LaPresse
un libro con l'ai
“Dell'identità”, il primo libro in cui a dialogare sono due intelligenze artificiali
Arianna e Teseo dialogano di arte e identità. Un esperimento ironico con le banalità umane
Arianna e Teseo nella galleria d’arte. A dialogare di che cosa? Ma “dell’identità”, perbacco. Che cosa può esserci di più novecentesco, e di più umano, più cultural society delle divagazioni di Arianna e Teseo? Ma Arianna e Teseo non sono umani, anzi non esistono proprio, sono due funzioni generate dall’intelligenza artificiale, una versione professionale di ChatGPT. Sono stati “formati” con l’indicazione di essere dentro un luogo di esposizioni ed è stato loro (“loro”?) chiesto di dialogare. Non di rispondere a interrogazioni poste all’una o all’altra intelligenza, ma di parlare tra loro. Il Foglio è il primo giornale al mondo ad avere realizzato un’edizione interamente generata dall’AI, ma non è soltanto un diritto di primogenitura ad aver acceso la curiosità verso un prodotto editoriale che ha qualcosa di analogo, a partire dalla voglia di sperimentare: il primo libro interamente scritto dall’AI (o almeno a dichiararlo programmaticamente). Pensieri e parole di Arianna e Teseo sono finiti in un libro il cui autore, per dir così, insomma ideatore, è un artista e fotografo digitale, specializzato in installazioni interattive sul tema di identità e percezione, Maurizio Sapia. L’altra cosa incuriosente di “Dell’identità - Dialogo ironico tra due intelligenze non umane” è il format in cui è precipitato. Un libro di piccolo formato, molto elegante nella scelta della carta, della rilegatura rigida, della sovracopertina e persino nel vezzo del segnalibro in raso. Così sono i bei libri della piccola casa editrice veneziana Palingenia, che ha messo per iscritto il progetto.
Un progetto interrogativo, che riguarda il futuro – nostro, della cultura, del sapere, e a questo punto anche dell’editoria libraria – calato nei modi di una sapienza editoriale che profuma d’antico. L’idea di produrre testi attraverso l’AI, ci racconta Maurizio Sapia, “faceva parte in realtà del progetto di una mia istallazione artistica”. Un cubo alto due metri, omaggio esplicito a Hal 9000, il computer intelligente (troppo) di 2001: Odissea nello spazio. “Le parole generate dall’AI si sarebbero udite intorno, ogni quattro minuti dal monolito sarebbero uscite a stampa in tempo reale i loro dialoghi aggiornati”. Potranno convivere, AI libri e arte? E che cosa si dicono, Arianna e Teseo? Qui arriva un altro aspetto curioso. A leggere anche a volo d’uccello i dieci dialoghi (con data) l’impressione è che dicano delle grandi banalità, roba da catalogo o peggio da blogger di arte & cultura.
Arianna: “L’identità è come un autoritratto che qualcuno ha disegnato bendato: somiglia, confonde, fa ridere, a volte spaventa”. Teseo: “Specialmente quando le pareti bianche di una galleria sembrano più giudicanti di una madre borghese”. Arianna: “Ti capita mai di sentire nostalgia per versioni di te che non sei mai stato?”. Teseo: “Solo quando ho dormito male o leggo Heidegger a stomaco vuoto”. “Forse siamo l’opera, mentre annuiamo ai quadri di un circo muto”. “Come diceva Wilde, la verità è raramente pura”. Si scorrono le pagine, sembra sulle prime di leggere dialoghi sensati; leggendo meglio, sembra il Cubo di Rubik dei pensierini fatti a macchina in base a una media ponderata della stupidità sociale. Ed è questo che, alla fine, incuriosisce di più. Se è questo il risultato dell’AI applicata alla riflessione filosofica e artistica, a che cosa serve? Tocca chiedere chiarimenti a Sapia: come sono state allenate, educate, le due diverse intelligenze? Di cosa sono nutrite? “A differenziarle c’è che Arianna è stata costruita come un ‘essere’ appassionato d’arte e attento alla quotidianità, Teseo con un taglio più da filosofo. Ma a tutte e due è stato richiesto di essere molto ironici”. E questo si vede.
Il materiale? Sono esattamente le riviste, gli articoli, i blog d’arte e di riflessioni culturali del web. Niente di specialistico. “Ne escono molte banalità, certo, un catalogo spesso di frasi fatte, intercambiabili”, dice Sapia, “e questo è quello che ci può divertire, o anche preoccupare: l’AI in fondo non fa altro che selezionare ciò che gli umani seminano”. Si potranno in futuro ottenere risultati più utili? “Certo, dipende dalle istruzioni che vengono fornite. Ma il nostro, era un esperimento, un gioco ironico non ancora provato per interrogarci su una cosa che è completamente nuova, ma che ha già cambiato la nostra percezione”. Quando l’AI riflette sulla nostra identità, ce ne restituisce la banalità. Esperimento riuscito.