, fanno un po' di propaganda e anticipano future mosse. Oggi il gioco era più semplice per Di Maio, con la platea offerta dal Confcommercio e un tema pronto per l'uso, quello dei temuti rialzi Iva. Ovvia e notissima la contrarietà dell'associazione degli imprenditori del commercio, ribadita ovviamente dal navigatissimo Carlo Sangalli, e facile per Di Maio assumere la faccia seria e promettere che non scatteranno aumenti di aliquote. Al silenzioso ministro Giovanni Tria il compito di trovare i soldi per finanziare un'operazione da circa 12 miliardi. Possibile col deficit, certo, ma si prosciugherebbe ogni altro possibile intervento a debito, a meno di non volersi buttare subito, alla prima manovra, verso un deficit spaventoso, roba che non sarebbe consentita e non già dall'Europa ma dal Quirinale, dal mercato dei titoli, dalle logiche e priorità della politica economica.

 

Tipicamente però quando Di Maio parla di questioni che riguardano altri ministeri o l'intero governo, come appunto gli aumenti Iva (che attengono alla politica fiscale) è molto netto e deciso, mentre quando viene interpellato su questioni per le quali ha piena competenza ministeriale, come il futuro dell'Ilva, ecco che diventa fumoso, generico, difensivo, si tiene sul vago, rimanda a decisioni future da prendere lontano dai riflettori e, in modo rivelatorio, dice che si tratta di decisioni da prendere "non davanti alle telecamere, non facendoci un'intervista, perché sono dossier aperti da trattare con senso di responsabilità senza farci campagna elettorale sopra". Appunto, per le cose altrui o per sparare scemate propagandistiche vanno bene le interviste e la campagna elettorale, per il resto invece no. Parlatene a cena, potrebbe essere una conversazione interessante. 

  

Si comincia con i dazi e non ci si ferma più, ad aumento corrisponde contro-aumento. Il tema può anche essere usato a cena, sia come analogia (in quanti casi a dispetto corrisponde contro-dispetto e poi la situazione sfugge di mano), sia per la vicenda in sé. Con qualche effetto un po' comico, almeno visto da lontano, come le scaramucce commerciali tra USA e Canada con Donald Trump che ricorda la guerra tra Stati Uniti e Canada del 1812 mentre si prepara a incontrare il premier canadese Justin Trudeau e gli altri leader mondiali (vabbè c'è anche Conte, speriamo con appunti) al G7. E poi per le conseguenze in Europa, con Putin che già ricama e dice agli europeo una specie di "siamo sulla stessa barca", paragonando i dazi americani alle sanzioni subìte dalla Russia. In italia confusione sovrana, o meglio sovranista, perché chiaramente contrastare un sovranismo vero e cattivello con quello nostro debole e insensato non è operazione semplice. Mentre la prima parte della guerra commerciale, quella che aveva visto lo scontro tra cinesi e americani, volge verso soluzioni pragmatiche e si salva anche l'azienda che era diventata il simbolo dei guai prodotti dai dazi, ma sulla vicenda si litiga tra democratici e repubblicani.

 

Intanto Amazon ha acquisito i diritti di trasmissione di 20 partite della Premier League. A cena parlate di cosa può cambiare nel mondo del calcio. Sempre se cambierà davvero qualcosa.