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L'apoteosi della delega: il servizio che dà le dimissioni al posto tuo
In Giappone paghi qualcuno per dare le dimissioni al posto tuo. Non è burnout, non è ansia: è delega radicale, il vero privilegio moderno. Altro che farcela da soli
Qual è la cosa più bella della vita? Sicuramente la delega. La delega è la migliore invenzione anzitutto dei furbi: far fare agli altri quello che non vuoi fare tu. Quello che non hai il tempo, le forze, i nervi saldi, l’energia, l’attenzione, la tigna di portare a termine. Insomma davanti al compito infame o alle iatture della vita non usi le tue virtù, non le consumi, lasci agli altri. Cosa c’è di tanto terribile nell’affrontare i problemi, ci si chiede? Ma tutto, è ovvio. L’analisi, la presa in carico, l’affanno della soluzione – a chi piace stancarsi e scervellarsi, siamo seri.
C’è forse un sottile ma non troppo filo a unire il ragazzo che non vuole dare mezz’ora di orali alla maturità e i giapponesi che aprono un’attività che si chiama “Momuri” con erogazione di servizi che sono: paghi 350 euro in cambio di una comunicazione di dimissioni che non riesci ad affrontare. Shota Shimizu, uno degli impiegati, racconta al Washington Post come si fa. Un giorno si è infilato le cuffie e ha chiamato il reparto risorse umane dell’azienda presso cui lavorava la sua cliente. “C’era un’incompatibilità tra le sue aspettative e la realtà del ruolo,” ha spiegato Shimizu al responsabile HR. “Ha ancora la divisa e la chiave dell’armadietto, le restituirà per posta. Possiamo confermare l’indirizzo a cui inviarle?”. Il termine “Momuri” significa, in giapponese, “Non ce la faccio più”, e la società fa parte di un settore in rapida crescita: quello dei “dimissionari in outsourcing”. Cosa paghi? L’evitamento di cinque minuti di imbarazzo.
Le Società Servizi Sgraditi sono un’eccellente trovata, capitalismo evolutivo e diabolico, trasformano il “preferirei di no” in margine operativo. Saper dire “faccio io”, nel futuro, diverrà opportunismo sistematico, il primo talento di mercato. Probabile che si verrà pagati meglio degli ingegneri informatici. Qui non si tratta di volere un semplice aiuto, non di un pezzettino della catena di montaggio delle responsabilità: è proprio delega piena, è la cessione della fatica intera. Come una procura sine die e infinita a un avvocato: pagare perché i fatti tuoi non ti tocchino più di tanto. Bisogna pure concludere apertamente e con onestà che ormai non è, non può essere questione di blocchi psicologici, non è nemmeno ansia, paura, o qualcosa del catalogo di figurine delle tristezze che stiamo collezionando. La spiegazione è più cattiva, la delega che piace a tutti è solo una versione colta e generazionale del lusso. E’ un pigro adagiarsi nel “faccia un altro al posto mio”. Non si tratta di fuggire il mondo, ma di esercitare un’arte, la selezione, con i mezzi per isolarsi da quel che scoccia.
L’epoca trascorsa è quella in cui il lusso consisteva nel possedere. Ora il paese dei balocchi è alla portata un po’ di tutti, quindi il privilegio è un altro: dire “questo io non lo faccio, non mi va”. Qualcuno, pagato bene, affronti per conto mio le porcherie del quotidiano. Siamo pieni di aristocratici dell’anima – quelli che nel dubbio si sdraiano e non ne vogliono sapere niente. Stavo pensando al mito del secolo scorso del farcela e farcela da soli. E’ andato di muffa. Tutti quei film americani di riscatto sono passati invano, addio, non ci si crede più, come alla commedia romantica. Sì certo, il dogma Tom Cruise era faticoso: trovare le forze prima per resistere e poi per emergere, l’autenticità che coincide con l’autoproduzione è una cosa che rompe le ossa, chi ci riesce è bravo. Però anche la soddisfazione plebea di dirsi: alla fine son riuscito, era bella. Non mi pareva una così cattiva linea etica. Poi qualcuno ha deciso che non solo non avevamo più gli assi per fare gli eroi delle nostre vite, ma manco tre carte buone per stare in piedi, e così ci siamo sdraiati, senza le forze per tirare nemmeno un filo d’erba. Speriamo di non arrenderci così, non è vero che siamo destinati ai replay della sconfitta. A volte il coraggio, se non ce l’hai, te lo puoi dare, non è sempre come diceva quel Manzoni.

il 25 e 26 luglio 2025