Luigi Di Maio (foto LaPresse)

La trattativa per la presidenza della Camera e la battaglia di Afrin. Di cosa parlare a cena

Giuseppe De Filippi

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Qualcuno vi chiederà: e le presidenze delle camere? E beh, al grande gioco ora sono attivi Di Maio e Salvini, mentre Forza Italia soffre sul nome di Giulia Bongiorno. Ma attenzione, Berlusconi dà il suo meglio nello schema in cui è opposto al presidente di turno di una delle due camere, specialmente quando il o la presidente è di provenienza politica non lontana da Forza Italia, quindi, dovendone parlare a cena, prepararsi con qualche excursus storico parlamentare. Di Maio insiste invece in modo petulante sull'obiettivo legato alla conquista della presidenza della Camera, ovvero quello che lui chiama abolizione dei vitalizi. Ovviamente tutti sanno che per gli attuali parlamentari, entranti in questa settimana, i vitalizi vecchio stile non esisteranno, ma si avrà una pensione contributiva ai 65 anni di età. Per quelli del passato, già concessi, si tratta di previsione di legge, maturata in anni di pieno consenso e con fondamento nei princìpi democratici di base, e perciò difficilmente modificabile, visto l'argomento. Un consiglio spiritoso a Di Maio potrebbe essere quello di preoccuparsi di conquistare non tanto Montecitorio quanto la Corte costituzionale e vari altri alti uffici, tra cui da non escludere la corte di giustizia europea. Intanto qualcuno butta lì perfino l'idea che a prendere le due presidenze siano proprio loro, i due capidelegazione, una specie di trattativa per conto proprio (non sembra troppo credibile, ma, come si diceva una volta, è un'idea come un'altra). 

  

Tutto molto semplice si fanno le presidenze, si fanno i governi. Intanto però il fondo BlackRock, assai pesante sui mercati finanziari, senza farla troppo lunga spiega agli investitori che i titoli del debito italiano è meglio lasciarli stare. Per una ragione molto banale, senza retroscena né chissà che insider: basta guardare alla mappa delle forze politiche uscita dalle urne. I guai grossi cominciano sempre così e nei conversari a cena qualcuno vi chiederà consigli per mettere i soldi al sicuro o almeno cercherà di carpire qualche buona idea.

  

Per italianizzare un po' di più la vicenda di Cambridge Analytica (che altrimenti di suo finirebbe a somigliare a un big data obamiano solo un po' più spigliatamente grezzo) ecco le novità sui metodi già resi noti, e celebrati come ottimo giornalismo d'inchiesta, dai ragazzi di Fanpage. Intanto però a continuare a vedersela male è Facebook, che sembra sempre più tirato in una vicenda da cui sarebbe rimasto ovviamente molto volentieri fuori. Sembra quasi che Marc Zuckerberg abbia consegnato ingenuamente la possibilità di influire su giganteschi orientamenti di opinione, come se dicesse che lui ha creato solo la piattaforma e poi non è colpa sua se qualcuno ne fa uso distorto.

 

Un sito un po' nerd usa espressioni volgarotte ma efficaci per la convocazione di Zuck alla Camera dei Comuni.

 

In Italia il grande ripensamento avviato sulla pervasività della rete e di chi sa usarla sta diventando anche occasione per contestazioni politiche, il Partito democratico prova a puntare l'attenzione sulle attività di Davide Casaleggio e Christian Rocca ci mette il carico (ma tanto poi tutti appelleggiano in favore dei 5 stelle):

 


  

Vabbè su, vuol dire solo che non può venderla finché non si chiude questa vicenda giudiziaria. Notazione per i giornalisti: se fosse un altro quella non sarebbe una casa di campagna ma "Villa Ingroia", un lussuoso resort con piante esotiche magari una piscina e chissà di che forma: 

 


  

Complimentarsi con Putin è difficile, qui in Italia c'è l'entusiasmo assoluto di Salvini e lo sappiamo ma altrove il problema si pone. Ovvio che si debba, come si fa con qualunque paese, ma qualcuno trova che a Juncker, scrivente a nome della Commissione europea, sia scappata qualche parola di troppo e soprattutto accenni a equilibri cooperativi che rimandano ai rapporti con l'Urss. Il giovane Raphael Glucksmann, battagliero intellettuale figlio di battagliero intellettuale, lo bacchetta di brutto:

 


  

Afrin, i curdi abbandonati, i turchi che spadroneggiano, la brutta e vergognosa storia su cui anche a cena bisognerebbe provare a ragionare. Dare colpe alla rinfusa, o anche con buona mira, serve a poco. Alla fine la colpevolizzazione è una strategia che si affianca al disinteresse. Più utile tentare di capire come si sia arrivati a questa situazione e quali siano i margini di cambiamento: