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la cultura e israele

Da Rowling a Sansal, i pochi scrittori loquaci sul 7 ottobre

Giulio Meotti

I grandi scrittori tacciono sul massacro dei terroristi di Hamas in Israele. Pochissime le mosche bianche

“Hamas si ispira a Hitler”, scrive l’intellettuale liberal americano Paul Berman sulla Neue Zürcher Zeitung: “Le loro idee sono un mix infernale di fondamentalismo islamico e ideologia nazista. Hamas non si accontenterebbe di uno stato palestinese”. Bastava questo a uno scrittore per fare chiarezza morale sul 7 ottobre. Ma dove sono i blasoni letterari? Dai Nobel Annie Ernaux, Olga Tokarczuk e Abdulrazak Gurnah a Ian McEwan, tutti a firmare la lettera aperta alla Buchmesse di Francoforte contro la cancellazione della scrittrice palestinese Adania Shibli. La condanna  di Hamas è (quasi) scontata, mentre una scrittrice che in “Un dettaglio minore”, uscito  per La Nave di Teseo, racconta di uno stupro da parte di alcuni soldati israeliani nei confronti di una ragazza araba nel 1949 e che descrive Israele come una macchina mortale merita una difesa potente.  Oppure gli scrittori sono a difendere un altro collega cancellato da un importante centro culturale di New York, il 92NY, che ha revocato un dibattito con Viet Thanh Nguyen, l’autore del romanzo “Il simpatizzante”, per aver firmato una lettera aperta molto dura contro Israele (Nguyen ha anche sposato il boicottaggio dello stato ebraico).


Intanto, la Writers Guild of America non riusciva a formulare una dichiarazione pubblica che condannasse le 1.400 uccisioni di Hamas. E così grandi nomi come Jerry Seinfeld, per la verità un manipolo di eroi liberi, accusano la Writers Guild di aver precedentemente fatto commenti pubblici a sostegno del movimento Black Lives Matter e del #MeToo, ma di essere “rimasta in silenzio quando i terroristi hanno invaso Israele per uccidere, stuprare e rapire ebrei”. 

Tacciono gli scrittori, come l’irlandese Sally Rooney, che appena un anno fa aveva impedito che i suoi romanzi editi in Italia da Einaudi fossero tradotti in ebraico (mai visti protestare quando sono tradotti in cinese, turco o russo). O la romanziera britannica, Kamila Shamsie, premiata e apprezzata (in Italia pubblica per Ponte alle Grazie), che ha detto all’editore israeliano Keter: “Sarei molto felice di essere pubblicata in ebraico, ma non conosco editore ebraico che non sia israeliano”. 

Non che i grandi scrittori abbiano mai spiccato per solidarietà a Israele. In passato, l’autore del bestseller “Il mondo di Sofia”, Jostein Gaarder, perfette credenziali liberal, in un articolo per i quotidiani norvegesi si era perfino e apertamente augurato la distruzione d’Israele: “Che Israele non abbia pace fino a che non deponga le armi”. E ancora: “Date un rifugio ai profughi israeliani”, immaginando il giorno in cui di Israele non resterà traccia. 
In un’intervista allo Spiegel, il Premio Nobel per la Letteratura Günter Grass disse di avere una soluzione al conflitto mediorientale: “Israele deve lasciare non solo i territori occupati, anche l’occupazione della terra palestinese è un atto criminale”. Tradotto: via anche dalle terre del 1948. Via dai kibbutz di Kfar Aza e Be’eri, dove Hamas ha appena massacrato duecento israeliani. 

E sul Mundo, Antonio Gala, venerato maestro delle lettere iberiche, classe 1920, scriveva nel 2014: “Adesso dovete soffrire per Gaza”. Senza dimenticare il Nobel 2022, Annie Ernaux, una convinta sostenitrice del boicottaggio di Israele e di un appello per chiedere il rilascio di Georges Abdallah (che ha fondato le Fazioni armate rivoluzionarie libanesi nel 1980 ed è stato condannato all’ergastolo per l’assassinio nel 1982 dell’addetto militare statunitense Charles R. Ray e del diplomatico israeliano Yaakov Bar-Simantov). Ricorda la Bild tedesca: “Incredibile, Ernaux ha chiesto il rilascio di Georges Ibrahim Abdallah, un famigerato terrorista libanese che si trova in una prigione francese per l’omicidio di un americano e di un israeliano davanti alla moglie e alla figlia di otto anni”. 

L’onore della letteratura, ancora una volta, è stato salvato da J. K. Rowling, che prima ha commentato lo scandalo dei bambini ebrei a Londra che devono nascondersi, e che poi ha perorato la causa dei bambini israeliani uccisi e rapiti da Hamas

Fino a romanzieri algerini come Boualem Sansal, l’autore di “2084” (Neri Pozza), che al Point in edicola dice che per il suo sostegno a Israele è finito “in tutte le liste nere”, islamiche e occidentali. E le seconde sono molto più gravi delle prime, spesso vergate da chi è rimasto stranamente basito sul pogrom di Simchat Torah.
 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.