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negli Stati Uniti

Mi cancelli la statua della libertà trans? E io allora cancello la mostra

Francesco Bonami

Amy Sherald, la pittrice degli Obama, ha cancellato la sua mostra al Smithsonian National Portrait Gallery di Washington perchè il museo avrebbe suggerito di togliere dalla mostra un dipinto dove la statua della Libertà è rappresentata come un transessuale nero. Un'opera che pensano avrebbe potuto innervosire Trump

Nel 2018 la semisconosciuta  pittrice Amy Sherald fu proiettata nell’olimpo dell’arte contemporanea da, nientepopodimenoche, la First Lady Michelle Obama, che la selezionò per il suo ritratto ufficiale. Oggi, forte anche di un enorme successo commerciale, la Sherald torna a far parlare di sé, sempre in ambito presidenziale naturalmente. Infatti ha annunciato la cancellazione della sua grande mostra alla Smithsonian National Portrait Gallery di Washington, dal titolo “American Sublime”, che avrebbe dovuto aprirsi il prossimo 19 settembre dopo le tappe al Museum of Modern Art di San Francisco e al Whitney Museum di New York. Il motivo? L’amministrazione dello Smithsonian, che gestisce anche la National Gallery, avrebbe suggerito – le versioni sono diverse – di togliere dalla mostra Trans Forming Liberty, un dipinto dove la statua della Libertà è rappresentata come un transessuale nero. Un’opera che alcuni pensano avrebbe potuto innervosire Trump.

Essendo lo Smithsonian, per due terzi del suo budget di un miliardo di dollari, finanziato dal governo federale, la versione woke della Statua della Libertà avrebbe potuto essere una buona scusa o un’opportunità per tagliare parte dei fondi che lo sostengono. Personalmente, penso che nonostante la Sherald sia una brava pittrice seppur miracolata da Michelle, il quadro in questione andrebbe tolto semplicemente perché orribile e di gran lunga inferiore a tutti gli altri suoi lavori. Cancellare la mostra è comunque un bel regalo fatto a Trump che già qualche mese fa aveva annunciato che avrebbe licenziato la direttrice della National Portrait Gallery Kim Sajet perché a suo parere troppo di parte e pure un filo antiamericana. Il segretario dello Smithsonian, l’afro-americano Lonnie G. Bunch III, era sceso in piazza come un eroe rivendicando l’autonomia della sua istituzione e negando che il presidente avesse il potere di licenziare i dipendenti dello Smithsonian. Rivendicazione con il respiro molto breve visto che dopo poche settimane la stessa Sajet ha rassegnato le dimissioni e Bunch III ha evitato di riscendere in piazza, forse dopo aver fatto un paio di calcoli economici.

E’ stato proprio lo stesso Bunch III a suggerire che Trans Forming Liberty se non rimossa fosse almeno accompagnata da un video con interviste al pubblico sul tema dell’identità sessuale. Cosa che secondo l’artista avrebbe dato voce, alla faccia del pluralismo, anche a soggetti conservatori, bigotti e magari fascisti. Ragion per cui la cancellazione della mostra, che sarebbe stata la prima nella storia del museo di un’artista nera vivente. C’è un detto secondo cui “i greci la guerra l’hanno vinta dentro il cavallo non standoci seduti sopra”. Il cavallo di Troia in questo caso sarebbe stato per l’artista il museo stesso. Una volta installata la mostra, Amy Sherald avrebbe avuto l’opportunità di qualche azione più spettacolare e rilevante come quella dell’artista Gastone Novelli che durante la famosa Biennale di Venezia della contestazione del 1968 girò contro il muro le sue tele che sul retro avevano scritto “La Biennale è fascista”. Meglio essere cacciata che ritirarsi con una sterile polemica togliendo al pubblico sia la possibilità di vedere una bella mostra che quella di poter avere un dibattito costruttivo e magari pure antagonista. Il rumore della cancellazione lascerà presto il tempo che aveva trovato. Il segretario generale, come aveva già fatto con la direttrice minacciata di licenziamento, non s’immolerà per salvare la mostra della pittrice di corte di Obama. Piuttosto il vero rischio sarà quello che la mostra di Amy Sherald venga sostituita da qualche orribile artista filo trumpiano. Mettersi in piedi sopra il cavallo non è sempre un segno di eroismo, anzi spesso e volentieri è un segno di stupidità che consentirà al nemico di trafiggerti  con le sue frecce avvelenate.

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