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il libro
L'anima non c'entra: l'AI non pensa come noi perché noi abbiamo la pelle
Il libro di Maurizio Ferraris è un insieme di digressioni, ripetizioni, erudizione filosofica e variazioni sul tema dell'intelligenza artificiale. Forse pure troppe. Magari bastavano gli articoli
Maurizio Ferraris è oggi uno dei nostri filosofi più noti e mi è già capitato un paio di volte di fermarmi sulle sue opinioni a proposito di intelligenza artificiale. Ciò che mi ha spinto a polemizzare in parte con lui è stata l’impressione che i suoi ragionamenti giusti e per me condivisibili fossero indeboliti e guastati da un certo diffuso e tipico timore di essere giudicato nostalgico, passatista, antiquato o magari spiritualistico di fronte alla tecnica in continua produzione. Le sue opinioni le leggevo in articoli e interviste, ma ora Ferraris ha pubblicato sul tema un intero libro di studio, con tanto di note e bibliografie. Non vorrei perseguitare Ferraris (ammesso che mi legga) con le mie obiezioni e puntigliosità, ma questa volta, con La pelle. Che cosa significa pensare nell’epoca dell’intelligenza artificiale (il Mulino, 302 pp., 18 euro), mi sembra che, se essere esaurienti sui giornali non era facile, ora in questo volume c’è forse anche troppo, fra digressioni, ripetizioni, erudizione filosofica e variazioni sul tema. Ma il costume universitario mondiale oggi sembra proprio esigere questo: costruire libri per dire qualcosa che potrebbe stare comodamente anche in un articolo. Voltaire e Diderot, nel secolo dei Lumi, lo avevano capito e ne avevano fatto un’arte, lavorando a brevi voci per dizionari ed enciclopedie che hanno fatto epoca. Un altro illuminista, tedesco e quasi dimenticato come G. C. Lichtenberg, disse: “Mai scrivere un libro, quando basta una pagina”.
Non poche sono le pagine del libro di Ferraris nelle quali c’è più o meno tutto. C’è perfino già tutto in un titolo stravagante come La pelle. Infatti, spiega Ferraris, il pensiero, la sensibilità e la volontà che mancano all’intelligenza artificiale sono proprio nella nostra pelle, che fa di tutto il nostro corpo umano un organo cognitivo, percettivo, volitivo e attivo che nasce, si sviluppa, vive, si riproduce, si ammala e muore. E’ solo nella penultima pagina del suo libro che Ferraris scrive: “Per non tirarla troppo per le lunghe e dire qualcosa che aspiri a essere concludente vorrei chiudere ricapitolando i tre punti fondamentali che ho esposto in questo libro e che dimostrano che l’intelligenza artificiale non pensa perché non vuole pensare. (…)
1) L’intelligenza non è tutto il pensiero, bensì il pezzo di pensiero che esegue calcoli, ragionamenti logici e segue una routine.
2) Il pensiero non è rivolto primariamente alla conoscenza, ma possiede principalmente finalità pratiche.
3) Da dove viene l’iniziativa, la volontà, il bisogno, la paura, la speranza (…). Dal fatto di avere un corpo, che le macchine non hanno (…). Noi, diversamente dai computer, siamo corpi viventi”.
Ecco, se per caso avessimo voluto appellarci al mondo spirituale e all’anima immortale, siamo serviti. Ferraris non vuole parlare di queste cose perché le considera, a torto o a ragione, illusori fantasmi religiosi, metafisici e ipostasi di concetti. No, la questione è particolarmente materialistica, o riguarda, se volete, l’incarnazione dell’intelligenza e di tutte le nostre facoltà mentali. Del resto, le macchine non sognano, non hanno desideri né paure. Che volete che capiscano? Non riescono neppure a inventare una bugia.

da solista a collettivo