Il cinema raccontato da Quentin Tarantino, nel suo primo libro
“Cinema Speculation” è uscito il primo novembre da Harper Collins. La Nave di Teseo pubblicherà l’anno prossimo l’edizione italiana. Ha tutto quel che possiamo aspettarci da un libro sul cinema firmato da uno dei registi più travolgenti in circolazione (e molto di più). Unico difetto: ogni pagina invita a fermarsi per vedere almeno un paio di film
Istruzioni per crescere un figlio beneducato che farà grandi cose. Portarlo al cinema da piccolo, scegliendo film non adatti alla sua età. A otto o nove anni, c’erano in cartellone: “Conoscenza carnale”, “Domenica maledetta domenica”, “Una squillo per l’Ispettore Klute”, “M.A.S.H”, “Il padrino”. Non capisce tutto, ma per stare con i grandi deve rispettare due regole. Primo, non rompere le scatole. Secondo, non fare domande cretine durante la proiezione (tutte le domande lo sono, il buio della sala a differenza del divano di casa esige un certo rispetto).
I punti oscuri si chiarivano all’uscita, per esempio il fotogramma fisso nel finale di “Butch Cassidy”, con Robert Redford e Paul Newman. “Cosa è successo?”, chiede il ragazzino. “Sono morti”, risponde la mamma. “Come lo sai?”, insiste il giovane spettatore, non ancora pratico delle scorciatoie: “Lo so perché lo so”. “Avrebbero dovuto mostrarlo”, conclude il ragazzino, che ha cambiato idea solo dopo anni. Ma ancora ricorda la gioia di osservare gli adulti, la sera, nel loro habitat naturale.
“Little Q Watching Big Movies” apre “Cinema Speculation”, primo libro sul cinema firmato da Quentin Tarantino. Dopo gli interventi estemporanei che i fan conoscono. Alla Mostra di Venezia nel 2004 era spettatore entusiasta, e commentatore, della retrospettiva sui B-movies italiani. Tutti i suoi film sono rivisitazioni della storia del cinema: la Blaxploitation in “Jackie Brown”, il western in “Django Unchained” o in “C’era una volta a Hollywood”, che funziona come un doppio spettacolo. Il film con Leonardo DiCaprio e il suo stunt-man Brad Pitt, il romanzo che racconta le opinioni di uno spettatore tanto audace da vedere film con i sottotitoli, ribaltando giudizi – “i tristi babbei Jules e Jim, sarebbe stato meglio se la tipa fosse morta annegata subito”.
“Cinema speculation” è uscito pochi giorni fa da La Nave di Teseo, il regista verrà in Italia il 6 e 7 aprile per presentarlo. Ha tutto quel che possiamo aspettarci da un libro sul cinema firmato Quentin Tarantino, e molto di più. Basta non lasciarsi ingannare dall’indice, che va da “Bullit” (1968) a “Un tranquillo weekend di paura”, a “Taxi Driver”. Con un curioso esperimento mentale, la “speculazione” del titolo: “Come sarebbe stato ‘Taxi Driver’ se invece di Martin Scorsese lo avesse diretto Brian De Palma?” (era stato De Palma a leggere per primo il copione di Paul Schrader; lo aveva trovato poco commerciale e lo aveva dirottato verso “Marty”).
Non sono monografie, sono pezzi di storia del cinema raccontati con una passione che fa di Quentin Tarantino uno dei registi più travolgenti in circolazione. Si fa perdonare anche i danni fatti alle nuove – ma non più tanto – generazioni convinte che sia stato lui a inventare il cinema. Se leggessero “Cinema Speculation” (avendo finora accuratamente evitato qualsivoglia storia del cinema) capirebbero che neanche il geniale Tarantino nasce dal nulla, figuriamoci chi di talento è scarso.
Il capitolo dedicato a “Daisy Miller” – il film di Peter Bogdanovich tratto da un racconto di Henry James – racconta il momento in cui molti registi adattavano opere letterarie, “Via dalla pazza folla” di Thomas Hardy o “Nemici: una storia d’amore” di Isaac Bashevis Singer. Nelle mani sapienti di Bogdanovich, la storia dell’ereditiera Daisy Miller in visita alle bellezze e alle rovine di Roma ha il ritmo delle commedie di Howard Hawks: battute a raffica, come in “Gli uomini preferiscono le bionde” o “Susanna!”. E’ l’unico difetto del libro: ogni pagina invita a fermarsi per vedere almeno un paio di film.
Intervista a Gabriele Lavia