Wuhan (marzo): personale medico a lavoro all'interno di un reparto covid in Cina

L'intervista

La pandemia senza i virus. Il ritorno al romanzo di Michael Cunningham

Giulio Silvano

Cunningham è tornato al romanzo dopo quasi un decennio, dopo l'esplosione della pandemia. "Cercavo una storia che potesse parlarne ma non direttamente", dice lo scrittore. E così è nato Day, edito per la Nave di Teseo

"Io adoro Instagram”, dice al Foglio lo scrittore premio Pulitzer Michael Cunningham. “Non solo puoi avere degli spiragli su persone che vivono nel contemporaneo. Poi, e forse è una cosa da scrittore arrogante, se seguo a sufficienza qualcuno posso capire la persona dietro i post. Mi chiedo: cosa non sta fotografando? Io non posto da anni, nel lockdown postavo foto del cielo per ricordarmi le sue variazioni ogni giorno”. Dice che di internet gli piace il fatto che ci siano così tanto storyteller e che non debbano necessariamente passare per l’editoria per raccontare cose. 


Con i braccialetti d’argento, la collanina, il fisico tonico, sembra qualcuno che potresti incontrare con una tavola da surf sotto al braccio a Venice Beach o a un vernissage a Dumbo. A 71 anni, montatura spessa tartarugata, capello argentato, barbetta bianca di due giorni, Cunningham è tornato al romanzo dopo quasi un decennio. Racconta che stava finendo un’altra storia e poi, esplosa la pandemia, ha pensato “come si fa a pubblicare un libro senza tener conto di quello che sta succedendo? Non potevo infilare la pandemia in quello che avevo già quasi finito”. E così è nato Day, appena uscito per la Nave di Teseo (traduzione di Carlo Prosperi). “Un romanzo deve riguardare gli esseri umani, non i virus. E quindi cercavo una storia che potesse parlarne ma non direttamente. Nel mio giro conosco varie coppie dove entrambi, marito e moglie, si sono innamorati della stessa persona contemporaneamente, sempre dei ragazzi gay brillanti”. Day parla appunto di questo, di una coppia in crisi, ed è strutturato come il suo romanzone The Hours, in tre giorni diversi, un 5 aprile pre pandemico, uno nel pieno del lockdown, e uno di “ritorno alla normalità, se così possiamo chiamarla”. “Le persone belle, carismatiche e sexy sono forse il 10 per cento della popolazione, ma nei libri sono almeno l’83 per cento, quindi nel mio ho cercato di rendere il personaggio meno eccezionale rispetto a quello a cui si ispira”. Ci sarà prima o poi nei libri di storia della letteratura un paragrafetto che dirà: diversi scrittori hanno affrontato il tema Covid negli anni ’20. “Nessuno vuole davvero leggere un libro sulla pandemia. Sono sorpreso dall’attenzione che sta avendo Day. La gente non vuole pensarci troppo, ma non vuole nemmeno dimenticarsela”. Ma ci sono scrittori che erano contenti in quel periodo, potevano stare in casa a scrivere senza rotture di scatole. “Io non sono uno di quelli però li invidio”, dice ridendo. “Mi sentivo come se ci fosse sempre una perdita di gas. E poi è difficile scrivere se non sai come sarà il futuro, o se ci sarà un futuro. Scrivere è comunque un atto razionale, devi essere in grado di immaginarti un futuro in cui il libro esisterà”.  

Ci sono molte case, molto real estate nel libro. “Oggi è impossibile scrivere un romanzo ambientato a New York senza menzionare il mercato immobiliare. Politica, cultura e mercato immobiliare”. Cunningham è critico verso gli scrittori americani che ignorano la politica, “scrivono come se le classi sociali non esistessero, come se non fosse importante chi è al potere. Non riesco a immaginare uno scrittore africano o sudamericano che non tiene conto di chi controlla la loro vita”. Non vuole dire di chi parla, ma cita invece George Saunders, Miranda July e Victor LaValle come bravi autori contemporanei. “E sono ancora innamorato di Don DeLillo”. Si finisce per parlare di politica. “Pensavo che fosse impossibile che Trump potesse essere rieletto, ora non ne sono più così certo. Sono spaventato e perplesso. È ragionevole pensare che lo scontro sarà Trump vs Biden. Un po’ come quei vecchi film giapponese, Godzilla contro King Kong”.
 

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