
Ansa
Pordenonelegge
Leggere vuol dire libertà, soprattutto in questo mondo alla ricerca di senso
Fino a domenica, la ventiseiesima edizione di pordenonelegge ospiterà 667 autrici e autori italiani e internazionali, eco intensa del nostro tempo. Voci che parlano di Ucraina e Russia, di Israele e Palestina, in una dialettica sempre saldamente “sull’uscio della storia”
"Guardati dall’uomo che ha letto un solo libro”: che lo abbia effettivamente detto san Tommaso d’Aquino – l’uomo che per capire un solo libro, la Bibbia, aveva dato la caccia a tutti i libri del suo tempo – o si tratti di attribuzione apocrifa, poco conta. Sappiamo fin troppo bene quanto la “bibliodiversità” risulti invisa ai regimi e ai totalitarismi. Libro e libertà non hanno forse un’univoca derivazione etimologica: liber come sostantivo, a indicare la scorza interna della corteccia degli alberi, dove i primi libri trovavano sostegno, liber-liberum come aggettivo, nell’accezione di “non condizionato, indipendente”. Ma è certo che dalla rivoluzione rinascimentale di Gutenberg in poi la moltiplicazione dei libri ha innescato una straordinaria conquista di libertà: la lettura personale e privata dei libri, affrancata dall’élite dei pochi che monopolizzavano il sapere, ha implicato la libertà di conoscere e apprendere, ha consentito la circolazione di idee e interpretazioni diverse della realtà.
E, all’opposto, ha innescato scenografiche operazioni di censura, roghi di libri che hanno provato a oscurare il pensiero umano e a cancellarne la memoria. Dall’Egitto del faraone Akhenaton– era il 1358 a.C., a incenerirsi furono i libri della biblioteca di Tebe – alla distruzione di migliaia di volumi della Biblioteca di Mosul, dieci anni fa, perpetrata dall’Isis. Passando per Savonarola e l’Inquisizione, la Königsplatz del rogo di Hitler e il bombardamento della Biblioteca di Sarajevo nel 1992. L’incubo così temuto da Bradbury e Canetti, da Huxley e Orwell si è troppo spesso materializzato nella storia dell’uomo. Ed è per sottolineare l’inscindibile nesso fra due parole-tabù dei regimi di ogni tempo e latitudine che due anni fa abbiamo scelto di ribattezzare pordenonelegge “Festa del libro e della libertà”. Un’attenzione ai valori del libro e della lettura che ha trasformato il festival in un osservatorio proiettato sul proprio tempo attraverso le pagine dei libri che, come ricordava Umberto Eco, “non sono fatti per crederci, ma per essere sottoposti a indagine. Di fronte a un libro non dobbiamo chiederci cosa dica, ma cosa vuole dire”. Fino a domenica, la ventiseiesima edizione di pordenonelegge ce lo ricorda ospitando 667 autrici e autori italiani e internazionali, eco intensa del nostro tempo. Voci che parlano di Ucraina e Russia, di Israele e Palestina, in una dialettica sempre saldamente “sull’uscio della storia”.
Un’edizione che abbiamo inaugurato mercoledì sera con il viatico prezioso e autorevole delle parole del presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella: il suo messaggio, per il terzo anno consegnato all’evento di apertura di pordenonelegge, ha ricordato che “leggere ha a che fare con la libertà. L’Europa non esisterebbe senza i libri: il lavoro dei monaci ci ha consegnato testi antichi che, diversamente, sarebbero andati perduti. Oggi i libri possono essere in campo per dare sostegno e forza alla libertà e all’Europa. Pordenonelegge sceglie, in questo, un gesto di coerenza ed esprime richiamo all’impegno comune (…) Lo stretto legame del festival con i valori della libertà e dell’Europa rende questo appuntamento ancora più prezioso, nel contesto di crisi di valori offerta dal panorama internazionale”. E nella stessa serata in cui risuonavano le parole del presidente Mattarella, a Pordenone arrivava un’icona dell’impegno per i diritti dei popoli oppressi, l’avvocata e attivista iraniana Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace 2003, la prima donna giudice in Iran, da lunghi anni costretta all’esilio dal suo Paese. Mai come quest’anno, quindi, pordenonelegge è Festa della libertà, in una città che ancora una volta si fa piazza, officina della parola scritta. E dove ogni libro apre finestre su mondi lontani, immagina futuri che chiedono di essere pensati e custodisce memorie da non dimenticare. I libri anche per mettere in discussione ciò che consideriamo già acquisito: e un festival come un “patto” collettivo che mette al centro i libri, strumento di incontro e democrazia, in un contesto – quello della città di Pordenone- nel quale l’impresa si fa cultura, seguendo la lezione di Lino Zanussi.
Nei mesi dei venti di guerra che sempre più minacciosi soffiano dalla casa comune europea al Medioriente, pordenonelegge dedica così la sua edizione all’Europa, filo rosso del cartellone. 2025. La sferzata di Mario Draghi sull“inazione europea che minaccia non solo la nostra competitività, ma anche la nostra stessa sovranità”, ha purtroppo una evidente ragion d’essere. Il mondo ha forte bisogno di un’Europa più unita e più forte, a presidio dei valori del Trattato e, come sottolineava il presidente Mattarella al Forum di Cernobbio, a tutela del diritto internazionale, per rilanciare la prospettiva di un multilateralismo cooperativo e non soccombere in un mondo dominato da autocrazie. Pordenonelegge cerca di fare la sua parte: nel luglio scorso abbiamo presentato il festival al Parlamento europeo, alla presenza della presidente Roberta Metsola, e pochi giorni dopo siamo stati a Milano, per raccontare il nostro programma davanti alle guglie del Duomo. L’Europa e le sue “cattedrali”, religiose e laiche come le grandi architetture contemporanee, esprimono la forza della cultura di un continente che ha la necessità impellente di unirsi, oggi. Pordenonelegge ha cercato di promuovere questa urgenza in modo fisico e “tangibile”, a partire dall’immagine della sua ventiseiesima edizione, che veste i colori europei e con il suo “amoleggere” riporta ai valori di libertà cari a chiunque legga e scriva, in ogni tempo sul pianeta.
Michelangelo Agrusti (presidente di Fondazione Pordenonelegge.it)