un libro da leggere con le mani igienizzate

Per la “Happydemia” immaginata da Giacomo Papi ci starebbe bene una ®

Mariarosa Mancuso

La satira dello scrittore va un'altra volta a segno. E ormai quel che sta dentro al libro somiglia parecchio a quel che sta fuori dal libro

Si ammira, per prima cosa, la velocità di esecuzione. Ci hanno confinati a marzo e liberati in vista dell’estate (quando sembrava che l’emergenza fosse finita, assieme ai frizzi e lazzi sul plexiglas tra gli ombrelloni). Ci hanno colorati e riconfinati all’inizio di novembre. Una decina di giorni fa “Happydemia” di Giacomo Papi (editore Feltrinelli) era sugli scaffali delle librerie (o quel che ne resta). In copertina, l’aggeggino per fare le bolle di sapone, pensatelo come l’automobilina dei droplet. Ci sarebbe stata bene la ® del marchio registrato accanto al titolo: prima o poi glielo ruberanno, e finirà nelle chiacchiere di ogni giorno. Grande risultato per un romanziere, e la stessa sorte capiterà ai “consegnator”: rider in bicicletta per conto di “Happydemia”, la più grande azienda di psychodelivery al mondo. Consegna psicofarmaci, e con la gente chiusa in casa fa ottimi affari.

 

Si ammira anche l’intuizione con cui Giacomo Papi parla di “Previdente del Consiglio”, rispondendo un bel sì alla domanda di Leo Longanesi: “Ci salveranno le vecchie zie?”. Non andremo a trovarle per Natale (assembramento, spostamento illecito, messa in pericolo di categorie a rischio). Ma se ne sente l’eco nel Natale sobrio senza sci, e nel brindisi anticipato di Capodanno. Noci e mandarini liberi, finora. Potrebbero però essere vietati a favore di regali più costosi, l’economia deve girare.

 

Due anni dopo “Il censimento dei radical chic” – risate amare su chi osa citare Spinoza e viene ammazzato a bastonate in nome dell’ignorante genuinità popolare – la satira di Papi va un’altra volta a segno. Dissemina avvertimenti igienici nelle pagine, per la gioia delle zie: “Siamo a pagina 12, ti sei lavato le mani?” o “E’ proibito umettarsi l’indice prima di girare la pagina”. Imita decreti e #IOMITAPPOINCASADINUOVO”, vietando “il ballo liscio e il ballo ruvido”. Apre il romanzo con la sciabolata “I baci furono vietati all’inizio della seconda epidemia” e passa a presentarci i personaggi: il giovanotto Michele e il nonno Attilio vivono insieme ma separati in una città che somiglia a Milano. Popolata di signore che si chiamano Milly Antartica Visconti e sembrano “incapaci di intendere ma capacissime di volere”. I portinai nei quartieri popolari ritirano casse di Sciallox (brevettiamo anche questa, male non può fare, assieme a BigSleep e Pisolin) rimborsato dal Servizio sanitario nazionale. C’è anche una ragazza di nome Miriam, perché neanche la satira può fare a meno di una trama.

 

Psicofarmaci esclusi, che il lettore ancora dovrà procurarsi da sé, quel che sta dentro al libro somiglia parecchio a quel che sta fuori dal libro.

 

Michele, Attilio, Miriam, il misterioso e ricchissimo proprietario di Happydemia hanno raggiunto la fase 41 bis, il Previdente del Consiglio si aggira in vestaglia di seta blu e pantofole di velluto con le nappine nel salone giallo di palazzo Chigi (“lo faceva sentire l’aristocratico che, intimamente, aveva sempre saputo di essere, sebbene suo padre gestisse un ortofrutta a Locorotondo”). Tutti spiano tutti. Un ex ministro dell’Interno si chiede – e gira la domanda alla mamma – come mai prima tutti lo amavano, e ora nessuno se lo fila più. Dopo “Il censimento dei radical chic” abbiamo cominciato a guardare con sospetto i libri che avevamo in casa e facevano di noi gente da rieducare in qualche Siberia. La “modesta proposta” di “Happydemia” non è meno radicale (risolverebbe anche più problemi, in fondo i lettori di libri sono una minoranza). Per fortuna i politici non leggono (anche se a volte scrivono). C’è il rischio che la prendano sul serio.

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