Foto Ansa

Libri

Riscoprire Giovanni Papini, autore inevitabile che riuscì a conciliare Leopardi e Poe

Marco Archetti

Raoul Bruni presenta una raccolta dei racconti di uno dei protagonisti del '900 in un libro dove si invita a leggerlo senza prevenzioni o pregiudizi

Le idee, tutte quelle idee, “a volte anche troppe”. Si raccontava così Giovanni Papini nel 1913 tra le pagine di Un uomo finito, autobiografia e ritratto dell’autore da esagerato – stiamo parlando di uno che scrisse tre prefazioni alla sua prima raccolta di racconti, Il tragico quotidiano, e la insignì anche di una Nota per i bibliografi finale. “Uomo-lettore, credi tu di vivere? E non ti parve misera questa vita?”.

Giovanni Papini, prendere o lasciare: meglio prendere, lasciare è stato lasciato a lungo. L’ultima edizione completa dei suoi racconti risale a sessant’anni fa, per l’editore Mondadori, poi a un certo punto fece capolino Sellerio che nel 1992 ristampò una scelta di testi da tre sue raccolte. Sconfinata hybris e altrettanta delusione per un’onniscenza inconquistabile, scosso da febbri e da “precoci disappunti” e tumultuoso onnivoro, Papini debuttò alla conoscenza strepitosamente: entrò in una biblioteca a dodici anni e impazzì di gioia. Per avere diritto d’accesso si finse sedicenne – e sarà stata per quella testa arruffata da adolescente trascurato, saranno stati quegli occhi disegnati male da adulto approssimativo, ma gli credettero

“Ognuno di que’ libri chiudeva quel che cercavo, offriva quel cibo che era fatto per me: storie di imperatori e poemi di battaglie, vite di uomini semidivini, libri santi di popoli morti, e la scienza di tutte le cose e i versi di tutti i poeti e i sistemi di tutti i filosofi”. Dagli zero ai trent’anni: in questa autobiografia c’è tutto per conoscerlo, cosa da fare prima di lasciarsi scivolare nella raccolta completa dei suoi racconti, uscita l’anno scorso, e che si intitola, appunto, I racconti (Edizioni Clichy,  716 pagg., 25 euro). 

“Papini è un autore più noto che letto. E più etichettato che conosciuto.” A dirlo è Raoul Bruni, curatore di questo volumone-risarcimento, dedicato a un autore che andrebbe considerato senza prevenzione manualistica e senza che il trittico pregiudiziale in cui si sono trasformate alcune scelte della sua vita (interventismo; adesione al fascismo; conversione al cattolicesimo) pesi sul piatto più della qualità letteraria. Eppure va così, ci sono bibliografie che scontano biografie. Ma anche tenendo conto di queste false perequazioni, per Papini è grottesco che il disdoro agisca retroattivamente: lo scrittore aveva già scritto autentici capolavori molto prima dell’adesione al fascismo.

 

“Papini appartiene al gruppo degli scrittori ignorati da un certo tipo di critica marxista e letti male dalla cultura di destra” – ancora Raoul Bruni.

 

Giovanni Papini giù per terra, a scolorire di oblio nel cavedio dei Céline e dei Cardarelli. Poi sì, ci sono anche cavedi per gli scrittori di sinistra non abbastanza di sinistra, il letto di Procuste è il codice nelle patrie Lettere e quella attuale non sembra l’epoca giusta per andar per il sottile. Eppure Papini è un autore inevitabile, uno scrittore che vive un’epoca importantissima, che la vive da protagonista, e che anticipa il fantastico novecentesco conciliando Leopardi e Edgar Allan Poe, mettendo al centro quell’interiorità, nel rapporto col mostruoso, su cui lavorerà anche Freud. Se ne accorse Borges, che incluse alcuni suoi racconti nella raccolta Lo specchio che fugge, curata nel 1975 per la collana “la Biblioteca di Babele” di Franco Maria Ricci. Se ne accorse Giorgio De Chirico – lo storico dell’arte Mario Calvesi attribuì a Il tragico quotidiano e al Pilota cieco responsabilità non indifferenti per la svolta metafisica dell’artista. Non se n’è accorta l’editoria italiana prima di Clichy, che è spesso editore meritorio – intanto, su IG, le foto delle copertine di Papini in spagnolo sono più numerose di quanto non lo siano in italiano.

Citiamo il racconto Il mendicante di anime: uno scrittore spiantato ha bisogno di una storia da scrivere. Allora, per ispirarsi, cerca un uomo ordinario. Lo trova. “L’uomo piccolo, la piccola ruota della grande macchina, quell’uomo che io credevo impossibile, inesistente, immaginario, eccolo qua, pauroso e terribile”. Pochi anni dopo, uno sconosciuto praghese avrebbe generato l’insetto umano più importante della storia della letteratura.

Di più su questi argomenti: