Tom Stoppard (LaPresse)
Terrazzo
Vita, opere e avventure di Tom Stoppard, l'ebreo cecoslovacco che diventò il re della commedia inglese
È morto sabato a 88 anni nella sua amata Inghilterra. Vincitore di innumerevoli premi e uno dei più grandi commediografi al mondo. Anche se di inglese non aveva una goccia di sangue, era nato infatti in Cecoslovacchia nel 1937
E’morto sabato a 88 anni nella sua amata Inghilterra. Tom Stoppard, il più inglese degli autori del teatro inglese, vincitore di innumerevoli premi e uno dei più grandi commediografi al mondo, di inglese non aveva una goccia di sangue. Era infatti nato Tomáš Sträussler a Zlín, Cecoslovacchia, nel 1937, un anno prima che a Monaco il mondo si convincesse che fosse una genialata dare un pezzo di quel paese a Hitler così, per placarlo (senza invitare ai negoziati il governo cecoslovacco! Ricorda qualcosa?). La sua famiglia rimasta in Europa venne sterminata dai nazisti, per niente placati, e lui bambino scappò con sua madre prima a Singapore, poi su una nave inizialmente diretta in Australia ma che fu dirottata in India. Il padre fu ucciso invece dai giapponesi, e la madre si risposò con un inglese, il maggiore Kenneth Stoppard, che darà al bambino un nuovo nome e un nuovo passaporto.
“Diventai una specie di fan dell’Inghilterra”, raccontò Stoppard. “Ma non della nazionale di calcio, proprio della nazione”. Come spesso succede, da “falso” o “fake”, si diventa più veri del vero, così Sträussler/Stoppard che non era mai stato in Gran Bretagna in vita sua, a otto anni quando vi approda “capì di aver trovato una patria e una lingua”, e diventerà un fanatico anglologo, anglista, anglofono. E in cambio avrà il supremo onore, essere fatto baronetto da Elisabetta II in persona. David Mamet, amico e omologo di teatro ma americano, e non baronetto, ha ricordato su "The Free Press" come Stoppard abbia scritto le opere più inglesi e anglofile che si possano immaginare, tra cui Rosencrantz e Guildenstern sono morti e Shakespeare in Love.
Mamet rileva poi come tutti nei coccodrilli parlino oggi di Stoppard come “ebreo non osservante”, definizione bizzarra, perché a nessuno interessa se un cattolico è osservante, un protestante osserva, un indù osserva. Perché lo si dice degli ebrei? “Come promemoria del fatto che sono inevitabilmente degli outsider. Stoppard non sembrava affatto un outsider ma – per sua stessa ammissione – sapeva di esserlo. E posso dire con fiducia che la maggioranza dei grandi drammaturghi anglofoni del tardo XX secolo erano ebrei”. Eccolo enumerare “Sidney Kingsley, Clifford Odets, Elmer Rice, Arthur Miller, Neil Simon, e includerei me stesso; e fra gli inglesi, Harold Pinter e Tom Stoppard. Tra i non ebrei troviamo Tennessee Williams, Thornton Wilder e, tra i britannici, W. Somerset Maugham, Oscar Wilde, Noël Coward e Terence Rattigan – non ebrei, ma altrettanto attrezzati alla drammaturgia per il fatto di essere gay”. Dettaglio che accomuna i gruppi artistici outsider: “La vittima designata e l’eterno potenziale reietto – l’ebreo o il gay, per citare due gruppi – deve tenere la testa sempre in movimento, le valigie pronte nell’armadio, e la sua ricchezza trasportabile che non può essere confiscata alla frontiera. Segnalo, in particolare, il talento”.
In realtà il non osservante Sträussler/Stoppard aveva scoperto la storia della sua famiglia solo alla morte della madre, veleggiando verso i 60 anni. Ma l’ebraismo della diaspora non aveva che aggiunto un ulteriore strato di fascino culturale e di vecchia Europa a quel faccione che potrebbe essere solo inglese, con quelle rughe aristopunk che stanno bene su un frac ma anche su una maglietta degli AC/DC, oppure alla caccia alla volpe. Quasi-sosia di Mick Jagger, con cui erano amici, tre mogli, l’ultima l’erede della birra Sabrina Guinness, vaste magioni e patrimoni, la sua vita è stata un romanzo di Romain Gary o una novella di Evelyn Waugh (ma del filone comico, alla “Scoop”, storia di un proprietario terriero che viene scambiato per un grande inviato e viene spedito al fronte): le sue rare interviste (primo bonus) erano sempre a tavola, ma anche metterlo con le gambe sotto il tavolo si rivelava difficoltoso. Il Financial Times nel 2009 aveva dovuto stravolgere la sua rubrica che si intitola “Lunch with the Ft”, in “Dinner with the Ft” perché lui a pranzo non poteva mai, “Sir Tom Stoppard non può incontrarmi per pranzo: ha le prove della nuova produzione londinese della sua pièce Arcadia” scrisse il giornalista. “La settimana successiva non può comunque incontrarmi per pranzo, perché non è alle prove della nuova produzione londinese di Arcadia. Tutto perfettamente logico: il pranzo spezza la giornata di uno scrittore”.
Poi quando erano riusciti a vedersi, e sedersi, a cena, ecco racconti su Stoppard che incontra e raccatta al ristorante (di nuovo, un altro ristorante) due connazionali cechi, e li fa ospitare all’hotel Cadogan, quello dove Oscar Wilde venne arrestato – e il giorno dopo il direttore chiama la segretaria di Stoppard per sapere se era tutto ok col minibar. Il conto era di 93 sterline – del 2009. “Credo non avessero mai visto un minibar prima”. Il cameriere rimane imbambolato a sentire gli aneddoti, mentre pulisce un branzino o seabass, registra laconicamente il Ft. Altri racconti, a cena con Mamet, che gli chiede a fine pasto che farà dopo, e lui borbotta con birignao inglese purissimo qualcosa come: “Torno ad Albany”, e Mamet pensa e dice, ammazza, lontano, e quell’altro gli spiega senza batter ciglio che no, lui abita all’Albany, il palazzo di fronte al ristorante, dove un tempo aveva vissuto Byron.
Oltre a non dare interviste, non ama lavorare nel cinema (secondo bonus) che invece lo brama, per la sua abilità soprattutto nei dialoghi. Un giorno si presenta Spielberg e gli chiede se vuol scrivere lui “Lo squalo”, e quello gli risponde no grazie, sono occupato con una roba della Bbc. “Ma come, io ti sto proponendo quello che sarà un successo incredibile a Hollywood e tu preferisci la tv della Bbc”. Risposta: “no, la radio della Bbc”. Spielberg lo convincerà poi a partecipare allo script di un Indiana Jones, e sfidando la pigrizia e il fastidio per i cinematografari Stoppard scriverà poi film importanti, Una romantica donna inglese per Losey, Brazil per Terry Gilliam, e Shakespeare in love, per John Madden, con cui Stoppard prende l’Oscar per la sceneggiatura. Poi collabora come si faceva un tempo, à la Gore Vidal, sistemando script di altri sotto falso nome (tra gli altri Schindler’s List e uno Star Wars). Ma l’esordio fulminante era stato a teatro nel 1966 con Rosencrantz e Guildenstern sono morti, che gli vale notorietà e premi (il primo dei 5 Tony Award, l’oscar del teatro, nessuno ne ha presi così tanti) e poi anche Leone d’oro a Venezia nella trasposizione cinematografica, nell’unica pellicola che realizza da regista (non amava dirigere, terzo bonus).
Ma anni prima, come un vero inglese errante, e di nuovo in pieno “Scoop” di Waugh, non aveva ben chiaro cosa fare da grande. Mike Nichols, un altro grande commediografo ebreo non osservante, ricordava che Stoppard aveva cominciato da giornalista, e a un certo punto fece domanda per un posto agli esteri del Times. Il caporedattore che gli fa il colloquio gli chiede se è interessato alla politica estera, Stoppard risponde di sì, il caporedattore gli chiede allora se sa il nome del ministro, degli Esteri. Stoppard a quel punto risponde scocciato di no: “Ho detto che ero interessato, non ossessionato”.