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(1947-2025)
È morto Stefano Benni. Quel che non scorderemo di lui
Ci sono risate che invecchiano presto e invecchiano male, altre che invecchiano meno o non invecchiano affatto. Di solito sono quelle che non facevano sganasciare, ma solo allargare il sorriso, facendolo borbottare tra i denti, a labbra semiaperte, come quelle che generava leggere lo scrittore bolognese
C'è stata una generazione, anzi più di una generazione, che ogni volta che entrava in un bar per fare colazione, quando i bar erano ancora bar e non sprizzerie cicchetterie o altre fighettate simili, si guardava attorno torva, osservava cosa osservano i clienti fissi e valutava le paste con attenzione chirurgica per non diventare parte della storia di quel bar. Perché ogni bar aveva la sua Luisona, ossia "la decana delle paste", quella che "si trovava nella bacheca dal 1959".
Erano quelli anni difficili, pieni di prodotti di ristorazione che sapevano di plastica e che a mangiarli non si sarebbe riusciti a distinguerne uno dall'altro. Gli anni Ottanta sono stati forse il punto più basso della ristorazione da bar. Questo però, all'epoca, quella generazione non lo sapeva, ma sapeva che c'erano delle Luisone in giro e cercava di evitarle come la peste. Perché parte di quella generazione, e poi di quelle successive, aveva letto i racconti di Stefano Benni. E forse anche qualche romanzo di Stefano Benni. Ma soprattutto i racconti. Perché in fondo a leggere un racconto ci vuole poco, un romanzo assai di più, e quelli erano anni nei quali la televisione mandava cartoni per giovanissimi e anche per juniores e poi c'erano i telefilm, i film, i programmi che facevano ridere ed era l'alba dei videogiochi. Quindi c'erano un sacco di cose da fare oltre che leggere i libri. Però il tempo per un racconto di Stefano Benni lo si trovava sempre. Perché, anche se i suoi libri erano spassosi e ti tenevano lì sulle pagine, i suoi racconti erano il massimo. Almeno in quegli anni, almeno per quella generazione, anzi più di una generazione.
E fa strano sapere che non ne leggeremo più di nuovi perché Stefano Benni è morto il 9 settembre 2025.
"Bar Sport", il libro di racconti è del 1976, ma non se lo filarono granché per un po' di tempo. Fu negli anni Ottanta che divenne un libro che non c'erano problemi a leggerlo, perché gli anni Settanta erano finiti e con loro si erano ridotte le liste dei libri che si doveva e non si doveva leggere. E visto che Stefano Benni non era scrittore di quelli impegnati, o impegnati alla maniera buona per quelli di destra o per quelli di sinistra, ma scriveva le cose che piacevano a lui, con troppa ironia per sembrare impegnato, negli anni Settanta se lo filavano in pochi. O così almeno disse, e con un certo rammarico, Freak Antoni. Andò meglio nel decennio dopo, e fu una fortuna.
Fortuna sua, certamente, fortuna nostra, o meglio di quella generazione che lesse Stefano Benni in diretta, quella che lo lesse in differita, trovando però davanti a sé un'Italia cambiata, ma comunque ancora perfettamente calzante con quella che appariva, distorta e iperbolizzata spesso, nei racconti dello scrittore bolognese. Ci sono risate che invecchiano presto e invecchiano male, altre che invecchiano meno o non invecchiano affatto. Di solito sono quelle che non facevano sganasciare, ma solo allargare il sorriso, facendolo borbottare tra i denti, a labbra semiaperte. Probabilmente le migliori.
Di questi sorrisi borbottanti ne è pieno Bar Sport, ne è pieno Il bar sotto il mare, ne è pieno La Grammatica di Dio. E ne sono pieni Terra!, Comici spaventati guerrieri, Margherita Dolcevita, Prendiluna e diversi altri, quasi tutti, romanzi.
E sono pieni di quei sorrisi borbottanti perché sono tutti scritti nei quali la realtà esiste ma fino a un certo punto, fa i conti con quello che spesso dimentichiamo, ossia quei mondi immaginari che c'eravamo creati e che poi abbiamo deciso di abbandore perché erano cose da piccoli e noi ci sentivamo abbastanza grandi da fare i grandi, non sapendo però bene cosa significasse davvero essere grandi.
Stefano Benni è stato in fondo sempre grande e sempre piccolo e in un mondo di grandi noiosi, perché spesso i grandi annoiano, è riuscito a non annoiarsi, forse, senz'altro a non annoiare noi lettori che quando entravamo in un bar, in uno di quei bar che non sono ancora sprizzerie cicchetterie o altre fighettate simili – ci sono ancora? –, ci guardiamo attorno per capire qual è la Luisona e stiamo lontano da lei come stiamo lontano dal plutonio radioattivo. Anche se, in fondo in fondo, a quella Luisona un morso lo daremmo. Giusto per vedere l'effetto che fa. Giusto per essere storia per qualcuno.