Una scena di "Le mani dell'altro" (Orlac's Hände), film del 1924 diretto da Robert Wiene 

Arte a parte

Tullio Pericoli sulla distanza che c'è fra l'esperienza artistica e la sua comunicabilità

Rinaldo Censi

L’ultimo libro dell'artista (Adelphi) somiglia a un piccolo “baedeker” per pittori, a un manuale d’istruzioni che poggia su ricordi personali

Leggendo Arte a parte, l’ultimo libro di Tullio Pericoli recentemente editato da Adelphi, ci è capitato spesso di pensare a un film tedesco degli anni 20. Smilzo com’è, somiglia a un piccolo “baedeker” per pittori, a un manuale d’istruzioni che poggia su ricordi personali: riflessioni sul proprio mestiere, a cui l’anatomia non è estranea. Si disegna (e si scrive) con il proprio corpo. Ecco qua, dunque, una serie di considerazioni capaci di restituire procedimenti, pratiche, usi della pittura e del disegno. Le ha annotate lo stesso Pericoli, lavorando sulla propria esperienza di artista, facendo in modo che le parole vaganti nel suo studio restassero impigliate sulla carta, come un “pulviscolo vagante nell’aria” capace di innescare ricordi, riflessioni, domande. Ma il film? Si intitola Orlac’s Hände. In italiano, Le mani dell’altro. Dopo un incidente ferroviario, a un pianista vengono trapiantate le mani di un criminale. Dunque? A chi appartengono ora quegli arti? Ci sembra di ritrovare qui alcune delle ossessioni di Pericoli: la mano è dotata di una propria personalità. Sfugge al nostro controllo; come se una parte di noi agisse con mente propria. 


Chi ha scritto allora questi ricordi? Chi ha annotato questi pensieri trasferendoli su carta? Potremmo dire: qualcuno pensa, ricorda, organizza: una mano scrive, gli occhi sulla fronte la osservano, mentre quelli della mente vigilano su tutto. Ma per trasformare l’esperienza silenziosa della creazione in scrittura dobbiamo affrontare un primo scoglio: come tradurre le sensazioni che affiorano mentre si disegna? Quei brevi fenomeni captati sulla superficie del foglio, come renderli? “Mentre li vedo mi si ripropone il problema delle parole, di non trovare appunto le parole capaci di spiegarli a me stesso, quelle parole che, a possederle, mi darebbero l’illusione di poterli rendere più comunicabili e quindi più veri”. C’è dunque qualcosa che separa l’esperienza artistica dalla sua comunicabilità. Questo libro ne porta le tracce. Arte a parte cerca di rendere palpabile e misurabile questa distanza. Prendete le magnifiche pagine sul tatto. Chi non vorrebbe toccare le scie delle pennellate di un campo di grano di Van Gogh? E che dire delle linee tracciate da Picasso, riviste nel film di Henri-Georges Clouzot cercato su YouTube? Qual è l’istante esatto in cui una semplice linea diventa una linea di Picasso?

 


Tatto. Vista. Ritratto. Grammatica. Linea. Superficie. Pittura. Attrezzi. Ispirazione. Paesaggio. Ogni capitolo di questo prontuario ci permette di misurare i segreti di quel fare artistico che ci è stato tramandato fin dai tempi di Leon Battista Alberti. Sono gesti che si sono ripetuti nei secoli – gesti che Tullio Pericoli mette a fuoco, isola, analizza e ci tramanda. Dipingere e disegnare può sembrare oggi un po’ démodé. Ma è una pratica che esiste fin dai tempi delle caverne. Pericoli, con il suo mozzicone di matita sempre in tasca, ce ne restituisce tutta la gloriosa complessità, il piacere enigmatico, l’euforia.  

 

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