Federica Nicolardi

facce dispari

Federica Nicolardi: “L'alleanza tra umanisti e intelligenza artificiale ridà voce a Epicuro”

Francesco Palmieri

"È meraviglioso che con l’intelligenza artificiale il rotolo scansionato nemmeno si tocchi: non subisce danni e ogni errore è reversibile". Parla la ricercatrice di Papirologia presso il Dipartimento di Studi umanistici dell'Università degli studi di Napoli Federico II

L’intelligenza artificiale, mentre prosegue il dibattito su rischi e benefìci, s’appunta una medaglia pour le mérite: la decifrazione della prima porzione di un papiro della biblioteca di Ercolano, che presto sarà completata. Il risultato non è solo frutto delle tecnologie ma dell’approccio americano, perché l’imprenditore Nat Friedman ha lanciato una gara globale appetibile per prestigio e premi in palio: si sono aggiudicati la Vesuvius Challenge, e 700 mila dollari, tre giovani informatici (egiziano, svizzero e americano). E la Challenge prosegue senza angosce per nessuno, poiché non è vero che l’intelligenza artificiale abbia “letto” o “leggerà” i papiri; piuttosto la scansione virtuale ha consentito e consentirà di recuperare i contenuti senza danni, cosa impossibile con qualsiasi intervento fisico diretto sul reperto. L’intelligenza umana resta però indispensabile per la restituzione e l’interpretazione dei testi. Senza papirologi l’informatica non servirebbe, sicché la Vesuvius Challenge segna un patto tra tecnologia avanzata e studi umanistici.

Federica Nicolardi, napoletana, 33 anni, docente della Federico II, è con Gianluca Del Mastro nella squadra della Vesuvius Challenge e lavora col Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi intitolato al sommo grecista Marcello Gigante assieme ai professori – tiene a citarli – Francesca Longo Auricchio, Giovanni Indelli, Giuliana Leone.

 

Qual è l’obiettivo che immagina nel vicino futuro?

Quel che finora si riteneva irrealizzabile: la lettura totale della biblioteca della Villa dei Papiri, una quantità impressionante di testi che saranno almeno parzialmente fruibili. E la possibilità di renderli disponibili online per specialisti o semplici curiosi di tutto il mondo, che svolgeranno i rotoli con la sensazione di entrare in quella biblioteca il giorno prima dell’eruzione del 79 dopo Cristo.

 

Quanti sono i papiri?

Ce ne sono ancora seicento completamente chiusi. Considerando quelli provati o “scorzati”, da cui cioè fu rimosso lo strato più superficiale per leggerne l’interno, ammontano a un migliaio, e con i pezzi che ne vennero separati a milleottocento. Con le nuove tecnologie potranno essere ricomposti. Ma la Villa dei Papiri non è stata scavata tutta ed è presumibile che oltre alla parte greca ospitasse una sezione latina della biblioteca ancora sottoterra. Gli scavatori borbonici talvolta riseppellivano i rotoli pensando fossero pezzi di stoffa o legno carbonizzati.

 

Quali opere conteneva la biblioteca?

Era un tesoro della scuola epicurea con testi di argomento filosofico, comprendenti anche discipline quali fisica, meteorologia, musica, storiografia e naturalmente la retorica. Conteneva però anche opere di altre scuole, per esempio la stoica, con l’intento di conoscerle per criticarle. Non credo invece che troveremo tragedie perdute o opere poetiche. Maggiori sorprese potrebbe riservare la parte latina.

 

Quanto è grande il rotolo della Vesuvius Challenge?

È lungo più di tredici metri per un totale di 160 colonne. Quelle finora lette sono appena quindici, e non completamente.

 

È un’opera sconosciuta?

Sì. I papiri ercolanesi consistono essenzialmente di testi per noi nuovi, non trasmessi dalla tradizione medievale, che arricchiscono la conoscenza dell’epicureismo.

 

Precipitato dalla vulgata come scuola godereccia nell’inferno della filosofia.

Ingiustamente, perché Epicuro vedeva nei piaceri naturali e necessari la vie per la felicità. La porzione di quel rotolo appena letta è dedicata alle sensazioni, al piacere della musica, all’abbondanza. Può l’abbondanza di cibo, per esempio, accrescerne il piacere?

 

Qual è la risposta?

È no. La qualità conta più della quantità.

 

Ha un’idea circa l’autore del testo?

Un’ipotesi è Filodemo di Gadara, molto presente nella biblioteca e di cui ho curato la ripubblicazione del ‘Primo Libro della Retorica’ nel 2018, ricostruito in base a dati bibliologici, calcoli geometrici e connessioni testuali. Le nuove metodologie permettono tutt’altra lettura: a inizi Novecento la ricomposizione dei frammenti era molto più approssimativa.

 

Com’è il dialogo tra un papirologo e i guru dell’intelligenza artificiale?

La differenza emersa è nella velocità. I papirologi sono abituati a un lavoro più lento, dal riconoscimento delle lettere ai confronti sul testo. Per trascrivere le quindici colonne abbiamo proceduto a tambur battente. Ma è meraviglioso che con l’intelligenza artificiale il rotolo scansionato nemmeno si tocchi: non subisce danni e ogni errore è reversibile. Da tutto il mondo hanno lavorato sul papiro senza averlo visto da vicino. Il compito dei papirologi è trasferire agli storici della filosofia un testo quanto più possibile affidabile. Un giorno questi rotoli regaleranno novità anche ai manuali scolastici.

 

Fascino peculiare della papirologia?

Leggere un testo senza intermediazioni da un reperto che si presenta come un blocco impenetrabile. Del resto, senza l’eruzione che li ha carbonizzati, i papiri sarebbero andati perduti per la loro deperibilità nelle condizioni climatiche della Campania. Il Vesuvio ha distrutto e ha salvato.

 

Lei ha due bisnonni speciali: Edoardo Nicolardi e E. A. Mario, celebri poeti e autori di canzoni, da ‘Voce ’e notte’ a ‘La leggenda del Piave’, ma ha scelto una strada lontana.

Ho declinato i loro interessi letterari e la loro passionalità spostandomi sul mondo antico, col sogno di recuperare il pensiero dei nostri predecessori.