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la presentazione

Storie di resistenza civile in medio oriente. Un libro

Marianna Rizzini

Cristina Giudici e Fabio Poletti raccolgono in un libro racconti di chi sfida dittature e teocrazie per affermare diritti fondamentali. Dall’Iran delle impiccagioni e delle proteste soffocate, all’Afghanistan delle atlete e delle studentesse in esilio che continuano a lottare per la libertà negata

Cosa succede quando si spegne la luce su un regime, e che cosa succede quando, dopo aver puntato un riflettore, riscende il buio? Che cosa vive in queste ore la popolazione iraniana, dopo la guerra cosiddetta “dei dodici giorni”, con la nuova ondata di repressione, arresti e condanne a morte, che la dittatura vende come caccia alle spie del Mossad? “L'Occidente è preoccupato, ma non basta. Si spera definitavamente si risvegli, la libertà non può mai essere data per scontata”, dice la senatrice di Noi Moderati ed ex ministra Mariastella Gelmini, durante la presentazione del libro “Vita e libertà contro il fondamentalismo” (Ed. Mimesis per Gariwo), scritto dai giornalisti Cristina Giudici e Fabio Poletti dopo un lungo lavoro di ricerca e raccolta di storie di donne e uomini che in Medio Oriente “cercano di fare la differenza difendendo i diritti umani in nome della democrazia cui aspirano”. Storie incredibili di ragazze, ragazzi e persone di tutte le età che a un certo punto “trovano un'altra strada”, come l'arrampicatrice iraniana Nasim Eshqi che in montagna, di fronte all'impercorribile, ha capito come aprire un altro sentiero sotto il regime. Che cosa accadrà adesso in Iran e nei paesi schiacciati da teocrazie e dittature, nelle città e nei villaggi dove “libertà” è parola preziosa, ci si domanda ascoltando la testimonianza di Rayhane Tabrizi, attivista iraniana e presidente dell'associazione Manaà, nel corso del dibattito, moderato dalla giornalista Rai Enrica Toninelli, e dello scambio di idee tra gli autori, la senatrice Gelmini e la deputata dem Lia Quartapelle, voce spesso dissonante, nel Pd, sui temi di politica estera, rispetto alla linea della segretaria Elly Schlein.

L'occidente è stato sordo e cieco, dice Rayhane, ma per impedire che si riaddormenti, dopo essere stato costretto a guardare, in questi giorni, serve uno sforzo in direzione della memoria e della conoscenza. Anche partendo dalle scuole, si propone ai parlamentari presenti, dalla generazione Z che in Iran combatte rischiando il carcere e che qui, nonostante sembri presa solo dalle notifiche su Instagram e Tiktok, quando è informata non si gira dall'altra parte, dice Tabrizi - che nei licei va da anni, e ogni volta trova inattese domande e inattesa voglia di fare qualcosa per aiutare chi non può avere voce sotto il regime. E, dice Rayhane, “il popolo iraniano si è alzato senza aiuto dell'occidente, ma senza una leva esterna non può farcela”. C'è chi aveva sperato che gli attacchi israeliani e americani dessero la spallata al regime, ma l'effetto collaterale è anche la recrudescenza dell'azione repressiva: “Nessuno parla con nessuno, nessuno si fida di nessuno”. Se la guerra non è una soluzione, l'importante è che l'occidente non richiuda gli occhi e trovi altri modi per soffocare e accerchiare il regime (leva economica, leva di una diplomazia non connivente). “Abbiamo il dovere di tenere i fari accesi, in Iran come in Ucraina”, dice Gelmini, “l'occidente si rende conto di aver fallito nei luoghi dove ha provato a esportare la democrazia con le armi, ma non può lasciare soli popoli eroici che combattono per una libertà per noi scontata. Il Medio oriente e l'Ucraina ci riguardano, ognuno può e deve fare qualcosa. Chi salva una vita, salva il mondo intero, dice il Talmud, frase molto vera”. La salvezza può arrivare quindi anche dalla conoscenza delle piccole storie di chi ha acceso la luce su un piccolo universo, come la calciatrice-allenatrice afghana che lotta in esilio per far riconoscere dalla Fifa la propria squadra – una squadra che, paradosso, porta il nome del paese ora vessato dai telebani, o del giovane rapper iraniano torturato Toomai Salehi - storie anche pop, dice Giudici, che bussano alla coscienza di chi, da qui, anche da un banco di scuola, può diffondere la voce soffocata di chi rischia la vita per una parola.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.