LA NUOVA "TRADIZIONE ORALE"

Con Storielibere alle radici dei podcast

Marianna Rizzini

Nella redazione della piattaforma leader di download che, partendo da un tavolo blu, con le sue serie audio riesce a governare il rapporto biunivoco tra parola scritta e quella “scritta a voce”

È cominciato tutto con un tavolo tondo blu. O forse il tavolo tondo blu con le buche da cui spuntano i cavi degli I-pad sta per il luogo dove tutto è cominciato, nel senso della storia di Storielibere.fm, piattaforma editoriale di podcast audio, leader per numero di serie podcast originali pubblicate e per ascolti (dieci milioni di download nel dicembre 2021, e a inizio 2022 sono stati superati gli undici). Il tavolo blu è quello che Storielibere si porta dietro fin dalla prima apparizione al Salone del libro di Torino: era la primavera 2018 e la piattaforma veniva ufficialmente presentata in un angolo del Lingotto, in mezzo a torme di ragazzine con le cuffie. E un visitatore che si affacci oggi nelle due sale della redazione, a Milano, negli spazi coworking a due passi dalla Fonderia napoleonica, vedrà sempre il tavolo e molte cuffie (quelle sulla testa o sulla scrivania di redattori, coordinatori, social media manager, manager editoriale, fonico e amministratore delegato), ma resterà rapito dal potere evocativo del “tavolo da podcast”, trasportato ogni volta da Milano a Torino assieme alle lettere cubiformi dell’insegna, ora avvolte nel cellophane in cima a un armadio.

   

Tuttavia non è cominciata davvero a Torino, la storia di Storielibere, oggi forte di tre anni di crescita con le serie podcast più note (da “Morgana” a “F***ing genius” a “Il gorilla ce l’ha piccolo”, per citare soltanto le pioniere tra le tantissime messe in cantiere nei laptop-scrigni magici in cui entrano parole scritte ed escono “parole scritte a voce”).

    

    

 

C’era una volta infatti Rossana De Michele, giù produttrice, regista, autrice, talent scout, manager televisiva e radiofonica, e ora ceo e fondatrice della piattaforma che dirige con il co-fondatore Gian Andrea Cerone, coadiuvati dall’editorial manager Guido Guenci, oltre che da un gruppo molto coeso di giovani “nativi” (assunti cioè a Storielibere come primo lavoro nel mondo dei podcast e in alcuni casi come primo lavoro tout court) e da una manciata di consulenti stabili che curano ognuno un ambito, dalla parte sonora al rapporto con i brand.

 

Di solito funziona così, racconta scherzando De Michele: succede che se Storielibere si innamora di un collaboratore anche il collaboratore ricambia e si mette a lavorare solo lì. Il concetto è che se uno ha una buona idea ben venga, si prova a vedere l’effetto che fa e non è detto che per avere un buon effetto serva avere già un nome. Cosa che magari aiuta, specie nel rapporto con le piattaforme a pagamento (Storielibere ha appena rinnovato il contratto con Audible), ma che non toglie la voglia di sperimentare, dice De Michele rievocando i giorni del 2017 in cui neanche più ci si poteva consolare con la canzone “Video killed the radio star”: lo storytelling via radio (De Michele allora stava lavorando per Radio 2), sembrava soffrire, sì, ma non per la concorrenza ormai stabilizzata del video. La crisi era trasversale ai mezzi e riguardava più che altro i tempi e i modi, tanto che pareva non ci fosse più spazio mentale e fisico per la parola. Eppure la voglia di approfondimento stava trovando da sola un’altra strada, anche se il podcast era ancora poco sperimentato in Italia.

  

 

Detto e fatto: dopo una lunga carriera iniziata sui documentari nel 1989, e dopo una lunga permanenza nella Mtv degli anni d’oro, oltre a un sempre lungo sodalizio artistico e produttivo con l’amica e collega Camila Raznovich, Rossana De Michele si ritrova alla festa per i vent’anni di Mtv a parlare con l’ex capo Antonio Campo Dall’Orto, che di Mtv è stato direttore, prima di ricoprire la vicepresidenza esecutiva di Viacom International e la direzione generale della Rai. Pur avendo appena chiuso il cerchio documentaristico, con un lavoro per Sky Arte per i cent’anni dalla nascita di Fernanda Pivano, De Michele aveva allora espresso l’idea a Campo Dall’Orto: e se fondassi un’azienda focalizzata sul podcast? E si sa che a volte le idee camminano su gambe impreviste, in questo caso la società di produzione in cui aveva contatti il futuro socio Cerone, società che decide di sostenere l’impresa nascente. Il resto lo fa la possibilità di ingaggiare talenti con cui De Michele aveva già lavorato.

 

Tempo quattro-cinque mesi, e Storielibere veleggia, dopo innumerevoli riunioni-pranzo alla Feltrinelli, verso la presentazione al suddetto Salone di Torino, carica di determinazione nel veicolare con i fatti – le prime serie podcast – concetti mai più abbandonati di cui Storielibere va fiera, come ripetono dal primo all’ultimo tutti gli appartenenti a quella che sembra nei modi  una famiglia ma che in realtà è già una  corazzata. Accanto alla Fonderia si produce infatti per sé, per Audible e per alcuni brand (Bper, Unilever, Buddybank), ma non si tradisce la parola d’ordine-marchio identitario: “Militanza”. Militante deve essere l’autore, nel senso di competente nella materia oggetto del suo “scritto a voce”, e non importa se la competenza è hobbistica o lavorativa: tra le nuove serie per il 2022 c’è per esempio “Nihao”, in cui il comico Ubaldo Pantani si cimenta con la cultura e la lingua cinese accanto alla sinologa Ginevra Barducci, proponendosi come ambasciatore di uno scambio culturale Italia-Cina per mezzo di uno stand up nella lingua sconosciuta: i curatori si sono trovati inizialmente a dover fronteggiare un Pantani perplesso di fronte al se stesso in forma podcast, ma la perplessità è durata pochissimo e il comico ne è uscito entusiasta. Stessa cosa per l’architetto, restauratore e scrittore Antonio Forcellino, durante la creazione della serie podcast “Il secolo dei giganti”.

 

Reimparare a camminare, questa la sensazione di alcuni autori, abituati a scrivere, ma non a scrivere evocando l’immagine che non c’è e anticipando un suono che sottolinea la parola. Come si fa a “scrivere a voce”, questo il problema per chi però, dice De Michele, “non ne poteva più, come non ne potevo più io, di un mordi e fuggi insopportabile nei contenuti, compressi e parcellizzati. Io a un certo punto ho sentito il bisogno, e con me molti altri, di una dieta mediatica, di una sorta di slow food nella fruizione, di un racconto più disteso che desse nuova centralità alla scrittura”. Poi c’è la militanza, spiegata da chi ne fa una disciplina di pensiero: “Ci siamo posti come obiettivo quello di cercare autori appassionati dei temi che trattano e soprattutto credibili nel trattarli. Ne cito uno per noi importantissimo: Matteo B. Bianchi, che con la sua rivista letteraria indipendente ‘Tina’ ha fatto esordire talenti sconosciuti e che con la sua creatività ci ha accompagnati fin dai primi tempi. E cito anche, tra gli altri, Massimo Temporelli, esperto di intelligenza artificiale, l’uomo che ha dato l’input, durante la pandemia, per la trasformazione delle maschere da sub in respiratori. Da  anni Temporelli vola negli ascolti con la serie ‘F***genius’ ”.

 

E quello che in effetti è un passo nel futuro – il podcast – in qualche modo si fa balzo nel passato, come ritorno a una tradizione orale che ora però si immette in un unico flusso di scritto, voce e ancora scritto (libri tratti dalle serie podcast: Storielibere ne ha già undici) e collaborazioni con brand per cui il racconto diventa simbolo di un campo valoriale con cui un’azienda vuole essere identificata. Ed ecco che si trasforma in emblema di coraggiosa imprenditoria femminile la storia delle sorelle Angela e Luciana Giussani, demiurghe dell’universo Diabolik nella Milano del Dopoguerra, quando il formato tascabile diventava oro in mano ai travet. Le due ragazze del boom, nella città che si risvegliava dal sonno della guerra, sono dunque protagoniste di “Les diaboliques”, serie originale prodotta da Storielibere per Bper.

   

 

Passo indietro: molto insoddisfatte della compressione della parola, nel momento in cui De Michele decideva di puntare sui podcast, c’erano anche la scrittrice Michela Murgia e l’autrice Chiara Tagliaferri, migrate a un certo punto dalla radio al podcast con “Morgana”, leader di ascolti e oggi anche serie-spin off per Buddybank sul tema dell’emancipazione femminile (tra le serie non legate a brand compare poi “Vietato invecchiare”, in cui Francesca Barra e Silvia Galeazzi entrano nel vivo della domanda: “Perché dopo i 35 anni una donna non è più considerata giovane?”).

 

Scorrendo i titoli di Storielibere, guardando indietro e avanti, alle serie che arriveranno, c’è spazio per l’“Archivio Pacifico” dell’omonimo scrittore Francesco, per la cultura queer e per la “Favolosa economia”, raccontata al netto dei pregiudizi che la fanno sembrare astrusa ai neofiti o ai negati in matematica. E c’è la collaborazione con l’Airc con “Tits up!”, podcast in sei episodi sulla storia di donne che hanno vissuto o stanno vivendo il tumore al seno, narrato da Samanta Chiodini, la cui recente scomparsa impone a chi resta, dice De Michele, il compito che ci si era prefissati: eliminare dal lessico legato al tumore il concetto di “lotta” in cui si vince o si perde: “E’ la ricerca che deve combattere, non chi si ammala”. Tra le storie libere ha fatto molta strada, in questi anni, anche “A morte il tiranno”, in cui Matteo Cavezzali racconta le vicende degli uomini e delle donne che a un certo punto  hanno deciso di uccidere un despota vero o presunto. Attraverso le vite dei regicidi o aspiranti tali si entra nelle contraddizioni dell’animo umano, in bilico tra attrazione per il potere e desiderio di disobbedienza. Un’altalena protagonista, attraverso miti e simboli, anche del “Bestiario politico” di Gianluca Briguglia, docente di Storia delle Dottrine Politiche a Venezia.

  

Dietro lo schermo del telefono o dell’Ipad da cui la voce arriva a chi ascolta le serie podcast mentre cammina, corre o guida, ma anche a chi preferisce farsi cullare dal racconto sdraiato sul divano, c’è la vita quotidiana lavorativa di chi i podcast li fa e li cresce come fossero bambini, anche a volte confrontandosi, pur senza scontrarsi, con piccole riottosità autoriali. “Dovete fare anche un po’ gli psicologi?”, chiede e si chiede il visitatore che immagina l’erosione della pazienza in capo a un curatore che si veda respingere dall’autore il consiglio di modifica (capita infatti che i primi invii risentano dell’abitudine a scrivere non “a voce”, con periodi troppo lunghi e incisi impossibili da leggere mantenendo il ritmo). Invece no: a Storielibere dicono che gli autori si affidano, anche loro un po’ “bambini di ritorno” che devono imparare un nuovo modo di esprimersi per affabulare, e a volte sono già istintivamente pronti per il passaggio su podcast e a volte hanno bisogno di rodaggio, ma tutti alla fine si scoprono diversi e contenti, tanto che qualcuno, racconta Rossana De Michele, passa definitivamente alla scrittura snella e immaginifica che il mezzo richiede per evocare quello che non si vede, ma senza l’intercalare inclusivo della radio. E il rapporto tra voce e parola scritta si auto-alimenta: la piattaforma podcast Storielibere a volte si fa “live”, a teatro con il Piccolo o ai festival, dove viene anche “intervistata” (è successo con il Tg1 a Torino), e punta da un lato all’informazione (rassegna stampa quotidiana di Massimiliano Coccia in “Quarto potere”; partnership editoriale con questo giornale; ingresso del gruppo Mauri Spagnol – Gems – nell’estate del 2021, con l’acquisizione del 30 per cento di Storielibere) e dall’altro sulla formazione, con l’accordo annuale con le scuole Holden e Belleville, e con le collaborazioni per il master del Sole24Ore e Minimum Lab. 

 
Nessuno fa capricci da neofita del podcast, almeno non a lungo, raccontano le giovani curatrici Cecilia Belluzzo – studi al Dams e approdo a Storielibere – e Veronica Buscarini, che dopo l’università, passando per la Holden, ha scoperto i podcast e non se ne è più staccata. Entrambe sono in un certo senso autodidatte del sound design, studiato da un lato sul campo e dall’altro con corsi on-line durante la pandemia. Veronica è stata l’unica ad alzare la mano, alla Holden, la prima volta che qualcuno ha chiesto “sapete cos’è un podcast?”; Cecilia spiega la funzione di punteggiatura di musica e suoni. Nonostante lavorino su diversi progetti, si sentono parte di un luogo che è anche un metodo e un modo di pensare e lavorare (stessa impressione si ha mentre si parla con Giovanna Surace, pilastro del coordinamento redazionale, e con Giacomo Botto, social media manager e comunicazione). Bisogna però parlare con l’editorial manager Guido Guenci per trovare l’aneddoto degli aneddoti sugli esordi a Storielibere: il suo è avvenuto grazie a una provvidenziale richiesta di un numero di telefono altrui da parte di De Michele – operazione che fece però ricordare a De Michele la precedente proficua collaborazione con Guenci, carriera a Mtv e poi da giornalista al Gruppo Espresso. Altri aneddoti sparsi: la mirabolante festa di cinquant’anni di De Michele nell’attico in Via Palermo, sede della redazione per un tempo troppo breve, e i giorni a sorpresa in cui Giovanna organizza la riunione di sviluppo. Ma dove guarda Storielibere, in un momento in cui gli investimenti nel settore crescono, con Spotify acquirente prolifico oltreoceano e il NYT che qualche mese fa ha comprato Serial Productions, società dietro al podcast Serial, per venticinque milioni di dollari? “La sfida è non cedere per forza al richiamo dei ‘like’”, dice De Michele, “pur mantenendosi nel mercato”. E poi “rimettersi in gioco, ogni volta, per continuare a crescere, perché il podcast possa diventare presto un prodotto popolare”. 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.