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l'indagine storica

La vita quotidiana medievale passava dal letto, e non solo per dormire

Giulio Silvano

Pranzi, processi e udienze tra cuscini e lenzuola. Un libro

Il letto è sempre stato un grande indicatore della condizione socioeconomica di una famiglia, anche prima di feng shui, memory foam e televendite di Giorgio Mastrota. Il letto della plebe era costruito con poche assi e un po’ di paglia, quelle dei poveri negli ospedali caritatevoli erano spesso costruiti con due cavalletti, viandanti e pellegrini si accasciavano su delle stuoie intrecciate anche nel mezzo della foresta.

I letti dei ricchi invece ben imbottiti, avevano coperte e lenzuola e cuscini di seta, baldacchini e scendiletto, stoffe colorate pregiatissime. Quelli dei signori avevano poi spesso un lettino a rotelle infilato sotto, come una brandina, per farci dormire nell’eventualità un valletto fedele. Prendendo miniature, dipinti, rime e racconti cavallereschi, Chiara Frugoni nel libro uscito da poco per il Mulino, A letto nel medioevo, analizza questo fulcro della vita quotidiana medievale, non solo notturna. Se c’è qualcosa che infatti è cambiato rispetto all’epoca di Dante e Boccaccio è che il letto diventava anche di giorno luogo di incontro, non solo romantico. In alcune case, per il freddo, si pranzava in camera da letto per sfruttare il caminetto usato per non infreddolirsi la notte. Alcuni re, come Carlo VI, avevano l’abitudine di ricevere i suoi consiglieri stando mezzo sdraiato a letto, e non è un caso che molti processi, nel XV secolo, si tenessero in una stanza chiamata “lit de justice”, perché il re stava su un trono a baldacchino che sembrava un letto. Carlo V, altro appassionato, ne aveva uno di circa quaranta metri quadri e i funzionari ci si ritrovavano tutti intorno. Come dice Mel Brooks in molti suoi film: “Bello essere il re”.

Si racconta che Carlo di Windsor, quand’era ancora principe, se andava ospite nei manieri altrui, anche per una sola notte, si faceva portare il suo letto in un furgone e lo facesse rimontare nella stanza degli ospiti, per non stare scomodo. Tornando al medioevo, viene fuori poi che tutti, allora, dormivano nudi. Per liberarsi da pulci e altri animaletti, i vestiti venivano lasciati appesi a un palo e, anche quando si condivideva il letto con amici o famigliari, si stava senza pigiami. Lo stesso valeva per i servi che spesso stavano nello stesso lettone, come i malati negli ospedali. La normalista Chiara Frugoni, già figlia di un medievista, nonché ex moglie di Salvatore Settis, è morta lo scorso aprile, lasciando questo libro come ultimo capitolo di una sua lunga e dettagliata ricerca nella vita quotidiana medioevale. Il testo uscito nel 2020, Paure medievali, mostrava il terrore dell’uomo del 1200 di fronte alle pandemie. “Quando ho iniziato a scriverlo non ho mai pensato che il lontano passato medievale sarebbe stato così prepotentemente presente”, disse in un’intervista. Quello del 2022 descrive, appunto, le camere da letto, spazi in cui siamo stati costretti più del solito durante il Covid, come un effetto della paura della nuova peste.

Ma paralleli a parte (difficile trovare mestieri da smart working e Zoom tra i contadini europei nel XIII secolo) l’elemento più rimarchevole del libro di Frugoni consiste nel vedere quanto spesso il letto fosse rappresentato nelle miniature e nelle opere visive dell’epoca, e accorgersi di quanto spesso questo mobile notturno sia protagonista di novelle dell’antichità. Nella tragedia di Ghismonda e di Tancredi, come molti altri episodi del Decameron, il letto gioca un ruolo chiave, così come nei roman su Lancillotto. Ma anche molte scene religiose accadono nella stanza da letto, miniaturizzate in preziose bibbie, come la moglie di Putifarre che cerca di sedurre Giuseppe, la tentazione di sant’Antonio o la nascita di Maria.

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