La sofferenza della gloria

Alla feria de Abril di Siviglia con la moglie coraggiosa del torero più audace

Il flamenco, le feste nella festa dentro le casetas e naturalmente le corride. Una settimana di allegria ha fatto danzare Siviglia, dove incontriamo Lidia Cabello e Juan José Padilla. Dopo l'incornata che accecò un occhio al "Pirata", fu lei ad incitarlo a tornare in arena

Caterina Di Terlizzi

Si sono spente ieri, dopo una folcloristica settimana, le luci passionali della Feria de Abril, una delle feste internazionali e popolari più importanti d’Europa. In una Siviglia splendida come sempre, gli andalusi, finita la corrida in cartellone alle 18:30 alla severissima Plaza de Toros de la Real Maestranza, sono saliti sulle carrozze, lungo il corso del Guadalquivir, fino al quartiere di Los Remedios, sud della città. Là hanno rivissuto la festa secondo tradizione, in una città popolata da una dozzina di vie dedicate agli eroi della tauromachia, da Joselito El Gallo che fu un bambino prodigio nel mondo taurino a Juan Belmonte, soprannominato “la meraviglia di Triana”, quartiere della sua città natale e fondatore del toreo moderno.

   

Suonano i carillon delle giostre e fra le casetas, piccole e grandi casette fieristiche, partono canti e balli alla sevillana, quattro brevi danze di coppia di origine popolare e appartenenti alla tradizione andalusa. Originariamente era un ballo di coppia uomo – donna nel quale il gioco di seduzione era predominante. Le quattro sevillanas venivano associate ai vari momenti dell’innamoramento: l’incontro, la seduzione, il litigio e il riavvicinamento.

 

Balze, frappe e stoffe fascianti colorate a pois avvolgono le donne di ogni età, esaltando i corpi da sirena, di ieri e oggi, appena protetti dalle frange di scialli ricamati a fiori color dell'iride. Una carnosa rosa rossa fissa le acconciature delle ballerine di flamenco, tacchi e nacchere ritmiche all'unisono, per l’allegria di uomini in giacca, cravatta, cappello o indumenti campestri tradizionali, anche sotto il caldo infernale, questa settimana la massima è di 37 gradi.

  

Nei giorni e nelle notti della feria si festeggia ebbri, ma la tauromachia è regina. Arrivano con un tiro a quattro il matador Juan José Padilla detto “il Pirata” e la sua amata Lidia Cabello. Sono i principi del coraggio, il torero e la moglie, complici nel pericolo.

  

Lei scende per prima dalla sontuosa carrozza. Tailleur di raso di seta color cipria, chioma castano lucido, bellissima “Per moltissimi anni non siamo mai venuti insieme alla Feria de Abril, perché Juan toreava, le corride sono tante e per un torero in attività la vita è difficile. Ci sono gli allenamenti, i pensieri, la paura”, dice, bevendo Coca Cola con la mano intrecciata a quella del marito e un sorriso indimenticabile da Maya del Goya.

  

Lidia e Juan si conobbero quando lei aveva 14 anni, lui 17, non ancora torero, solo garzone da un fornaio. Tutti i giorni Juan lasciava alla ragazza un panino in regalo, affidandolo alla futura suocera. Un panino profumato, appena uscito dal forno rovente, bastò a quell'amore di ragazzi.

 

Lidia è la moglie coraggiosa del torero considerato oggi più audace. Temeraria più di lui perché, dopo la tragica incornata subita dal marito a Zaragoza - un toro infernale lo accecò all' occhio sinistro - fu lei ad incitarlo a tornare in arena. “Ero pronta a dirgli che si sarebbe dovuto ritirare mentre pativa sotto i ferri del chirurgo. Quando si svegliò, percorsi il corridoio che mi portava alla sua stanzetta d’ospedale, ma quando lo vidi riuscì a dire giusto 'Non è successo niente di grave amore mio, devi rimetterti presto perché tra poco andrai a toreare in Sud America. Io verrò con te'. Dovevo sostenerlo, so che la corrida è la sua felicità, dovevo togliergli la felicità?”. Sul volto di Lidia scende una lacrima, dolcissima “Tutto il mondo gli diceva di chiudere la sua carriera e io sola lo animavo a tornare, guercio e a rischio di morire, perché sapevo che era il destino che voleva”.

  

Nel 2018, Padilla ha annunciato il suo ritiro da una carriera lunga 25 anni. “La verità è che si soffre troppo vedendo il tuo uomo sfidare la morte e dopo che si è ritirato son tornata a respirare, la mia vita è cambiata. In bene”. Con nostalgia e orgoglio Lidia racconta pagine di vita. Innamorata, moglie, mamma fiera perché la figlia Paloma, sangue bollente come i genitori, si addolora del congedo del padre dalle corride. 

 

Seduti al tavolo di una Caseta privata, davanti a una caraffa gelata di Rebujito, vino bianco e gazosa, le parole del matador Juan José Padilla si intrecciano ai racconti della moglie, allegri e no. “La paura esiste sempre per noi toreri: prima, durante e dopo il combattimento. Però si può vincere ed è l’obbligo di un matador, vincere. Come? Con la formazione fisica e mentale. Fisicamente devi essere forte, ti aiuta ad avere la mente lucida nel frapporti a un toro smisurato. La paura è importante, ti fa sapere quel che rischi di fronte a un gigante da 600 chili. Non aver paura significa non fare una buona corrida, non rischiare. Se sei cosciente di giocarti la vita con il toro, hai paura e sai di dover nasconderla al meglio che puoi. Hai paura prima perché consapevole di quello che stai per fare, quando vinci perché sai che toreerai di nuovo a breve”.

   

Juan José Padilla pizzica la guancia a sua moglie e conclude: “Un torero resta per sempre torero, ma adesso sono felice di ricevere i messaggi di Lidia e andarle a prenderle ciò che le serve in farmacia, al mercato”. Poi la coppia magnifica va a ballare, balla il flamenco anche il pirata, abituato a danzare con la morte e a sedurla, lontano dalle arene fragorose di ovazioni in suo onore. Ora che vive nel Pantheon della muleta può godersi la festa, Olè.