Ansa
Editoriali
Il cortocircuito Barbero. Contro i testi della casa editrice neofascista ma a favore del dialogo su Putin
Difendere il regime che ha bombardato l’Etiopia e ha ucciso Matteotti è illegale; difendere il regime che sta bombardando l’Ucraina e ha fatto morire Navalny, invece, no. Il problema è che su questo punto Passaggio al Bosco sembra essere pienamente d’accordo con D’Orsi e Barbero
Nel testo dell’appello con cui un gruppo di intellettuali chiedeva l’esclusione della casa editrice Passaggio al Bosco dalla fiera “Più Libri Più Liberi”, si sosteneva che il suo catalogo si baserebbe in larga parte “sull’esaltazione di esperienze e figure fondanti del pantheon nazifascista e antisemita”. Per questo, gli autori dell’appello invitavano ad “aprire una riflessione sull’opportunità della presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e valori democratici”. Tra i firmatari compariva anche lo storico Alessandro Barbero. Dall’altra parte, lo storico Angelo d’Orsi ha protestato per la decisione dei Salesiani di annullare la concessione del Teatro Grande Valdocco, a Torino, all’evento pro Russia intitolato “Democrazia in tempo di guerra. Disciplinare la cultura e la scienza, censurare l’informazione”, nel quale avrebbe dovuto dialogare proprio con Barbero.
Nel suo testo di protesta, D’Orsi parla di “limitazione degli spazi di libertà nel paese” e di una “deriva politica e culturale di una democrazia ormai palesemente illiberale, a dispetto della facciata”. Ora, c’è una logica nel chiedere la censura per altri e protestare per la censura subita? Paradossalmente, sì. L’ordinamento italiano, a differenza di quello tedesco, non vieta l’autoritarismo in quanto tale, ma solo se porta l’etichetta del fascismo. Perciò, difendere il regime che ha bombardato l’Etiopia e ha ucciso Matteotti sarebbe illegale; difendere il regime che sta bombardando l’Ucraina e ha fatto morire Navalny, invece, no. Il problema è che su questo punto Passaggio al Bosco sembra essere pienamente d’accordo con D’Orsi e Barbero. Nel catalogo della casa editrice compare, per esempio, “Donbass. Una guerra nel cuore d’Europa”, con bandiera zarista in copertina e una postfazione di Aleksandr Dugin. E anche “Ho vissuto la resistenza palestinese. Un militante nazionalrivoluzionario con i Fedayin”, di Roger Coudroy. Insomma: c’è chi invoca la libertà, chi invoca la censura, chi denuncia quella degli altri. Tutti parecchio impegnati… e curiosamente spesso dallo stesso lato della barricata quando si parla di Mosca.
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