In morte di una rivista di idee
La fine di Le Débat ci ricorda cosa rischia la democrazia se consegna il rapporto tra storia, società e politica più alle celebrità che agli intellettuali
La notizia della chiusura di una rivista di idee, a quarant’anni dalla sua pubblicazione, è una notizia che interessa un piccolo circolo di affezionati. Però la morte a settembre di Le Débat (Gallimard editore) è stata annunciata da due testi in memoriam scritti dai fondatori, Pierre Nora e Marcel Gauchet, che sono utili per riflettere e capire il tempo in cui viviamo. Le Débat è, era, una rivista di idee e di analisi di tipo generalista, a spettro ampio di interessi e di stili, con una tendenza voluta come enciclopedica alla ricerca di un sapere non settoriale, non un fascicolo per esperti né una tribuna a disposizione di una causa. Il suo ambito politico fu dalla nascita (1980) pluralista, convergente verso il centro senza ortodossie liberali, senza dottrinarismi, aperto a quel che di buono esiste a sinistra e a destra. Nel paese classico delle idee e degli intellettuali, la Francia dei lumi dei salons e dei caffè, fu partorito un periodico di successo che non puntava all’egemonia di un gruppo, nel contesto vuoi della Guerra fredda vuoi degli scontri all’ombra del marxismo e dello strutturalismo, bensì a qualcosa di abbastanza nuovo: l’accoglienza sorvegliata e lo stimolo di analisi e opinioni di lungo corso, capaci di rifondare il concetto stesso di attualità e definire in modo inedito, e tutt’altro che neutrale, il perimetro in cui vivono diverse visioni e diversi modi di pensare presente passato e futuro. In quattro decenni il mondo si è globalizzato, come si dice, si sono trasformate le nozioni di individuo società e tecnica, economia diritto e politica, e il risultato, nelle parole definitive di Nora, è che “alla nostra offerta non corrisponde più una domanda”.
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- Giuliano Ferrara Fondatore
"Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.