fauna d'arte

Nicole Colombo: "Io e l'arte. Un amore sin da piccola"

Francesco Stocchi e Gabriele Sassone

Lo studio come luogo di libertà personale. La relazione con il posto in cui si vive. E poi l'ispirazione che affonda nella letteratura cyberpunk e in Gilles Deleuze. Intervista

Fauna d'arte è una ricognizione intergenerazionale sugli artisti attivi in Italia. Ci facciamo guidare nei loro studi per conoscere dalla loro voce le opere e i modi di lavorare e per capire i loro sguardi sull’attualità. Il titolo si ispira a una sezione di Weekend Postmoderno (1990), il romanzo critico con cui Pier Vittorio Tondelli ha documentato un decennio di cultura e società italiana. A differenza del giornalismo e della saggistica di settore, grazie a “Fauna d’arte”, Tondelli proponeva uno sguardo sull’arte contemporanea accessibile e aperto, interessato a raccontare non solo le opere ma anche le persone, il loro modo di vivere dentro l’arte. 

Oggi questo approccio ci permette ancora di parlare degli artisti, ma in futuro anche delle altre figure professionali come critici e curatori, galleristi e collezionisti, con lo scopo di restituire la complessità di un sistema attraverso frammenti di realtà individuali.


 

Nome: Nicole Colombo

Luogo e data di nascita: Monza, 1991

Galleria di riferimento e contatti social: Triangolo (https://iltriangoloartgallery.com , https://www.instagram.com/triangolo.gallery/ ) (https://www.nicolecolombo.com , https://www.instagram.com/niki_colombo/)

L'intervista

Che cos’è per te lo studio d’artista?

Ad oggi lo studio per me è spazio intimo di sperimentazione, resistenza e vita.  Lo studio come luogo di libertà personale. Mi piace mantenere le opere in esposizione dopo averle realizzate, farle vivere, cambiarle, sostituirle per poi aprire le porte di diverse e possibili narrazioni. Ma anche un luogo di scambio con chi, esterno, le vive come spazio di confronto.

In che modo hai iniziato a fare l’artista?

L’amore per la manualità e il fare mi è stato sicuramente tramandato da mio nonno, mi insegnò da piccola ad utilizzare gli attrezzi, trasmettendomi l’importanza del lavoro manuale e dell’artigianato, la fascinazione per i diversi materiali ed il loro utilizzo. Mia mamma raccontava che da bambina, nella sala di attesa della pediatra, ero solita realizzare piccole bamboline con i fazzoletti. Non so dire con precisione in che modo ho iniziato a fare l’artista, ma credo di aver avuto sempre una certa sensibilità artistica.

Quanto il luogo in cui vivi influenza la tua pratica artistica?

I luoghi che mi circondano influenzano molto la mia pratica artistica e credo lo facciamo perché condizionano profondamente me ed il mio modo di stare “nel mondo”, di osservarlo e di elaborarlo. Negli ultimi anni mi sono ritrovata a cambiare spesso contesti dopo una lunga permanenza a Milano. Ne ho sentito la forte necessità e ad oggi credo di aver trovato un miglior equilibrio lavorando e vivendo tra due luoghi antitetici: la grande città da un lato e la natura e i colli dall’altra, con la fortuna – tra le tante - di collaborare con una galleria che si trova esattamente a metà strada.

Quale funzione ha l’arte nel mondo di oggi?

Più che parlare di funzionalità, credo che l’arte abbia la capacità di andare oltre, aprire sentieri emozionali e spazi di riflessione critica.

 

A che cosa stai lavorando?

Ho da pochissimo inaugurato un group show con Sylvie Fleury, Olivia Erlanger e I.W. Payne presso la galleria il Triangolo, a Cremona, dal titolo MayDay Everyday a cura di Rossella Farinotti. É una mostra a cui tengo molto oltre ad essere la prima in galleria. Ci abbiamo lavorato a lungo, ma è stato un bel viaggio. Ho in programma un solo show in galleria per il prossimo anno quindi ora i miei pensieri e le mie ricerche sono indirizzate là.

 

Com’è nato l’interesse per le dicotomie del genere umano?

Non lo definirei “interesse” ma più una presa di coscienza della cosa e una conseguente riflessione su di essa. Dal mio punto di vista, l’essere umano vive dei dualismi personali che risultano necessari alla sua sopravvivenza. Volenti o nolenti, siamo cresciuti intrisi di una cultura e di un’educazione cattolico/religiosa dove esiste poco spazio per le intercapedini grigie: tutto è in continua opposizione e quasi mai in dialogo. Sono esistite culture più antiche consce di quella che è la più vera e profonda condizione umana dove i dualismi si lanciano in perenni danze fatte di accettazione e ricerca di equilibrio. Non esiste piacere senza dolore, felicità senza turbamento. L’assenza temporanea di uno o dell’altro fa perdere valore al suo contraltare rendendoci quindi più consapevoli della necessaria convivenza di entrambi.

 

Quali sono i tuoi riferimenti culturali e artistici?

Il punk, la cultura legata ai rave e la subculture in generale; la letteratura cyberpunk, Mike Kelley, Sarah Lucas, Louise Bourgeois e Guido Crepax. Jamie Hewlett e Tarantino. La lista dei nomi sarebbe troppo lunga. In questo momento sto leggendo Io sono vivo voi siete morti di Emmanuel Carrère e Il freddo e il crudele di Gilles Deleuze.

 

Com’è organizzata la tua giornata di lavoro?

Prima cosa: bicchierone d’acqua e tazza di caffè. Necessari e fondamentali. Dopo questi, passeggiata con Clodo per concentrare le idee e delineare un piano d’azione per la giornata e poi iniziare il lavoro in studio, di qualsiasi esso si tratti. Da lì, ogni giornata si struttura in maniera differente a seconda delle necessità, non ho orari, ma preferisco lavorare di giorno piuttosto che di notte, la notte è lo spazio del pensiero libero dal materialismo delle cose.

Che cosa ricerchi nei materiali che utilizzi?

Fascinazione. Vengo attratta dai diversi materiali perché mi smuovono sensazioni, ognuna differente. Quello che sono portata a fare poi è accostarli partendo dal presupposto che hanno uno delle caratteristiche opposte rispetto all’altro. Ad esempio Nausicaa is a punk rocker, opera in mostra ora al Triangolo, è una spazzola sovradimensionata realizzata in argilla e acciaio. Ora, questi due materiali a livello immaginifico risultano uno opposto all’altro: l’argilla, materiale caldo, organico; l’acciaio invece freddo, industriale. Ciò che mi interessa mostrare è come il dualismo dei due materiali riesce a ricreare un tutt’uno in armonia e dialogo aprendo così spazi di narrazione/riflessione altri.

Le opere

01. The Burned (Entropic dance)

leather, synthetic hair, plexiglass, resin variable dimension
2023

Museo Diocesano, Cremona

Ph credits Andrea Rossetti

Dal corpo

02. Nausicaa

leather, synthetic hair, stainless steel variable dimension
2021

Ph credits Luca Matarazzo

all’opera d’arte,

03. Lubna

Eco leather, steel hook, steel chain, synthetic hairs

About 90 x 40 cm Ø 2 cm
2022

Ph credits Luca Matarazzo

dall’opera d’arte

04. The Burned

leather, synthetic hair, stainless steel

variable dimension
2021

Ph credits Luca Matarazzo

alle Idee,

 

05. Ogni perla una lacrima

Ceramic glased

2021

Ph credits Luca Matarazzo

si tratta

 

06. Sleeping is for bilionaires

clay, oil essence, iron, burned iron, resin

71 x 132 x 19 cm
30 x 21 x 75 cm
2022

Ph credits Crates and Matteo De Nando

di un’ascesa

 

07. Untitled (Composition of hair)

ink on paper, cigarettes clay

35 x 50 x 6 cm each
2022

Ph credits Luca Matarazzo

che deve

08. Body

Ceramic bathroom tiles, resin, synthetic hair

Variable dimensione

2024

Ph credits Michela Pedranti

essere fatta

 

09. Mother, Daughter, Goddess

plexiglass, studs, silver-plated galvanized brass, iron

2024

181 x 51,5 x 5 cm

Ph credits Michela Pedranti

a colpi

10. Nausicaa is a punk rocker

ceramic, steel, resin, synthetic hair

2024

55 x 24 x 7,5 cm

Ph credits Michela Pedranti

di frusta.

Gilles Deleuze, Il freddo e il crudele

 

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