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Splendori perduti
La vivacità del Cairo degli anni Quaranta e un amore travagliato. Il romanzo di Denise Pardo
Attraverso un amore impossibile nella stagione in cui il Cairo perde la sua anima cosmopolita, la scrittrice ricostruisce un mondo femminile vivace e solidale, sospeso tra libertà e oscurantismi in arrivo: un romanzo che riporta alla luce la città felice prima che il pregiudizio ne oscurasse la voce
C’è stato più di un momento, nella storia del Cairo, in cui l’amore tra un notabile egiziano e una ragazza della buona società inglese sarebbe stato una bella, splendida notizia. Ma quando Kate Lambert e Mohammed Hafez si conoscono e tra loro si accende subito il magnetismo dei sentimenti incontrollabili, il Cairo è già alle prese con quella rapida trasformazione che da lì a poco l’avrebbe portata a chiudersi e a dismettere le sue vesti di città cosmopolita e gaudente. Sono gli anni Quaranta, il re Farouk vive una vita di eccessi, fuori dalle scintillanti vie del centro la vita è difficile per gli egiziani, lo spirito anticoloniale si va consolidando e Hafez è proprio una delle figure più vicine a Gamal Abd el-Nasser, l’uomo che si sta facendo interprete di questa trasformazione: è escluso che un personaggio in vista possa sposare un’inglese, ormai gli stranieri sono considerati spie. In "Tornare al Cairo", Denise Pardo fa rivivere la stagione d’oro della città in cui è nata e che ha lasciato, ancora bambina, insieme alla sua famiglia e alla nutrita comunità ebraica da generazioni perfettamente inserita in un mondo internazionale di scambi e felici contaminazioni, come già raccontato benissimo in "La casa sul Nilo". Ma se quest’ultimo, pubblicato da NeriPozza nel 2022 e accolto con grande affetto dai lettori, segue una vicenda personale, qui l’autrice prende spunto da una storia d’amore – tema di cui c’è una misteriosa penuria sulla scena letteraria – per raccontare il percorso di una donna libera ed emancipata a cui la storia – la nascita di Israele, la crisi di Suez e via dicendo – sta mettendo i bastoni tra le ruote. Solo che questo percorso non avviene in uno spazio solo intimista e personale, ma nel contesto estremamente animato di una città in cui le mentalità si mischiano e saggezze diverse, soprattutto femminili, sorreggono e consigliano, aiutano e tendono una mano, condividono esperienze personali e secolari. Matrone levantine e fanciulle in fiore, ingessate parenti inglesi e governanti visionarie formano una gioiosa, feconda polifonia che l’autrice fa di tutto per ricreare senza dar loro i toni seppia della nostalgia, come se da qualche parte quel mondo tollerante esistesse ancora e potesse tornare. Ma nulla si può contro l’oscurantismo e contro una cultura che va distribuendo con metodo l’etichetta di “nemico”. Una delle presenze più care nella vita della ragazza è ebrea, e quando la protagonista le parla di quel nuovo sentimento di inadeguatezza che l’ha colta da quando è innamorata di un egiziano che fino al giorno prima ostentava la sua educazione britannica, lei le spiega con pazienza: “So cosa stai provando, mein libe Kate. Ti sembra di dover pagare un prezzo per la tua nascita, per la tua religione, per il tuo passaporto, fattori che non hanno niente a che vedere con la tua integrità, con quello che sei. E’ ingiusto, ma noi nasciamo con questa tara, con questo terrore. L’abbiamo nel sangue, e non possiamo farci niente. E’ il nostro destino, non possiamo farci niente”.
Il pregiudizio è quanto di più lontano ci possa essere dal Cairo pre-Nasser, mentre sono molto presenti chiacchiere, pettegolezzi, commenti, storielle, dicerie e tutto l’armamentario di una società che, mentre l’Europa veniva devastata dalla guerra, viveva una serenità all’apparenza eterna. Senza dimenticare di menzionare le spaventose disuguaglianze del paese, Pardo, giornalista per una vita, fa sì che il tema del potere sia in primo piano nel suo racconto e che la storia sia più di uno sfondo evanescente per una trama che appassiona. Perché alla fine la felicità collettiva ha un sapore dolce, il rumore di una risata, un odore speziato, ed è da rimpiangere quanto quella personale.