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Storia di una fonderia digitale. Ecco chi disegna le lettere che hai sotto gli occhi

Nel cuore di Firenze, lo studio Zetafonts progetta caratteri tipografici che viaggiano su ogni tipo di prodotto. Fra riviste d'epoca e grafica digitale, uno sguardo inedito su un mondo poco raccontato. Dietro le quinte di una pagina

Riccardo Carlino

Dai libri ai giornali, passando per la segnaletica e i negozi. Abbiamo le lettere sotto gli occhi tutti i giorni, ma forse diamo per scontato che dietro ognuna di loro c’è uno stile ben preciso, una forma scolpita ad hoc a seconda dell’intenzione che vuole trasmettere. E soprattutto, c’è qualcuno che le crea di sana pianta. Zetafonts fa esattamente questo: “È come se fossimo un’agenzia di casting che dà gli attori con la faccia giusta per dare il tono giusto a un messaggio”, dice al Foglio Cosimo Lorenzo Pancini, che nel 2001, insieme a Francesco Canovaro e Debora Manetti, ha fondato nel cuore di Firenze una fonderia digitale. 

Computer e tavolette grafiche oggi sono essenziali per questo lavoro, ma un tempo era tutto fuoco e sudore: “I caratteri un tempo si fondevano in piombo, per essere poi composti a mano e stampati su pesanti presse”, ci spiega Pancini. L’Italia con i font ha un rapporto piuttosto stretto, dato che “in tutto il mondo i termini tipografici sono italiani”, ma Firenze è un campionato a parte. A pochi passi dallo studio in cui siamo andati a trovarli, c’è la Basilica di Santa Croce, fra le più importanti chiese gotiche in Italia. Passeggiandoci vicino negli anni ’50, il tipografo tedesco Hermann Zapf rimase talmente colpito dalle incisioni presenti sulle lapidi di Santa Croce da copiarsele sulle mille lire che aveva in tasca. Tornato in studio, crea Optima: “Il carattere utilizzato da Yahoo per il suo logo”, ci racconta Pancini. Dalla Toscana alla Silicon Valley

Il mercato dei font si articola su due binari. I clienti commerciali possono acquistare in blocco una famiglia tipografica, ossia l’insieme di lettere, numeri e segni. “Altre volte invece ci chiedono di creare un carattere ad hoc”, ci spiegano. E i tempi di realizzazione possono variare: “Si va da un mese per i progetti più piccoli fino ad altri più grandi che ne richiedono anche sei”. Qualche esempio? “Quando abbiamo realizzato il font per una campagna del Parlamento europeo dovevamo obbedire a 27 lingue diverse. È stato un lavoro più lungo”.

Dopo aver disegnato 2.800 caratteri, la mano un po’ comincia a far male. “Migliorare le forme dei propri font è un lavoro molto difficile da fare con l’AI - ci spiega Canovaro - Ci abbiamo provato, ma diventa noioso e banale”. Fare un bel carattere per un magazine, un evento o una campagna pubblicitaria è un’impresa ardua. Ma farne uno per un’organizzazione politica forse lo è anche di più. “La verità è che i loghi dei partiti italiani sono tutti abbastanza brutti”, ci dicono i grafici. Qualche eccezione si trova, ma oltre oceano: “Nella campagna di Barak Obama per le presidenziali c’è stata un’attenzione davvero minuziosa per ogni singolo aspetto”, spiega Manetti. 

Cogliamo l’occasione per chiedere un parere a caldo sul font del nostro giornale e su uno dei suoi mensili, Review. “C’è un grande rispetto per i lettore”, commentano i grafici. Fra pagine sfogliate e qualche consiglio, ce ne andiamo con una promozione “a pieni voti tipografici”.

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