Ansa
“a scatola chiusa”
Le pubblicità dei libri talmente gonfie di apologetica da trattare il lettore come un imbecille
Il prodotto culturale viene proposto come un idolo “a scatola chiusa” sul quale deve sembrare impossibile avere dubbi. Ciò che è contingente e quindi variamente giudicabile, viene trasvalutato in un assoluto in cui credere a occhi chiusi
Si riesce appena a tollerare la pubblicità di un dentifricio o di una passata di pomodoro. Ma la pubblicità dei libri non firmata e non estratta da una recensione arriva a essere repellente. Perché se il recensore qua e là esagera nell’enfasi apologetica, si copre di ridicolo e rischia con il proprio nome; la pubblicità nei titoli degli articoli, data come una notizia e non come una valutazione, quando esagera fuori misura è letteralmente un’offesa a chi legge. La pubblicità è di per sé retorica che crea mitologie e invita alla fede. Il prodotto culturale viene proposto come un idolo “a scatola chiusa” sul quale deve sembrare impossibile avere dubbi. Ciò che è contingente e quindi variamente giudicabile, viene trasvalutato in un assoluto in cui credere a occhi chiusi. Solo che quegli occhi dovrebbero essere gli occhi del discernimento, gli occhi di un lettore di libri, che invece la pubblicità tratta come un imbecille che dai libri letti non ha mai imparato niente.
Ho fra le mani l’ultimo fascicolo del Libraio, supplemento pubblicitario accluso al Venerdì di Repubblica, e vedo che in copertina compare con foto a tutta pagina il primo e maggiore idolo, Massimo Gramellini, conduttore in prima serata di un non volgare programma tv di fine settimana, intitolato “In altre parole”. Sembra uno scherzo autolesionistico, perché il conduttore tv viene proposto, “in altre parole”, come l’autore di un capolavoro letterario, di “una storia universale”. Ora, se le parole vengono usate così male e dicono una lampante bugia, il lettore malcapitato che si accinge a sfogliare il fascicolo viene preso per scemo. Chissà che cosa si vuole dire con le parole “una storia universale”, usate per definire l’“intenso romanzo autobiografico sull’amore” scritto da Gramellini e ingegnosamente intitolato “L’amore è il perché”, cioè (immagino) il perché si fa qualcosa, cioè (ancora) l’amore che crea tutte le ragioni per le quali si fanno, o si dovrebbero fare, tutte le cose che vale la pena di fare.
Se è per amore dei libri che mi metto a sfogliare il Libraio pubblicitario, un tale amore potenziale si trasforma facilmente in una curiosità diffidente. Per arrivare al perché di questo basta cominciare a sfogliare leggendo per prima cosa l’editoriale di presentazione firmato da Stefano Mauri: “Ad aprire questo ultimo numero del 2025 è Massimo Gramellini, uno degli scrittori più amati degli ultimi anni: in ‘L’amore è il perché’ intreccia memorie personali, perdite e rinascite in un viaggio che, tra Platone e i miti greci, diventa educazione sentimentale e ricerca spirituale. Un romanzo autobiografico che racconta l’oscillazione continua fra il desiderio di assoluto e la paura di farsi male, e che riconsegna all’amore la sua natura di bisogno vero e sogno profondo. Sfogliando queste pagine sembra proprio che un anno già ricco di uscite appassionanti non sia ancora finito, anzi che gli editori ci vogliano ancora stupire con tanti autori che solo a pronunciarne il nome ci procurano un caleidoscopio di emozioni”. Già queste poche righe brulicano di formule gonfie di aria. Ma da qui parte anche l’elenco “caleidoscopico” di una quindicina di autori, da Margaret Atwood ad Andrea Vitali.
Di quest’ultimo apprendo per la prima volta (mi ero distratto) che dal 1989 in poi ha ricevuto i seguenti premi: Mont Blanc, Grinzane Cavour, Bruno Gioffrè, Bancarella, Ernest Hemingway, Procida-Isola di Arturo-Elsa Morante, Campiello, Premio Internazionale di Letteratura Alda Merini, Gran Trofeo Casinò di Sanremo, Boccaccio per l’opera omnia, De Sica, Giovannino Guareschi per l’umorismo nella letteratura, Racalmare Leonardo Sciascia. Il premiato è anche autore della serie che ha per protagonista il maresciallo Ernesto Maccadò, di cui è in lavorazione la trasposizione televisiva. I suoi romanzi più recenti sono “Sua eccellenza perde un pezzo” e “Il sistema Vivacchia”. Non sto scherzando, ho solo consultato la scheda informativa di pagina 11 sull’autore. E non posso tralasciare il titolo della stessa pagina che ora ad Andrea Vitali è dedicata (l’interessato ne è innocente): “Arriva un nuovo protagonista del meraviglioso mondo di un grande scrittore”.
Qui mi fermo. Mi sento costretto a farlo. Mi pare che basti per capire che aria tira sia nel mondo dei libri che nel fascicolo che ho fra le mani. Per coloro che non ne avessero abbastanza, consiglio di procurarsi il Libraio provando a osservarne il linguaggio. Aggiungo solo quanto vi si dice del teologo Vito Mancuso, che si è scelta una specializzazione non da poco: Dio. “Il nuovo grande libro del filosofo più letto e amato in Italia”. Ecco, questa è una notizia. Il ramo della filosofia preferito dai lettori italiani è la teologia, come del resto ha confermato da decenni il filosofo-teologo Massimo Cacciari, che però, a differenza di Mancuso, è amato molto meno, sembra, perché non si fa capire. Il buon Mancuso, stando alla pubblicità, “prende per mano il lettore” come un bambino. Anche il supplemento il Libraio tratta i lettori come bambini a cui ripetere Evviva! Evviva! Grande! Grande! Qui regali di Natale! (Meglio il presepio). La pubblicità agli autori di bestseller serve a qualcosa? E’ come consigliare di mangiare all’ora di pranzo o di bere lo spumante a Capodanno.